L’ora di punta è l’ora dei fischi
L’ora di punta (Italia, 2007) di Vincenzo Marra; con Michele Lastella, Fanny Ardant, Giulia Bevilacqua.Era, fra i tre film in concorso a Venezia, quello su cui tutti puntavano di più, e il motivo è semplice: alla regia c’è Vincenzo Marra, un cineasta che ha dato prova in quattro occasioni di sapersi muovere molto bene in
L’ora di punta (Italia, 2007) di Vincenzo Marra; con Michele Lastella, Fanny Ardant, Giulia Bevilacqua.
Era, fra i tre film in concorso a Venezia, quello su cui tutti puntavano di più, e il motivo è semplice: alla regia c’è Vincenzo Marra, un cineasta che ha dato prova in quattro occasioni di sapersi muovere molto bene in un panorama cinematografico italiano con poche idee e pochi risultati. Abituato ad essere a Venezia, ma per la prima volta in concorso, Marra porta questo L’ora di punta, che è una cocente delusione: il pubblico non ha resistito, e i fischi sono piovuti a raffica. Anche la critica non ha gradito, e la conferenza stampa che si è tenuta dopo la proiezione del film è stata fra le più tese e polemiche che il festival ricordi.
La storia è quella di Filippo Costa, un “pescecane” della guardia di finanza pronto a tutto pur di riuscire non solo a fare carriera, ma anche a scalare le alte vette della società, rinnegando le sue origini, con ricatti e non facendosi scrupoli di nessuno. Ciò che colpisce e sorprende negativamente in un film del genere, diretto da uno che ci sa fare, è l’impianto semplicissimo e para-televisivo dell’operazione: dove siano finiti l’occhio documentaristico e la capacità narrativa ed emozionante di Marra è una questione su cui bisogna mettere l’accento.
Purtroppo, L’ora di punta ha anche momenti che non possono non stimolare la risata, alcuni stacchi di montaggio talmente frettolosi da strappare l’applauso involontario, una recitazione men che mediocre. Al Lido ci si chiedeva che fosse successo alla Ardant, ma a sua discolpa si può dire che il ruolo è talmente bidimensionale che era impossibile non risolverlo con qualcosa in più che non fossero sguardi falsamente tristi e sorrisi finto-ammaliatori. La scelta del protagonista poi è purtroppo un’ulteriore scelta sbagliata: Michele Lastella sembra imitare Frank Langella nel Dracula di Badham.
Piatto e lineare, e tra l’altro telefonatissimo. Purtroppo è anche noioso, con una scena incomprensibile (quella del crocifisso). Da Marra ci si aspettava molto di più, ed è anche vero che il peso che si portava sulle spalle (dopo le delusioni di Nessuna qualità agli eroi e Il dolce e l’amaro) si era raddoppiato durante la seconda parte delle giornate veneziane, ma alla fine è questa la vera grande delusione del cinema italiano presentato in concorso a Venezia 64.
Voto Gabriele: 4