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Monuments Men: Recensione in Anteprima del film di George Clooney

Ecco la storia di come un gruppo di appassionati d’Arte, per conto degli Stati Uniti d’America, riuscì a recuperare buona parte del patrimonio artistico sottratto dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Monuments Men segna il ritorno alla regia di George Clooney, che firma anche la sceneggiatura

pubblicato 8 Febbraio 2014 aggiornato 31 Luglio 2020 04:25

Tratto da una storia vera. È la prima cosa che si legge non appena le luci si spengono e lo schermo è ancora nero. Vera ed anche per questo ancora più accattivante. Nella Seconda Guerra Mondiale gli Stati Uniti inviarono infatti un gruppo di studiosi, professori ed esperti d’arte in Europa. Missione? Preservare il patrimonio artistico sparso per il Vecchio Continente mentre imperversano bombardamenti da ogni parte.

Un soggetto niente male, che però si presta inevitabilmente a discorsi dall’appeal meno incisivo. Deriva alla quale George Clooney scientemente approda, lasciando naufragare cotanta premessa in quella scogliera costellata di incensamenti e trionfalismi tipici di un certo cinema specifico. D’altronde Clooney è uno di quelli che predilige il taglio classico: un tradizionalista oseremmo dire. E non che questo sia di per sé un male. I nodi spuntano nel momento in cui ci si concede alla visione ed allora hai il sentore che qualcuno te la stia facendo sotto gli occhi: credi di stare assistendo all’ennesima impresa tutta stelle e strisce quando in realtà c’è dell’altro, c’è di più. È il tripudio delle stelle e delle strisce! La vecchia/nuova frontiera dell’autoesaltazione come solo dall’altra parte dell’oceano la sanno costruire.

Eppure, ci ripetiamo tra noi e noi, nulla di così limitante qualora lo spettacolo fosse quantomeno godibile ancor prima che denso di spunti. Perché Monuments Men si pone l’obiettivo di intrattenere sopra ogni altra cosa, rivolgendosi dunque ad un pubblico che sa di poter coccolare senza troppi fronzoli. Ed infatti trattasi di un prodotto di livello, dove ogni singola componente squisitamente tecnica è curata come solo certe blasonate produzioni sanno essere. Impeccabile la fotografia, notevole la recitazione, ricca la scenografia. Scadente il montaggio. Ma come, fino a un rigo fa…? No, non ci abbiamo ripensato. Sia chiaro, mica è colpa del montatore o chi per lui eh. Ma qualcuno dovrà pur dirlo che il peccato principale di Monuments Men sta proprio nel ritmo. Assente, per non dire soporifero.

Cos’è quell’incedere così pesante e appesantito che appoggia sul piatto fettine di trama come fosse formaggio avariato? Cosa quel suo evitare a tutti i costi che, almeno a brevi tratti, il tutto provi a decollare, anche se solo per qualche secondo? Poi magari, dopo averci illuso con quel vorticoso roteare d’elica, scendi giù immediatamente prima ancora di aver preso quota, ché va bene uguale. Ed invece no, Clooney predilige una successione estremamente compassata di piccoli e grandi episodi, da sorseggiare con la stessa calma richiesta per un ottimo vino della Provenza. Forse perché è a loro e principalmente a loro che il buon George intende rivolgersi, ossia quegli esperti di vino che della posatezza e della placidità ne fanno un vanto, perché così è nel loro settore? Placido come per l’appunto è lo svolgimento di un film che somministra grandiosità a profusione. Ma sottobanco, prima che in troppi se ne accorgano.

Perché sì, a conti fatti si avverte sin da subito quella subdola pomposità che Monuments Men si guarda bene dall’elargire in maniera chiassosa: sono altri i canali. Ché nessuno o quasi oramai si scompone più di tanto quando gli viene somministrata l’ennesima prosopopea incensante circa le virtù e i meriti americani; ma che almeno diverta, intrattenga. Insomma, che smuova qualcosa, qualunque cosa. Ed invece, qualora l’indice di coinvolgimento si riuscisse a misurare, ne verrebbe fuori una specie di elettrocardiogramma piatto. Esatto, la descrizione di un cadavere. E se Momuments Men non lo è di certo gli assomiglia, per lo meno quanto a temperatura corporea.

Ma davvero è tutto così grigio (anzi nero)?, verrebbe da dire. Beh magari sì, ma per qualcuno magari no. Dato il cast, un certo grado di comicità non può che essere assicurato, sebbene il suo tasso venga più che efficacemente contenuto anche da quei motivi musicali incalzanti che fungono da spartitraffico emotivo: «qui devi piangere, qui sorridere, qui invece devi commuoverti ma senza lacrime». Il tormentone relativo alla pessima pronuncia francese di Matt Damon resta senz’altro la cosa più riuscita, così come altre divertenti uscite nelle quali si avvicendano un po’ tutti, da Murray a Goodman, passando per Balaban. Sprazzi per lo più, che però non fanno mai registrare alcuna impennata. Perché il film scorre fino alla fine, lasciandoti nella migliore delle ipotesi indifferente. In maniera inspiegabile, o se non altro poco giustificabile, perché a Monuments Men non mancava nulla in premessa per potere quantomeno funzionare. Ed invece non funziona, dalla prima all’ultima inquadratura.

Voto di Antonio: 4
Voto di Gabriele: 4

Monuments Men (The Monuments Men, USA, 2014) di George Clooney. Con George Clooney, Matt Damon, Bill Murray, John Goodman, Jean Dujardin, Hugh Bonneville, Bob Balaban, Dimitri Leonidas, Cate Blanchett, Diarmaid Murtagh, Sam Hazeldine, Lee Asquith-Coe, Mark Badham, Adrian Bouchet, Zahary Baharov, Alan Bond, Matthew John Morley e Adam Prickett. Nelle nostre sale da giovedì 13 febbraio.