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Venezia 2017, Madre!: recensione del film di Darren Aronofsky

Jennifer Lawrence e Javier Bardem protagonisti dell’ultimo film di Darren Aronofsky. Leggete la nostra recensione di Mother!

pubblicato 5 Settembre 2017 aggiornato 28 Agosto 2020 02:30

Festival di Venezia 2017: tra il serio e il faceto, un ambizioso Aronofsky traspone l’inferno contemporaneo nel suo traboccante, esasperato Madre!

Baby…?

Lei (Jennifer Lawrence) si sveglia e cerca immediatamente con lo sguardo il suo amato (Javier Bardem). Non è a letto, perciò decide di cercarlo per tutta la casa: da quel momento Mother! non smetterà di camminare a ritmi alterni, non senza spasmi e attacchi, fino all’ultima scena. Che oggetto strano ma al tempo stesso seducente quest’ultimo lavoro di Darren Aronofsky, che impartisce uno schiaffo a fronte del quale s’ha da reagire, non importa come. Basti pensare che sono arrivati i primi, sentiti fischi del Festival, roba d’avanspettacolo, certo, ma che la dice lunga sulla necessità di un film come questo, a questo punto della Mostra. Uno di quelli ai quali è più agevole alludere anziché dire, parlare, descrivere.

Ed è il primo il regista ad auspicare un trattamento del genere, poiché il suo Madre! (d’ora in avanti in originale) è sfuggente, eccessivo, in altre parole libero. Libero d’irritare, non di far finta che il pubblico non esista, come erroneamente penserà qualcuno. Tutto al contrario! È come se Aronosky tirasse fuori dalla teca questo eccentrico utensile e lo desse in mano allo spettatore dicendogli: «ecco a voi, fatene ciò che volete». Purché, s’intenda, alle sue condizioni, ossia quelle di non restarvi indifferenti. Bisogna infatti che ci si lasci destabilizzare da questo traboccante, sguaiato pezzo di cinema. Uno va ai Festival per vedere cose del genere, dinanzi alle quali è per lo più disarmato, quasi indifeso, mentre ci si lascia investire ma non travolgere.

In Mother! tempo e spazio non contano, non hanno importanza; e tocca tornare sempre a lui, sì, quel Rosemary’s Baby divenuto nel tempo pietra angolare per certo genere. Tutto si svolge all’interno di questa casa su due piani, in cui succede di tutto, specie l’impensabile. Lei adora suo marito, al quale si è votata anima e corpo; lui è uno scrittore che non riesce più a scrivere, blocco totale. Questo passare dal particolare della vita di coppia al generale di una critica spietata, crudele, a tratti in maniera pericolosamente gratuita o quantomeno smodata, all’agglomerato dei social media dona al tutto quel particolare retrogusto amaro ma piacevole.

Ma sfrenata è in partenza l’ambizione del regista de Il cigno nero, che quando si lascia prendere la mano è capace di far registrare tonfi il cui botto si sente eccome. E potrebbe essere anche questo il caso, se non fosse che qui si finisce col raccogliere la sfida, una volta tanto senza lasciarsi indisporre da cotanta spericolatezza. Sì perché quello di Mother! è un autore spericolato, consapevole di quanto stia volando alto, forse anche troppo. Cionondimeno lui insiste, persevera, portando a casa qualcosa di unico, profondamente imperfetto ma proprio per questo estremamente accattivante. Un’opera nata per dividere, senza mezzi termini e mezze misure, come di recente avvenuto per The Neon Demon di Refn.

Anche qui, non si può certo prendersela con l’impeto barocco di di Aronofsky, insito nel suo approccio tendente all’eccesso, sia formale che di contenuto. Mother! è la sua versione dell’Inferno di Dante in chiave contemporanea certamente più per aspirazione che per risultati conseguiti, ma come si fa a resistere a tanta incoscienza, foriera di così ampie vedute? Certo che quando il tutto si fa metafora (anzi, metaforona), cominciano a venire fuori cose che già sappiamo, specie in relazione a questa alienante apertura da parte di chi brama l’esposizione estrema, quasi che se gli altri non sapessero, non vedessero, sarebbe come se non esistessimo. Ché lo scopriamo ora? Per niente. Qualora però ci limitassimo ad una sterile lettura psicologica/antropologica, quasi che questo fosse il solo ed unico scopo di Mother!, non si potrebbe far altro che tornare a casa con poco o niente tra le mani. Ed invece questo irrompere di elementi ostentatamente teatrale un suo perché ce l’ha eccome, mentre senza filtri veniamo posti difronte al cannibalismo, al voyeurismo e la coprofagia degli animali da social che già siamo o che stiamo sempre più diventando.

Tuttavia si tratta invece proprio di una questione di metodo, ossia del modo attraverso cui tale guazzabuglio si concretizza, e le ragioni per cui molti daranno il ben servito ad Aronofsky sono pressoché analoghe se non identiche a quelle di coloro che tra le pieghe di questo andirivieni turbolento scorgono una misteriosa ancorché corroborante forza. Specie in un periodo così ostinatamente votato ai ridimensionamenti più disparati, tutt’altro che incline a volare alto; perciò l’insofferenza verso chi ci prova. E menomale che il volo in questione non sia di quelli da pilota automatico. Di nuovo, ci si lasci inquietare, tanto poi passa tutto.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”7.5″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Federico” value=”7″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Gabriele” value=”8″ layout=”left”]

Madre! (Mother!, USA, 2017) di Darren Aronofsky. Con Jennifer Lawrence, Javier Bardem, Michelle Pfeiffer, Ed Harris, Domhnall Gleeson, Jovan Adepo, Cristina Rosato, Brian Gleeson, Stephen McHattie, Kristen Wiig e Stefan Simchowitz. In Concorso. Nelle nostra sale da giovedì 28 settembre 2017.