Roma 2018, Monsters and Men: Recensione del film di Reinaldo Marcus Green
L’orrore delle violenze razziali e dell’omertosa polizia visto attraverso gli occhi di tre diversi protagonisti.
Nel corso della 13esima Festa del Cinema di Roma diversi titoli hanno mostrato episodi analoghi, con protagonisti poliziotti bianchi che abusano di innocenti e disarmati ragazzi neri. Prima con The Hate You Give, poi con Green Book di Peter Farrelly, con If Beale Street Could Talk di Barry Jenkins ed ora con Monsters and Men dell’esordiente Reinaldo Marcus Green, vincitore del Premio Speciale della Giuria all’ultimo Sundance Film Festival.
Il film è ambientato a Brooklyn, New York, e prende vita nel corso di una notte come tante altre nel quartiere di Bed-Stuy. Davanti ad un market un uomo di colore viene circondato da sei poliziotti, sul posto perché venditore abusivo di sigarette. Un amico riprende con lo smartphone l’intera scena, travolta da un colpo di pistola. Un agente ha sparato. L’uomo, disarmato, è morto sul colpo. Tornato a casa il giovane amico, padre, marito e amorevole figlio, si strugge, perché dubbioso se denunciare quanto visto o tacere, per il suo bene e della sua famiglia. Alla fine caricherà on line il filmato rubato sulla scena del delitto, scatenando inevitabili e drammatiche conseguenze.
Ciò che differenzia Monsters and Men da un film come The Hate You Give è la mancata retorica, il didascalico fortunatamente evitato, anche se entrambi i film si somigliano nella denuncia di fondo: la violenza razziale delle forze dell’ordine USA. Spesso taciuta, difesa, protetta. Green, autore anche della sceneggiatura, stupisce per la struttura narrativa abbracciata, che coinvolge tre uomini di colore. Il testimone oculare, bravo ragazzo combattuto sul da farsi; un ufficiale di polizia, che vive quotidianamente sulla propria pelle i discriminatori sguardi degli agenti bianchi; un giovane studente promessa del baseball, incapace di pensare ad altro se non all’omicidio che ha sconvolto un quartiere intero, una comunità.
Il regista ci concede tre punti di vista differenti, guardando attraverso i loro occhi, così pieni di paura e sensi di colpa, rabbia e insofferenza. Stilisticamente curato e mai gratuitamente esplicito, tanto da non mostrarci il mortale colpo di pistola attorno al quale ruota l’intera opera, Green prova a scuotere l’omertoso mondo della polizia dall’interno, palesando contraddizioni e ipotetiche giustificazioni, perché è labile il confine tra giusta autorità da esercitare in strada e violenze razziali.
John David Washington, 34enne figlio del grande Denzel, indossa perfettamente gli abiti di questa malsana complicità tra colleghi, faticosamente digerita perché nero all’interno di una comunità profondamente razzista, mentre il lanciatissimo Anthony Ramos accetta le conseguenze del proprio coraggio, pur di ottenere giustizia nei confronti di un amico, così come il 24enne Kelvin Harrison Junior, disposto a seppellire un sogno a portata di mano pur di far venire a galla la verità.
Monsters and Men si snoda rapidamente in poco più di 90 minuti che scorrono lentamente, soffermandosi sulle inevitabili conseguenze generate da un’ingiustizia. Green abbraccia i propri protagonisti e improvvisamente li abbandona, evitando conclusioni di qualsiasi tipo perché quanto raccontato non conosce finale, essendo un triste ripetersi che lascia sulle strade d’America decine di morti ammazzati l’anno. Un piccolo film d’autore, un’opera prima che evita facili e artificiosi pietismi seminando quesiti di apparente facile soluzione, se non fosse per quelle ripercussioni che chiunque, bianco o nero che sia, può scegliere se affrontare o meno.
[rating title=”Voto di Federico” value=”7″ layout=”left”]
Monsters and Men (Usa, drammatico, 2018) di Reinaldo Marcus Green; con Chanté Adams, Giuseppe Ardizzone, Cara Buono, J.W. Cortes, Angel Bismark Curiel, Aaron Costa Ganis, Kelvin Harrison Jr., Jasmine Cephas Jones, Rob Morgan, Anthony Ramos