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Mister Universo: recensione in anteprima

Un film piccolino ma caloroso, che trae il meglio dalla forma documentaristica senza però essere un documentario tout court. Mister Universo è il dolce percorso di formazione di un domatore di tigri e della sua amica, un’acrobata dai capelli rossi

pubblicato 7 Marzo 2017 aggiornato 30 Luglio 2020 01:11

Al giovane domatore Tairo le cose non stanno andando benissimo: una tigre morta, un’altra invecchiata, il suo numero comincia ad essere seriamente a repentaglio. Vive in una roulotte, Tairo, vicino alla bella Wendy, un’acrobata, promettendole di sposarla sebbene i due non stiano nemmeno insieme. Mister Universo sta molto anche in questo tenero rapporto tra i due; tenero come il ritratto che i due registi dipingono in relazione ad un mondo che rischia irrimediabilmente di scomparire, ovvero quello circense.

Di recente è uscito un altro film a tema, ossia Les Ogres, versione francese che risulta un po’ meno incisivo forse anche perché di finzione. Mister Universo è un progetto diverso, a metà strada tra il finto documentario e la finzione vera e propria, quantunque i personaggi del film interpretino sé stessi. È interessante però come da questo contesto reale, con questi personaggi reali, finanche dinamiche reali, Covi e Frimmel riescano a ricavarne una storia che regge molto bene. A suo modo un romanzo di formazione, il film vede Tairo già stufo di fare questa vita, non perché non gli piaccia, dalla quale a un certo punto si prende una vacanza forzata di appena qualche giorno.

Succede quando il suo portafortuna, un pezzo di ferro piegato, improvvisamente scompare: dati gli screzi con alcuni vicini che gli hanno staccato la spina del frigorifero, è probabile che sia stato rubato, sebbene la cosa non venga mai chiarita dato che non è questo il punto. Tairo non intende però esibirsi senza il suo portafortuna ed è qui che Mister Universo comincia. Quando era piccolo, il giovane domatore andò ad un’esibizione di Arthur Robin, culturista dotato di una forza sovrumana nonché vincitore di un’edizione di Mister Universo. Dopo aver raccolto informazioni su Robin, dalla madre e da altre persone che potrebbero sapere che fine abbia fatto, Tairo decide d’incontrarlo per farsi piegare un altro pezzo di ferro.

Tutto è molto sfumato, ma è evidente che la trama si muova sull’asse che unisce Tairo e Wendy, non come innamorati ma come persone in qualche modo legate: dall’età, dalla situazione, perciò dai desideri e dalle difficoltà che sperimentano. Il ruolo di Wendy, in particolare, per tutto il film grossomodo secondario, solo sul finire emerge come essenziale, attraverso un escamotage molto dolce, quasi poetico, che la coppia di registi riesce a far maturare quasi senza che ce n’accorgiamo. Mentre infatti Tairo è alle prese con la ricerca dell’oramai anziano Arthur Robin, la bella acrobata conduce la sua personale investigazione; disinteressata, oltremodo altruistica, perché totalmente incentrata su Tairo, sul suo bene, sia questo capire che fine abbia fatto il portafortuna scomparso, sia invece affidarsi ad un rito per scacciare da lui il malocchio.

Intanto il percorso del ragazzo prosegue, un dipanarsi degli eventi al quale lo stesso protagonista contribuisce con la sua simpatia e la sua naturalezza, che è un po’ ciò che si può dire di tutti gli attori, che non interpretano nessun altro se non loro stessi. In questo il film sembra un documentario, ma pure qualcosa di più: a tratti ci sembra davvero di assistere a qualcosa che si sta svolgendo sul serio, dal vivo, e ci si dimentica di tutto l’ambaradan cinematografico, a partire dalla macchina da presa, così come perciò dell’idea che sia tutta una messa in scena.

Per dirsi non interessati a tutto questo bisogna metterci del proprio, visto che Mister Universo procede sorprendentemente liscio fino alla fine, regalando addirittura un’ultima parte dignitosissima, oserei dire intensa, in cui il nemmeno troppo velato richiamo intergenerazionale ha un rigenerante sapore agrodolce, oltre che rappresentare una chiusa appropriata a questa storia nient’affatto appiattita su uno sterile realismo bensì che muove dal reale per arrivare alla verità. Qualcosa che raramente si vede al cinema, ma quando avviene è magia, pure se ad affacciarvisi timidamente è una piccola ma affettuosa opera come Mister Universo.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”7.5″ layout=”left”]

Mister Universo (Austria/Italia, 2016) di Tizza Covi e Rainer Frimmel. Con Tairo Caroli, Wendy Weber, Arthur Robin e Lilly Robin. Nelle nostre sale da giovedì 9 marzo 2016.