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Michelangelo – Amore e morte: recensione in anteprima

Nexo Digital porta in sala il film evento Michelangelo – Amore e morte, sul genio di Buonarroti. Prodotto inglese decisamente impostato, tradizionale e di natura per lo più divulgativa

pubblicato 15 Giugno 2017 aggiornato 28 Agosto 2020 05:00

Cresceva la virtù e la persona di Michele Agnolo di maniera che Domenico stupiva, vedendolo fare alcune cose fuor d’ordine di giovane, perché gli pareva che non solo vincesse gli altri discepoli de i quali aveva egli numero grande, ma ch’e’ paragonasse in molte le cose fatte da lui come maestro.

È Giorgio Vasari che parla, l’autore de Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori ed architetti, opera mastodontica sulla quale gli storici nel corso dei secoli hanno avuto parecchio da ridire ma che eppure conserva una indiscutibile valenza. Peraltro, nel caso di Michelangelo, è pacifico credere che le notizie ivi riportate siano per lo più esatte, il margine d’errore davvero esiguo; questo perché il Vasari ed il divino Buonarroti erano amici, tanto che quest’ultimo attese alla redazione di questo scritto, così come ci ricorda il documentario Michelangelo – Amore e morte.

Si tratta di un prodotto diverso rispetto ai vari approfondimenti sulla Firenze del ‘400, Raffaello o Leonardo, fatti qui in Italia; un doveroso tentativo di acquistare credibilità noi che dovremmo essere se non gli unici sicuramente i primi a discutere sull’Arte occidentale dei secoli passati. Qui c’è il rigore, se vogliamo, tipico dell’approccio britannico a certi documentari, quel tenore divulgativo che fugge la dispersione, come se stesse allestendo una mostra vera e propria, né più né meno. Da qui il sottotitolo, perché di ciascun artista si potrebbero dire tante cose, forse troppe, mentre agli autori interessa soffermarsi sul rapporto viscerale che il poliedrico toscano ebbe con quelli che sono gli ambiti umani che più hanno acceso la mente e la creatività dell’uomo.

Schematico, certo, Amore e morte deve soprassedere su un’infinità di cose, non tanto perché le dia per scontate, quanto per via del fatto che un solo film non è certo adatto a contenere la vita di uno dei più grandi artisti di sempre, se non il più grande. Se non altro, insieme a Leonardo, il più famoso; un divismo che, prima di Michelangelo, non esisteva ancora, pittori, scultori ed architetti fino a quel momento considerati per lo più mestieranti, artigiani, mentre da lui in avanti lo status degli artisti divenne un aspetto pregnante. Non per nulla il nostro era ricco sfondato, celebre la vicenda inerente al baule ritrovato in casa sua alla sua morte, pieno zeppo di quattrini.

Ci viene detto anche questo di lui, ossia il proprio attaccamento ai soldi, concepibile fino a un certo punto per uno che fino alla morte, ad ottantotto anni, non fece altro che lavorare, lavorare e lavorare, cercando costantemente di superarsi, laddove altri avrebbero potuto vivere di rendita già col livello acquisito quando Michelangelo era a malapena ventenne. Si parla degli inizi, delle due prime tavole scolpite presso il Ghirlandaio, il bassorilievo della Madonna della Scala e l’altorilievo intitolato Battaglia dei centauri. Acuta osservazione, nota a chi bazzica il settore magari, mentre per i più inedita, quella secondo cui proprio quest’ultima opera mostri un Michelangelo adolescenziale, alle prese con le sue forse prime pulsioni, non per nulla aleggiano temi quale guerra e sessualità, o per lo meno sensualità.

Interessante, peraltro, che nessuno dei pochi intervistati, direttori di museo, critici, curatori ed artisti ecceda nel trattare l’orientamento sessuale del Buonarroti, confermando che forse si apprestano davvero a finire i tempi in cui certi pruriti rendessero rilevanti più del giusto certe notizie. Sottolineiamo, “oltre il giusto”, poiché anche quello per il corpo maschile in Michelangelo non è un semplice hobby bensì una vera e propria passione, che lo portò a replicarne le possibilità tanto nella scultura quanto nel disegno e nella pittura. Una carnalità che solo in seno ad un’epoca così cristiana, al netto di eresie e correnti ereticheggianti, poteva sbocciare; tanto che, quando sul finire di vita sua Michelangelo gradualmente entrò in sempre più evidente contrasto con Santa Madre Chiesa, quel periodo coincise con il cosiddetto «non-finito» michelangiolesco, avanti di secoli rispetto alla sua epoca.

Secoli in cui la Cristianità è oramai divenuta un ricordo, in larga parte scomodo, se possibile da dimenticare, certamente da rimpiazzare. Ed allora le forme sono incompiute, appena definite (Michelangelo era sì un genio ma nemmeno lui poteva “prevedere” la crisi figurativa novecentesca), una rottura che veniva “da dentro”, anzitutto con sé stesso prima ancora che con l’Arte a lui coeva. Amore e morte attinge a questo tormento, che accompagnò il grande artista per tutta la sua vita, consumando lui ma consentendo a noi di ereditare il frutto di tanto, estenuante lavoro. Un documentario perciò, se non indispensabile, quantomeno utile per accostarsi alla grandezza prima ancora che alle opere, come sempre accade con i pochi uomini straordinari che hanno soggiornato per un breve periodo in questo pazzo pazzo mondo.

Michelangelo – Amore e morte (Michelangelo – Love and Death, Regno Unito, 2017) di David Bickerstaff. Nelle nostre sale per Nexo Digital il 19, 20 e 21 giugno 2017.