Martin Scorsese sigla un accordo storico con Apple
Martin Scorsese ed Apple inaugurano un sodalizio storico in una fase così delicata come quella che stiamo attraversando
Mesi d’incertezza e stravolgimenti, con Hollywood pressoché bloccata, non solo in relazione ai progetti in corso. In questo periodo di fermento ed inevitabili cambiamenti, tocca prendere atto di un accordo che potrebbe rivelarsi storico: Martin Scorsese si è, per così dire, accasato presso Apple (via TFS).
Tutto nasce dagli sviluppi inerenti a quello che verosimilmente sarà il suo prossimo film, ossia Killers of the Flower Moon, col gigante di Cupertino che, come emerso a maggio, dopo anni di tentennamenti da parte di Paramount, ha deciso di mettersi in gioco: l’accordo contempla un budget di 200 milioni di dollari.
A questo punto la Paramount non correrà grossi rischi ma al contempo non potrà nemmeno aspettarsi chissà quali guadagni; curerà la distribuzione in sala, questo sì, ma se si pensa che con una formula analoga le toccarono appena 20 milioni dei 393 incassati in tutto il mondo da The Wolf of Wall Street, è facile comprendere fino a che punto la faccenda venga ridimensionata.
Da par suo, a 77 anni, Scorsese dimostra di voler cavalcare l’onda prima di altri, non a caso pare non si tratti di una tantum bensì di un vero e proprio nuovo sodalizio che coinvolgerà progetti per sala e TV negli anni a venire.
Cosa significa tutto ciò per l’industria? Beh, anzitutto l’ingresso deciso di un’ulteriore compagine, che non intende lasciare Netflix ed Amazon a spartirsi la torta. In cuor nostro la speranza è che la presenza di Scorsese, che già ha perorata la causa della sala con The Irishman, possa essere garanzia circa la possibilità che i suoi futuri lavori non restino confinati ai piccoli schermi.
Al netto dei cambiamenti che si stanno consumando da anni, ed in rapporto ai quali questo 2020 ha fatto registrare un’accelerazione, Paramount pare avere le proprie responsabilità; un portavoce ha infatti lasciato trapelare ai microfoni di THR che Killers of the Flower Moon col tempo è diventato un character study d’atmosfera, perciò qualcosa di sostanzialmente meno commerciale del previsto, ridotto nella portata ma non nel budget.
È un po’ il paradosso dinanzi al quale ci troviamo da qualche anno a questa parte: da un lato la possibilità che la sala diventi un’alternativa allo streaming, dall’altro quella di poter vedere film che, senza l’intervento di piattaforme che operano online, probabilmente non avremmo visto (per lo meno, non come certi registi le avrebbero volute).
Un’impasse vera e propria, che certifica una fase di congiuntura storica, di cui noi stiamo sperimentando un decorso che non ci permette di soppesarne a dovere le ripercussioni. A occhio, ora più che mai il lavoro dei Festival potrebbe rivelarsi fondamentale, dato che perdersi nei meandri di un catalogo online è altro rispetto alle dinamiche sottese alla distribuzione in sala. Dopo l’era major ci apprestiamo ad entrare in quella delle grandi corporations; una sfida da un lato entusiasamente, ma che al contempo non può che suscitare un po’ d’apprensione in relazione a come e quanto potrebbe cambiare non tanto l’industria ma il mezzo in sé.