Love 3D: recensione in anteprima del film di Gaspar Noé
Tre proiezioni che hanno fatto il tutto esaurito a Cannes, con molta gente che non è arrivato a vederlo neanche una volta. Love 3D di Gaspar Noé si palesa al pubblico del Festival e… beh, poteva andare peggio
Dick has no brain.
Recita un vecchio adagio: «il cazz0 non vuole pensieri». Love di Gaspar Noé per molti era L’evento di Cannes, e non solo per la famosa copertina con la fellatio. No. Si è parlato di film esplicito, porno arthouse, e tutte quelle cose che in fondo a molti di noi piace sentirci dire per amore di non dover ammettere di essere semplicemente curiosi, ché non si sa mai. Ed il talentuoso regista argentino fa esattamente quello che ci si aspettava da lui. Sembrerà un voler sviare la questione, ma è evidente che il sesso che si vede in questo film andava in qualche modo contestualizzato.
Murphy ed Electra si amano follemente, finché un giorno lui non tradisce lei con una ragazzina insieme alla quale qualche giorno prima avevano sperimentato il loro primo threesome. Il budello si rompe e la ragazzina rimane incinta: la storia di Murphy ed Electra finisce irrimediabilmente qui. Da quel momento in avanti Love è tutto un rievocare, in una struttura che non segue alcuno spartito cronologico, preferendo il ricordo esatto, quello più forte degli altri. Come per Enter the Void, lo storytelling di Noé è particolare, personale; stacchi in nero di una frazione di secondo, a volte per passare da un’ambientazione a un’altra o da un ricordo a un altro, altre semplicemente perché gli va di farlo.
Noé è oltremodo affezionato al suo stile, e Love ne è l’ennesima conferma. Rispetto al suo film precedente, però, si nota un distacco ben minore, quantunque qualche scena disturbante c’è sempre e non solo tra quelle cosiddette esplicite. Quello di Noé è un feticismo per i corpi, per la carne, come pochi o nessuno cineasta del suo livello: li osserva scrupolosamente, li avvicina, sentendosene attratto e al tempo stesso “spaventato”, quale che sia il motivo. Un’inibizione che però viene superata da certe reazioni estemporanee, invasive all’inverosimile: anche qui, immancabile, ritorna la penetrazione vista da dentro la vagina, presente anche in Enter the Void.
Si parla perciò di amore, ma soprattutto di sesso, e di come le due dimensioni comunichino tra loro. La relazione tra Murphy ed Electra, andando a ritroso ai primi tempi, si distingue per una passione bruciante ma sincera, ossessiva nella misura in cui possono esserlo solo i veri amori. Insomma ci si crede ai sentimenti di questi due giovani, di cui però Noé non riporta cene romantiche e passeggiate al chiaro di luna, ci mancherebbe. Anche perché l’impianto narrativo altro non è che un pretesto per dare un senso a ciò che interessava al regista da principio, ovvero l’estetizzazione della sessualità. Processo che passa attraverso una cura innegabile per le scene dove si consumano amplessi, masturbazioni, cunnilingui e via discorrendo. Non solo una fotografia pregiata ma anche una scenografia ricercata, attenta, impreziosita da giochi di luce vagamente espressionistici.
Procedendo a ritroso, cominciando dunque dalla fine, Noé ci mostra come si è sviluppata questa relazione e cosa ad un certo punto è andato storto. Mescolando, come già detto, alcuni punti, che non seguono una linea temporale scrupolosamente rigida, anzi. Alcune scene inerenti ai primi tempi trasmettono anche una certa dolcezza, come quando i due si promettono amore eterno dentro a una vasca, con la luce soffusa e l’acqua che cade loro sulla testa. La rassicurazione reciproca di esserci l’uno per l’altro, «no matter what», come dicono gli anglofoni, a prescindere da tutto e tutti. Parentesi tra una scena di sesso e l’altra, come la primissima inquadratura del film ci suggerisce, quasi un manifesto programmatico: distesi sul letto, in atteggiamento rilassato, lei massaggia il membro di lui, con l’epilogo che potete facilmente immaginare.
