Home Notizie Morandini: il titolo ha fatto effetto. Noi critici siamo come eunuchi a guardia di Harem senza goderne

Morandini: il titolo ha fatto effetto. Noi critici siamo come eunuchi a guardia di Harem senza goderne

Una bella intervista di un decano che ha inventato le stellette dei critici e i pallini dei lettori, ma che da anni fa un prezioso dizionario dei film, e non solo.

pubblicato 10 Luglio 2014 aggiornato 31 Luglio 2020 00:09

Morando Morandini è un critico da rispettare, lunga carriera, pazienza, pareri meditati. Ad Antonio Gnoli, che sulla Repubblica sta componendo un interessante affresco dei giorni contemporanei della cultura, ha detto tante cose che aveva tenuto per sé. Esempio: la considerazione, spiritosa e amara, secondo cui “Noi critici siamo eunuchi a guardia di harem senza goderne”. Penso che gli si debba dare ragione.

Con una precisazione: è vero, gli eunuchi parlano di cinema ma non conoscono quasi mai la “torta”, cioè sanno poco o solo qualcosa del cinema, si aggrappano alle parole, non ne hanno come esperienza diretta, concreta, tecnica; è vero, hanno il privilegio, o la condanna, di contemplare nel bagno termale della sala diffusa un’arte che è fondamentale da oltre un secolo; ed è vero che il cinema a volte, non sempre, è desiderabile come una diva o divi, con storia e storie, seducenti e appetitose.

Ma la situazione era più vera ieri che oggi, si è deteriorata, ha perso nomi e scritture, vivacchi. I critici in prima linea, dai “pulpiti” più importanti sono sempre meno; i giornali e i media li selezionano e li mettono da parte, la loro influenza c’è e però risulta essere meno decisiva che in passato.

L’occhio ormai distratto del pubblico in genere sorvolava e sorvola ancora più decisamente. Morandini ricorda di avere provveduto a una semplificazione: inventò per “La Notte”, giornale di destra, le stellette del critico e i pallini per il gradimento, adottati poi da tutti, da destra a sinistra.

Stellette e pallini sono rimasti, mentre i critici che contano, che pensano e sono soprattutto attendibili, non superano il numero delle dita di una mano.

I critici sono affezionati non tanto alle idee o ai giudizi , praticano la ricerca e la “adozione”, capricciosa, spesso incoerente, dei registi; li scelgono in base a diversi criteri, quasi sempre di solidarietà ideologica, o di militanza pro gruppi di amici e affini.

Altrimenti… Memorabile il critico che, sentendo da un collega un parere negativo su un regista da lui “adottato”, alzò il bastone per colpirlo, fare giustizia, nel pieno di una proiezione riservata alla stampa durante una Mostra del cinema di qualche anno.

Il fatto è che sono accaduti fatti ben chiari e scelte di campo. I critici sono sì “eunuchi” non tanto perché sono a guardia di harem del piacere senza godere ma perché sono “turchi napoletani”.

Ricordate il film con Totò, tratto da una commedia-farsa di Edoardo Scarpetta, intitolato “Il turco napoletano”? Trattasi di Totò che si traveste da eunuco, garantito come tale da un politico su richiesta di un ricco provinciale bello grosso, preoccupato delle corna di una moglie troppo bella per lui, Sophia Loren. Così Totò può comodamente effettuare i suoi corteggiamenti, e andare oltre, protetto dal travestimento.

Chi sono i “turchi napoletani”? Ecco. Molti critici lo sono oggi in quanto costituiscono sono una sorta di deposito di funzionari che si riempie e di vuota di continuo, per riempirsi ancora: in attesa di collocamento, al servizio di vari poteri , si travestono per i ruoli di protagonisti o comprimari della burocrazia dello spettacolo: commissioni di ministero, direzione di festival o festivalini, premi e premiucci, posti poltrone strapuntini qua e là in enti e istituzioni pubbliche, giurie. Contrariamente alla pattuglia dei critici che resta fuori, vuoi perché non ha partiti o sponsor politici alle spalle, questi “eunuchi” godono molto, moltissimo. Appagano i loro desideri profani.

Morando, di cui sono amico da anni, dal quale ho imparato molto, è uno dei pochi che si è fatto da sé, continua a fare il suo lavoro di critico (ha fatto anche il critico televisivo) lontano dai circoli di potere, e si è costruito da solo, con la figlia Luisa, uno strumento utile: il dizionario dei film, avviato insieme alla moglie Laura, una donna deliziosa. Il dizionario è una raccolta di desideri, quelli che il cinema suscitava e suscita sempre meno. Lo sa anche Morando, il quale, nella bella e amara intervista del bravo Antonio Gnoli, ricorda che non è il caso di farsi illusioni. I desideri e magie, gli uni e le altre, cambiano. E i critici, sempre più numerosi, diventano “turchi napoletani”, usano ruoli e tessere, tradiscono i loro lettori, quelli che ci sono, quelli che sopravvivono. Comunque, sono meno… saggi e divertenti di Totò, già.