Lo stravagante mondo di Greenberg – di Noah Baumbach: recensione in anteprima
Lo stravagante mondo di Greenberg (Greenberg, USA, 2010) di Noah Baumbach; con Ben Stiller, Greta Gerwig, Rhys Ifans, Juno Temple, Jennifer Jason Leigh, Mark Duplass, Dave Franco, Chris Messina, Brie Larson, Max Hoffman.
Greenberg è un single sulla quarantina. Dopo il fallimento di una breve carriera di musicista a Los Angeles, ha lavorato per un certo periodo a New York come falegname. Tornato a LA, cerca di riallacciare i rapporti con il suo vecchio amico ed ex-membro della band, Ivan, e con la sua vecchia fiamma Beth, ma entrambi sono andati avanti con la loro vita, mentre lui si è limitato a restare a galla. Intanto si affaccia all’orizzonte la figura di Florence…
Associato sempre al nome di Wes Anderson, con il quale ha scritto le sceneggiature di Le avventure acquatiche di Steve Zissou e Fantastic Mr. Fox, Noah Baumbach è invece per molti una delle voci più personali e originali del panorama indipendente americano al di là del rapporto che lo lega ad Anderson. I suoi due film precedenti sono la prova più evidente.
Dopo le storie familiari raccontate ne Il calamaro e la balena e Il matrimonio di mia sorella, alla sua terza prova dietro la macchina da presa l’autore decide di concentrarsi soprattutto su un personaggio, quello ovviamente del titolo (originale: da noi hanno dovuto aggiungerci un jeunettiano “stravagante”, si sa mai).
Dopo averci regalato un affresco delicato e spietato della distruzione di una famiglia borghese, e dopo averci parlato di un tormentato ritorno in famiglia, Baumbach fa il passo successivo. E dopo la tempesta, ecco che cosa resta del nucleo familiare: soltanto una casa vuota. Greenberg arriva dalla caotica New York alla solitaria Los Angeles e di fatto non vede nessuno dei familiari, tutti in trasferta vacanziera in Vietnam e, attraverso le telefonate che sentiamo durante la pellicola, pronti a prendersela con lui se ogni cosa non funziona.
Ed è così che il film ruota tutto attorno alla figura di Greenberg, fresco fresco di manicomio e ad un bivio per quel che riguarda la sua vita. Attraverso le giornate del protagonista, intento a scrivere lettere di protesta e a costruire una cuccia per il cane, e soprattutto intento a provare a relazionarsi con l’amico che non vedeva da tempo, così come l’ex fiamma, esce fuori tutta la nevrosi e tutta la fragilità di un personaggio descritto a tutto tondo.
Ma Baumbach non è uno sprovveduto e sa bene che il suo stile, molto probabilmente, non è adatto a concentrarsi soltanto su un singolo personaggio. Ed ecco che entra in scena Florence, ragazza tuttofare della casa, con il quale Greenberg inizia una difficile storia di amicizia e forse d’amore, ad iniziare da un primo approccio un po’ maldestro in cui sono già chiare alcune dinamiche della storia e della psicologia dei personaggi.
“Sono appena uscita da una lunga relazione”, dice Florence dopo aver iniziato a fare sesso con il protagonista, fermandolo. Ma quella non è la prima volta che la ragazza dice una frase del genere durante il film. Ecco a cosa è ovviamente interessato Baumbach: alle frasi fatte pronunciate dai personaggi per uscire da una situazione, alle loro manie, alle maschere che indossano per difendersi dalle situazioni (e dalle relazioni interpersonali).
Tolta la maschera c’è tutto il dolore delle anime spaesate di una città che vive di solitudini nonostante l’apparenza. E così ci stanno le sfuriate, i momenti in cui si sta lì lì per scoppiare, i fraintendimenti. La difficoltà della vita quotidiana, insomma. Ed è proprio qui che Baumbach sembra più indeciso: sulla strada più giusta da percorrere per raccontare questa difficoltà.
Lo stravagante mondo di Greenberg rischia di essere un ibrido tra un film indie americano con tanto di grande star prestata al personaggio complesso, e un film mumblecore. E non a caso Florence ha il volto dell’ottima Greta Gerwig, musa della generazione di registi dei Duplass & co. (e nel film c’è anche Mark Duplass in un ruolo minore). Ed il rischio è di non somigliare a nessuno dei due, soltanto ad un film mumblecore coi soldi: in un certo senso lo era quasi anche Cyrus, ma era più riuscito. Qui in più c’è il problema di far sembrare il personaggio di Florence solo un satellite del protagonista.
Ma non ci sarebbe nulla di male in tutto ciò, anzi. Ma anche dal punto di vista emotivo il film di Baumbach si dimostra un po’ arido. È sicuramente coraggioso nel mettere Ben Stiller, bravissimo, ad interpretare un ruolo che può risultare tutto meno che empatico. Ma Baumbach non lo aveva già fatto con la Kidman? Molti non saranno d’accordo, ma nel sottovalutato Il matrimonio di mia sorella c’era lo stesso coraggio, la stessa dose di nevrosi e poca empatia per i personaggi, ma un crescendo emotivo che a Greenberg manca decisamente.
Voto Gabriele: 6
Qui il trailer italiano.
Dal 25 marzo al cinema.