Locarno 2011: Abel Ferrara riceve il Pardo d’Onore e incontra il pubblico del festival
Abel Ferrara riceve il Pardo d’Onore e incontra il pubblico del Festival di Locarno
A Locarno per ricevere il riconoscimento per la sua lunga carriera, il regista Abel Ferrara ha avuto modo di incontrare e confrontarsi con il pubblico festivaliero che non ha esitato a porre anche domande scomode a un artista che della provocazione e dei temi forti a fatto la sua bandiera, in tanti anni di lavoro.
Ferrara si è dimostrato un personaggio vero e schietto, uno di quelli che non vanno proprio per il sottile. Come nei suoi film l’estetica e l’apparenza per Ferrara conta decisamente poco, quello che interessa è la sostanza. Cineblog ha partecipato a questo incontro molto acceso e ne abbiamo raccolto alcuni tra i passaggi più interessanti.
Che cosa ne pensa del cinema Hollywoodiano?
Detesto il cinema commerciale e cerco di tenermi alla larga da chi lo prende esclusivamente come un modo per fare soldi e ottenere la fama, odio anche vivere a Los Angelse. Mi sembra una “company city”, dove tutti lavorano per il cinema e non c’è alternativa.
Foto | Carlo Prevosti
Abel Ferrara riceve il Pardo d\’Onore
Ha mai lavorato con budget elevati?
Un’esperienza che non ho intenzione di ripetere. Era il set di Bodysnatcher, una produzione enorme rispetto alle mie intenzioni e, nonostante i miei tentativi, siamo riusciti a sforare di oltre 4 milioni di dollari. E’ stata una produzione che mi ha succhiato anche l’anima. Abbiamo girato per sessanta giorni, otto ore ogni giorno con delle aspettative altissime. Quel film lo ricordo come un incubo.
Il suo rapporto col cinema da giovane?
Sono cresciuto mangiando pane e cinema hollywoodiano, un po’ in televisione e un po’ al cinema del mio quartiere. Ma in televisione ho visto anche tanti film europei, come quelli di Fellini, che mi hanno sicuramente ispirato di più delle produzioni americane. Io non sapevo chi li avesse fatti, ne’ dove, ho imparato a conoscere solo dopo quel mondo.
Il suo rapporto con le nuove tecnologie del cinema come è?
Non mi parlate di 3D. E’ la terza volta che cercano di rifilarci quella merda. Il cinema non ha bisogno della terza dimensione, e io non voglio mettere occhialini speciali per vedere i film. Non ho alcuna intenzione di girare un film in 3D, se la domanda era questa.
C’è chi la definisce un misto tra anarchia e cattolicesimo, lei come si sente?
Credo di essere fondamentalmente come un buddista, perché amo meditare sulle cose e ricerco la spiritualità nelle persone e nelle storie che voglio raccontare.
Ma i suoi personaggi sono estremi…
Sono quelli i personaggi più interessanti, quelli che hanno bisogno di lottare di più per arrivare a ottenere il perdono o la redenzione. A me interessano loro.
Parlando di redenzione, crede in Dio?
Credo che quello che c’è nel mondo non sia certo stato fatto dalla Coca Cola Company. Chi lo ha fatto? Non lo so, chiamatelo Dio. Se c’è però è cieco oppure guarda da un’altra parte, non certo verso l’uomo.
Tornando alle storie, si sa che lei lavora molto sulle sceneggiature…
La migliore esperienza fatta su una sceneggiatura è stata per Fratelli (The Funeral), un mio amico me l’ha portata scritta e completa. Non ho dovuto fare nulla. Altrimenti è necessario seguire passo per passo, dalle prime battute a quando arriva in mano agli attori. Un lavoro estenuante.
Questa sera, in omaggio a Abel Ferrara, il festival di Locarno presenta una proiezione di The King of New York.