Mr. Peabody e Sherman: Recensione in Anteprima
Da personaggi televisivi a protagonisti di un lungometraggio. Quasi mezzo secolo per recuperare Mr. Peabody e Sherman e farci un film, tra viaggi nel tempo ed improbabili figure storiche
Sta uscendo quasi in sordina Mr. Peabody e Sherman, specie se pensiamo che si tratta di un film DreamWorks. Ma questo vale per noi, visto che dall’altra parte dell’Oceano già si sprecano le belle parole per un’operazione che effettivamente il suo fascino ce l’ha. Ripescando macchine del tempo e geni in grado di costruirle, il discorso di questo nuovo film d’animazione è molto semplice e forse per questo riuscito. D’altronde i personaggi protagonisti risultano pressoché sconosciuti solo a noi, visto che sono stati presi di peso dal fortunato Rocky and Bullwinkle Show di fine anni ‘50/primi anni ’60: all’epoca il segmento si chiamava Peabody’s Improbable History, la cui facile traduzione è per l’appunto L’improbabile storia di Peabody.
Ed in effetti il tenore è quello. Dimentichi volutamente di alcun ragionamento su paradossi e affini, Mr. Peabody e Sherman ci porta indietro nel tempo in svariate epoche, giocando su un citazionismo condito di nonsense e grottesco. In questo il film si rivela un’operazione che mira ad accattivare non semplicemente un pubblico di soli bambini, che in fin dei conti conoscono per la prima volta questi personaggi, ma anche i più adulti. Quelli che, per intenderci, sempre negli USA, magari ricorderanno dall’infanzia il cane genialoide ed il suo maldestro figliolo.
Tali premesse non hanno certo impedito di attualizzare il contesto, che è poi il lavoro su cui tocca focalizzarsi di più per sondare la portata della narrazione. Anche qui, niente di così articolato. A noi che siamo pure avulsi dal cartone di riferimento, non sfuggono elementi come il rapporto tra padre e figlio con annessa bega dovuta all’adozione di quest’ultimo. Tema ben presente nel film, con il cane Peabody in procinto di perdere l’affidamento del figlio adottivo contro la volontà di entrambi. In tal senso i viaggi nel tempo compiuti dai due vanno letti anche, se non soprattutto, alla luce del consolidamento di questo rapporto. Giocano infatti bene gli autori, muovendosi con più intelligenza di quanto ci viene dato a vedere di tutta prima; l’impressione è infatti che strada facendo si siano lasciati “significati” ulteriori, celati dietro quella progressione del tutto scanzonata. Tutte cose che potranno essere restituite solo da una seconda visione ma che in qualche modo ci vengono “confermate” in chiusura, quando un cammeo davvero particolare irrompe a lato dell’inquadratura per appena tre secondi; ammiccamento, come già accennato, a quella fetta di audience più smaliziata, che riderà mentre i più piccoli prenderanno atto con curiosità di quella strana risata.
Quattro sono le località visitate dai nostri due involontari eroi: l’antico Egitto, la Guerra di Troia, il Rinascimento fiorentino e la Parigi della Rivoluzione Francese. Escursioni unite come se si passasse da una stanza all’altra, ciascuna avulsa dall’altra, senza chiaramente alcun proposito se non quello di prendere scherzosamente in giro i vari personaggi, che sia un irrequieto Leonardo da Vinci oppure una golosa Maria Antonietta. E pensare che un lavoro di questo tipo potrebbe procedere ad oltranza, presente com’è quella sua impostazione da format spiccatamente seriale. Non ce la sentiamo di prendere troppo sul serio l’aspetto velatamente didattico invece, sebbene certi vaghi accenni storici tradiscano una vocazione di questo tipo – lascito senz’altro del cartone televisivo.
Di ogni segmento ci si serve per uno scopo, al fine di far andare avanti la storia non tanto in termini di mera progressione bensì a livello se vogliamo emotivo. Anche perché il film, a conti fatti, resta ancorato ad un unico punto, “messo in pausa” durante le scorribande nelle varie epoche. Anche questa una trovata semplice ma efficace, tanto più che attiene ad un elemento strutturale; in fondo tutto il film altro non è che un pretesto per mostrare questo percorso attraverso cui padre e figlio crescono insieme, ma soprattutto ciascuno in relazione all’altro. Percorso che in quanto tale culmina col rovesciamento delle premesse, che vogliono il cane-padre un genio asettico e implacabile, mentre il figlio uno scapestrato senza arte né parte.
Tutto ciò per mettere in luce quanto, a ben guardare, Mr. Peabody e Sherman miri a qualcosa di un po’ più profondo rispetto alla facciata. Anzi, il suo discorso si muove proprio in tal senso, ossia nella critica alle etichette, quelle categorie sotto le quali si cela spesso una realtà ben più ricca e positivamente complessa. Un progetto a suo modo ragionato dunque, dove poco è lasciato al caso e gettato lì con l’unico anche se meritorio scopo di strappare una risata o al peggio un sorriso. Tutte cose che comunque non mancano, sebbene alcuni punti appaiano inevitabilmente più riusciti di altri e non sempre l’azione risulti incisiva come dovrebbe.
Tutti peccati veniali che siamo più che disposti a trascurare, dato che a suo modo Mr. Peabody e Sherman opera una quasi impercettibile svolta: dopo una lunga stagione di seppur notevoli film d’animazione essenzialmente monotematici (diversità a go go), ecco spuntarne uno che non prende totalmente le distanze da questo filone ma che s’industria in maniera quantomeno interessante al fine di offrire qualcosa di un po’ più strutturato. Tra questo e Tacchini in fuga, film a dire il vero snobbato e troppo frettolosamente accantonato, ci pare che qualcosa nel regno dell’animazione si stia muovendo; e dai primi gesti si direbbe trattarsi di qualcosa di buono. Vedremo se quanti altri intenderanno mettersi al passo.
Voto di Antonio: 7
Voto di Federico: 7
Mr. Peabody e Sherman (Mr. Peabody & Sherman, USA, 2014) di Rob Minkoff. Con Ty Burrell, Max Charles, Ariel Winter, Stephen Colbert, Leslie Mann, Patrick Warburton, Allison Janney, Stanley Tucci, Lake Bell, Mel Brooks, Dennis Haysbert, Karan Brar, Stephen Tobolowsky, Joshua Rush, Zach Callison, Adam Alexi-Malle e Melvin Breedlove. Nelle nostre sale da giovedì 13 marzo.