I problemi seri cominciano da quando la minorenne Omi s’intromette, praticamente per gioco, nelle loro vite, con un lungo rapporto a tre che, insieme all’eiaculazione in faccia al pubblico (ricordiamo che il film è in 3D), rappresenta uno dei passaggi che si ricorderanno con più facilità. Omi e Murphy si vedono ancora, stavolta da soli, e lei rimane incinta. Ma il rapporto con Electra si era già incrinato in precedenza: «sono in balia del mio cazz0, e lui non esiste che per fare una cosa» dice più o meno Murphy, e gli eventi ce lo confermano. Ad una festa lui, Electra ed una perfetta sconosciuta stanno avendo una conversazione, finché la sconosciuta non trascina il ragazzo nel bagno davanti agli occhi increduli della fidanzata.
Il sesso per la coppia diventa un modo per mettere una pezza sopra ad altri problemi, personali e con l’altro, per cui non è mai abbastanza. Lei è decisamente più disinibita, disposta a provare un po’ di tutto; lui, dal canto suo, vorrebbe oltrepassare quella certa linea, ma appare sempre impacciato, goffo, perché le sue perversioni rientrano nel dominio dell’immaginario, di ciò che gli piacerebbe fare ma che mai realizzerebbe. Forse. L’orgia, non a caso, arriva, ed è un passaggio decisamente più triste rispetto al sesso spinto ma più spensierato, quasi giocoso, a cui si assiste quando Murphy ed Electra sono soli. A quel punto il giocattolo si è rotto, o per lo meno, a quel punto non resta che raccogliere i pezzi.
Qualora non si fosse capito, partendo da premesse totalmente opposte, il ritratto di Noé si risolve in un velato moralismo, voluto o meno che sia. Moralismo anzitutto inaspettato, e che non sappiamo nemmeno se in molti hanno colto; ma da cui la cosiddetta passione sessuale di una giovane coppia che il regista voleva raccontare ne esce in modo leggermente diverso da quanto si potrebbe supporre. In tal senso, ad avviso di chi scrive, Noé denota una certa onestà, perché nel raccontare e mostrare gli eccessi di questa coppia non nega affatto il piacere, la libertà e finanche una certa bellezza, ma non si ferma lì. Va avanti e trae conseguenze a cui forse è tenuto per via del fatto che la storia di Love trasmette un senso marcatamente autobiografico.
Insomma, Love è quello che è, nel bene e nel male. Per lo più un elegante e stiloso macello, di gran lunga meno pretenzioso di Enter the Void, ma di cui non si possono tacere certi limiti. Da un eccesso di autocompiacimento circa il proprio modo di girare, fino all’incapacità di conferire una certa compattezza emotiva; passando per l’innegabile furbizia di un’operazione che continuerà a passare per provocatoria, ma che invece non va oltre lo “scandalo” di aver portato in sala sesso vero, dove poco o nulla viene risparmiato alla vista. Ma dato il pubblico al quale si rivolge, siamo sicuri che la maggior parte dei potenziali spettatori siano disposti a sopportare due ore e dieci di dramma amoroso quando a casa è possibile saltare a proprio piacimento le parti noiose ed andare subito al punto? Voglio dire, se si voleva impressionare, basta tutto ciò? Me lo chiedo, senza conoscere la risposta, che lascio volentieri ad altri. Però certo, la confezione è pressoché impeccabile, con delle scelte musicali notevoli. Per chi è addentro a certe cose.
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[rating title=”Voto di Gabriele” value=”5″ layout=”left”]
Love 3D (USA, 2015) di Gaspar Noé. Con Karl Glusman, Aomi Muyock e Klara Kristin.