Lo Scafandro e la Farfalla: locandina, trailer italiano e curiosità
Lo Scafandro e la Farfalla di Julian Schnabel fu presentato a Cannes vincendo il Premio per la miglior regia e si è aggiudicato i Golden Globes per il Miglior Film Straniero e per la regia. Il 15 febbraio il film arriva nelle nostre sale, oggi vi presentiamo il trailer italiano, la locandina ed alcune curiosità.
Lo Scafandro e la Farfalla di Julian Schnabel fu presentato a Cannes vincendo il Premio per la miglior regia e si è aggiudicato i Golden Globes per il Miglior Film Straniero e per la regia.
Il 15 febbraio il film arriva nelle nostre sale, oggi vi presentiamo il trailer italiano, la locandina ed alcune curiosità. La regia è di Julian Schnabel, nel cast Mathieu Almaric, Emmanuelle Seigner, Marie-Josée Croze, Hiam Abbass, Niels Arestrup, Fiorella Campanella, Jean-Pierre Cassel, Emma de Caunes, Max von Sydow.
Il film racconta la storia vera di Jean-Dominique Bauby (direttore della rivista Elle di Francia) che nel dicembre ‘95, all’età di 43 anni, fu colpito da un ictus. Bauby si svegliò dal coma e scoprì di essere rimasto in uno stato mentalmente vigile ma prigioniero nel suo stesso corpo, in grado di comunicare col mondo esterno solo attraverso il battito della palpebra dell’occhio sinistro.
Ma Bauby non si perse d’animo. All’Hospitale Maritime di Berck-Sur-Mer imparò un alfabeto completamente nuovo con cui riuscì a comunicare con il mondo esterno liberandosi dal suo Scafandro, leggero come una Farfalla.
Note di Produzione:
Il film inizia come il libro. Una luce bianca, accecante, una danza di colori un po’ sfuocati. Appaiono facce di sconosciuti, che ci parlano, che gli parlano. Jean-Dominique Bauby capisce di essere in ospedale, attaccato a delle macchine che lo aiutano a respirare. Un uomo vestito da dottore viene verso di lui. Gli fa un franco aggiornamento sulla situazione. Bauby ha avuto un ictus ed è stato in coma per diversi mesi. Prova a parlare ma nessuno sembra sentirlo. Il dottore gli spiega che soffre di una condizione estremamente rara. Il paziente è interamente paralizzato, come se fosse chiuso dentro se stesso, tutto il suo corpo intrappolato da una specie di scafandro. Nel caso di Bauby, l’unica cosa che funziona è la sua palpebra sinistra. E’ la sua ultima finestra sul mondo e il suo unico metodo di comunicazione. Un battito di ciglia per dire sì, due per dire no. Il cervello, da parte sua, funziona alla perfezione. Bauby può sentire, capire, ricordare, ma non può più parlare. Oltre la palpebra sinistra, ci sono altre due cose che funzionano ancora – l’immaginazione e la memoria. La farfalla. Da questo punto di vista decide di raccontare la sua storia. Non come un’intervista, ma come un libro. Impara a memoria le frasi della sua storia e poi, utilizzando il metodo sviluppato dalla sua logopedista, le detta quello che vuole dire lettera per lettera, sbattendo le ciglia quando viene pronunciata la lettera corretta.
Un anno e due mesi nella stanza 119 dell’Ospedale Marittimo di Berck e il suo libro è finito. E’ morto dieci giorni dopo la pubblicazione. Lo scafandro e la farfalla è stato pubblicato dalle Edizioni Robert Laffont nel 1997 ed è stato un grande successo. E’ stato tradotto in molte lingue e i lettori si sono universalmente commossi davanti a una storia che sarebbe potuta succedere a ognuno di noi. Jean-Dominique Bauby, il direttore di un’importante rivista di moda, Elle, era stato un grande seduttore. Aveva avuto diverse vite e aveva avuto successo in tutte. Aveva avuto cura della sua salute e del suo aspetto. L’ictus era stato improvviso e ingiusto come il destino stesso. E lui lo vide, effettivamente, come un segno del destino. Aveva vissuto la sua vita di giornalista con passione frenetica e non si era mai reso conto di cosa fosse veramente importante. I suoi bambini.
Non può scrollarsi di dosso questo senso di colpa. Quasi un anno prima, era andato via di casa, aveva lasciato i suoi figli e sua moglie e non aveva ancora avuto il tempo di cominciare una nuova vita. E si è fermata improvvisamente il 9 dicembre 1995. Prima dell’ictus aveva firmato un contratto con le Edizioni Robert Laffont, per scrivere un moderno adattamento, la versione al femminile de Il conte di Montecristo. Un sacrilegio simile poteva spiegare la sua terribile punizione. “Un capolavoro non si tocca”. Jean-Dominique si vede come Noirtier de Villefort, un personaggio misterioso, depositario di gravi segreti, condannato al silenzio e intrappolato su una sedia a rotelle, che può comunicare solo con gli occhi. Il libro di Bauby è un vero atto letterario. Il potere della sua storia lo ha reso uno scrittore. Un destino tragico l’ha trasformato in un artista.
Attraverso l’alfabeto e il battito delle ciglia, Jean – Dominique riesce a comunicare con coloro che gli stanno intorno. La sua parola è una sorta di scrittura. “La mia prima parola è IO. Comincio con me stesso.” Usando questa tecnica riesce a uscire da se stesso, da scappare dal suo scafandro, tornare in superficie. La seconda parte è girata dall’esterno – la macchina da presa filma Bauby che vive la sua nuova vita e mostra che attraverso il suo lavoro di scrittore ha ritrovato la dignità e la vita. L’interpretazione di Mathieu Amalric è unica – a metà fra la padronanza di un corpo deforme e l’espressione orale dell’emozione. La tragedia non preclude l’umorismo. Questo film è una lezione di vita, non in senso moralistico, ma dell’energia che ne deriva. Ogni istante di questo film ci può insegnare qualcosa.