Mi Chiamo Maya: in fuga da Roma al cinema
La fuga di due sorelle in una Roma nota e sconosciuta, arriva al cinema con Valeria Solarino, Carlotta Nobili e lo sguardo alla dimensione urbana degli adolescenti
Perdere un genitore è un evento molto traumatico per tutti, a qualsiasi età, ma quando la vita ci priva dell’unico che abbiamo, in tenera età o durante quella già traumatica dell’adolescenza, le cose si complicano.
Qualcosa di analogo accade a Niki e Alice, le giovani protagoniste di Mi Chiamo Maya, opera prima di Tommaso Agnese che prende spunto dagli innumerevoli fatti di cronaca, per raccontare la fuga di due sorelle, finite in una casa famiglia dopo la tragica perdita della madre durante un incidente stradale.
Una morte che stravolge la vita delle due sorelle nate da padri diversi, ma cresciute dalla madre in un clima ricco di passioni e sentimenti, soprattutto della sedicenne Nicole (Matilda Lutz) che rischia di essere separata dalla sorellina Alice (Melissa Monti) di soli 8 anni, perché i servizi sociali vogliono affidarla al suo padre naturale che vive negli Stati Uniti.
La fuga da Roma, alla ricerca di un luogo conosciuto solo attraverso i racconti della madre, porta le due sorelle ad intraprendere una sorta di “giro del mondo” a piedi nella città nota e sconosciuta, piena di amici e imbroglioni, culture atipiche e underground, amori fugaci e tanta confusione, pronti a metterne alla prova la resistenza, fisica e mentale.
Un road movie alla ricerca di se stessi e l’utopia di quella libertà che dovrebbe assicurarci un posto nel mondo, per uno sguardo alla dimensione urbana degli adolescenti.
Insieme alla due ragazze il cast conta anche Valeria Solarino nei panni di Cecilia Fornari, Carlotta Natoli in quelli di Lena e Giovanni Anzaldo in quelli di Marc Bresson.
“Mi Chiamo Maya” è una produzione italo francese di Magda Film e EMC Productions, in collaborazione con Rai Cinema, sostenuta dal MiBAC Ministero per i Beni e le Attività Culturali (con 250.000 euro stanziati per Opere Prime e Seconde – Seconda Sessione 2012), Regione Lazio, Roma & Lazio Film Commission.
Il film distribuito al cinema da Red Post Production a partire dal prossimo 7 maggio, sarà uno dei protagonosti della 14esima edizione del Rome Independent Film Festival (RIFF), al Nuovo Cinema Aquila e il The Space Cinema Moderno di Roma, dal 7 al 15 maggio 2015, insieme ad un centinaio di opere “indipendenti” in assoluta anteprima italiana.
Mi Chiamo Maya: mote di regia
“Mi chiamo Maya” prende spunto dalla cronaca e dall’attualità per raccontare la storia della fuga di due giovani sorelle, Niki e Alice, scappate da una casa famiglia. Il tema principale, quello della fuga, si basa sui dati di cronaca che mostrano come in Italia la tendenza degli adolescenti a scappare sia in continuo aumento, più del 30% dei giovani sotto i 20 anni, è, infatti, scappato di casa almeno una volta nella propria vita e numerose sono anche le fughe dalle case-famiglia di giovani con realtà familiari complesse e difficili. Queste fughe durano spesso poco tempo o pochi giorni e così anche quella della protagonista del film, Niki, che si svolge nell’arco di tre notti.
Spesso i giovani hanno un piano di fuga utopico che s’infrange ben presto con la realtà e i sogni d’indipendenza si trasformano in progetti irrealizzabili, così, per fortuna, quasi tutti tornano a casa o vengono ritrovati. Questo fenomeno ha innumerevoli cause, ma di frequente è il risultato dell’incomunicabilità tra genitori e figli, tra adulti e ragazzi.
Il tema dell’incomunicabilità è un altro fondamentale elemento che contraddistingue la dimensione sociale del film. All’interno della storia non ci sono personaggi adulti di rilievo (l’unico che tenta un dialogo è l’assistente sociale nel difficile compito di convincere la protagonista a tornare sui propri passi) e il mondo degli adolescenti è descritto come un macrocosmo a se stante fatto di proprie regole, che spesso tende ad imitare quello degli adulti ma con meno responsabilità e più superficialità.
Quello a cui si assiste è un vero e proprio stato di abbandono degli adolescenti, l’assenza di dialogo e di comunicazione tra adulti (che rappresentano anche la società nel suo complesso) e ragazzi. Nel film, a parte il prologo che racconta l’opposto di ciò che vedremo in seguito, i genitori semplicemente non esistono, e alla fine tutte le diverse sfumature con cui gli adolescenti si divertono o si ribellano sembrano essere nientemeno che richiami per sottolineare tale mancanza .
Spunti e tematiche ricche di cronaca e attualità. Non è difficile, infatti, reperire informazioni al riguardo, basta scrivere su un qualsiasi motore di ricerca “adolescenti in fuga” per ritrovarsi pagine e pagine di storie e vicende simili a quelle della protagonista del film.
Gli adolescenti vivono il cambiamento in modo molto più traumatico degli adulti, e la fuga, anche se di pochi giorni, può rappresentare un processo di maturazione interiore importante, così come capita alla protagonista del film.
Anche le sottotrame della storia hanno alla base il tentativo da parte dell’adolescente di uscire fuori degli schemi, di ribellarsi o di cercare di creare attorno a se la parvenza di un mondo “adulto”. E così sono, per esempio, le discoteche pomeridiane, dove si recano ragazzi e ragazze dagli 11 ai 17 anni: lì lo sballo e l’emancipazione sono padroni. La ribellione giovanile è tradotta anche in distruzione e sfascio della proprietà privata, come quando la giovane Elisabetta organizza una festa nel suo grande appartamento e sembrano non esserci regole, dato che gli invitati possono fare ciò che vogliono, fino a devastare l’abitazione. Sotto-temi in cui si avverte la mancanza di punti di riferimento, di esempi positivi, capaci di far crescere i giovani nella società contemporanea, dove gli unici modelli, quelli mediatici, appaiono privi di ideali e valori. Tutto questo viene raccontato nel film attraverso gli occhi adolescenziali della protagonista, che non ha il tempo di riflettere sulla complessità di queste tematiche, ma si limita a passarci attraverso, assorbendole e poi abbandonandole, nel suo cammino alla ricerca della propria identità.
Tommaso Agnese