Mickey Rourke: 61 anni da Rusty il selvaggio a The Wrestler
“Molte persone mi hanno detto che non avrei più potuto combattere se avessi vissuto sempre al massimo e spinto al massimo e bruciato la candela dai due lati. Prima o poi ne avrei pagato il prezzo.” The Wrestler.
Da attore impegnato a icona sexy degli anni ’80, da star milionaria a pugile suonato e senza un soldo: andata e ritorno dall’inferno. Questo è Mickey Rourke, personaggio e attore unico nel suo genere, tornato da pochi anni alla ribalta dopo un oblio durato un decennio. Alcol, droghe, la passione per la boxe: un vero bad boy di Hollywood che giunto alla soglia dei 61 anni porta in faccia i segni visibili di una vita al massimo.
Per le nuove generazioni, Mickey Rourke è The Wrestler o Marv in Sic City: ma chi ha qualche annetto in più ricorderà (oltre al famosissimo e iper-sopravvalutato 9 settimane e mezzo), grandi interpretazioni come in Rusty il selvaggio oppure in Il papa del Greenwich Village. Nato il 16 settembre 1952 da una numerosa famiglia di origini irlandesi e francesi, cresce a Miami dove alterna gli studi a una proficua carriera come pugile dilettante. Appassionato di recitazione, abbandona momentaneamente la boxe per trasferisi a New York, dove frequenta il prestigioso istituto di recitazione Lee Strasberg.
L’esordio nel cinema arriva nel ’79, con una particina in 1941 – Attacco a Hollywood di Spielberg, mentre l’anno successivo partecipa al grandioso western (ricordato per essere uno dei maggiori flop al botteghino di tutti i tempi) di Michael Cimimo I cancelli del cielo. Nell’83 il ruolo che lo porta alle luci della ribalta: il ragazzo senza nome, chiamato semplicemente Motorcycle Guy in Rusty il selvaggio (Rumble Fish), scritto diretto e prodotto da Francis Ford Coppola. Rourke è co-protagonista del film, affiancando un giovane Matt Dillon e mettendo in scena la sua personalità ombrosa, selvaggia, da eroe nero e solitario.
I grandi registi si accorgono di lui e nell’84 Stuart Rosenberg lo sceglie come protagonista per un altro ruolo da duro ne Il papa del Greewich Village, un gran film che purtroppo non ebbe il meritato successo di pubblico. Rourke diventa una star e un sex symbol e Hollywood lo corteggia: è il protagonista de L’anno del dragone (di Michael Cimino) poi del celebratissimo 9 settimane e mezzo, famoso per la torbida storia di sesso con la meravigliosa Kim Basinger.
Con la fama riemergono anche le problematiche caratteriali dell’attore: inaffidabile, dedito all’abuso di alcol e droghe, nell’87 viene diretto da Alan Parker in Angel Heart – Ascensore per l’inferno, ossessiva e metaforica discesa agli inferi del protagonista. Gran film, grande interpretazione, ma anche grandi problemi. Al termine delle riprese il regista disse: “Lavorare con Mickey è un incubo. È davvero pericoloso sul set perché non sai mai quello che sta per fare.”
Gli anni ’80 terminano con altri film, come ‘erotico Orchidea selvaggia o Johnny il bello, ma Mickey Rourke viene etichettato come un attore problematico e gli anni ’90 diventano per lui un lungo calvario. Ruoli minori, produzioni di serie B, come Bullet, in cui l’attore recita in pratica sé stesso, ma senza grandi risultati. Riprede la carriera di pugile, il bel volto ombroso cambia forma per colpa dei cazzotti e della chirurgia plastica. Nel 2002 è “The cook” nell’allucinato Spun di Jonas Åkerlund, film video clip sul mondo delle droghe e dello spaccio negli States. Enorme, muscoloso, lurido, affascinante: talmente brutto che non si riesce a smettere di guardarlo. Rodriguez, l’anno successivo lo chiama per una parte in C’era una volta in Messico e la carriera di Rourke torna a salire.
Sin City, Domino: parti da duro, da cattivo, da deforme. Poi nel 2008 la migliore interpretazione della sua vita The Wrestler di Darren Aronofsky, film giustamente pluripremiato (e col quale l’attore vince un Golden Globe) nel quale l’attore mette in scena una metafora della sua vita. Un grande perdente, uno “vero”, si potrebbe definire: oggi ha 61 anni e porta addosso i segni di una vita con il piede sull’acceleratore, senza compromessi. Tanti auguri Mickey.