Home Curiosità Muore Linda Christian: Italo Moscati ricorda così la “Anatomic Bomb”

Muore Linda Christian: Italo Moscati ricorda così la “Anatomic Bomb”

Lo sgomento dinanzi all’ineluttabilità della morte viene sempre eluso allorquando ci si trova davanti il misfatto. Sappiamo che arriverà quel momento, salvo poi essere colpiti da una strana, inspiegabile ma comprensibile sensazione. Ancora meno chiara appare tale sensazione quando ci si trova dinanzi ad una donna di 86 anni, la cui vita aveva già detto

pubblicato 23 Luglio 2011 aggiornato 1 Agosto 2020 09:56


Lo sgomento dinanzi all’ineluttabilità della morte viene sempre eluso allorquando ci si trova davanti il misfatto. Sappiamo che arriverà quel momento, salvo poi essere colpiti da una strana, inspiegabile ma comprensibile sensazione. Ancora meno chiara appare tale sensazione quando ci si trova dinanzi ad una donna di 86 anni, la cui vita aveva già detto tutto non tanto in relazione all’anagrafe ma perché, come dichiarò lei stessa: “gli eventi della mia vita li ho tutti conosciuti prima, perché un chiaroveggente me li aveva anticipati“.

Tuttavia quell’amaro retrogusto rimane, e si fatica a restare impassibili dinanzi all’eternità che inghiotte una donna tanto bella quanto diva, così come fu Linda Christian. Soprannominata “The Anatomic Bomb” per la sua conturbante bellezza, la Christian fu la prima, vera “Bond-girl“, interpretando il ruolo di Valerie Mathis in Casino Royale di William H. Brown Jr. nel 1954, destinato alla TV.

Di notizie, come di rito in simili occasioni, se ne possono trovare tante – per la rete e non. Ma noi vogliamo ricordare quella donna dall’intramontabile fascino con le parole del nostro Italo Moscati, il quale rievoca certi momenti forse non proprio edificanti, ma certamente importanti e che hanno lasciato un segno. Dopo il salto, dunque, ecco il pezzo di Italo, di cui non possiamo che consigliarne caldamente la lettura. Quanto a Linda, al secolo Blanca Rosa Henrietta Stella Welter Vorhauer, nient’altro da aggiungere se non… requiescat in pace!

MA LINDA CHRISTIAN CHI ERA?

di Italo Moscati

La radio ha appena dato la notizia della morte di Linda Christian. Chi parla al microfono dice poco: 86 anni, nata in Messico ma americana. E’ stata un’attrice di Hollywood. Punto e basta. Linda sta stretta in queste avare informazioni.

Non ci si può meravigliare. Quando si tratta di una diva i giornali e i media non parlano quasi mai dei film che ha fatto e della sua qualità sul set, della sua bravura.
La spediscono senza ricevuta di ritorno nel cimitero dei grandi o delle grandi dove riposano solo il ricordo del fisico, le buone intenzioni, il gossip.

Per quanto riguarda Linda, scorrendo l’elenco dei film a cui partecipò (il primo risale al 1947, “Il delfino verde”), ci si accorge nel mare della pellicola la sua navigazione di donna e di attrice ha avuto una storia da pedalò più che da sirena, nonostante fosse bella, bellissima. Gli altri titoli comprendono “Tarzan e le sirene” (1948, ultima apparizione di Johnny Weissmuller nel ruolo dell’Urlo della Giungla), “Casino Royal” (1954, versione televisiva), un episodio della serie tv “L’ora di Hitchcock” (1963). Sono le citazioni più frequenti.

Vorrei aggiungere, per mio capriccio, “Appuntamento a Ischia” (1960) di Mario Mattoli , il regista di Totò e tanti comici, e “Il momento della verità”(1965) di Francesco Rosi. Il resto… glisson.

Va bene così. Non è obbligatorio entrare nella storia del cinema attraverso la porta degli autori e dei film importanti, consacrati dalla critica. Anzi. Ci sono registi, attori e divi che spesso sono decisivi in generi sottovalutati- musical, western, gialli, romantici, etc- e varrebbe la pena rivoluzionare certi preconcetti, giudizi, snobismi.

Linda, ecco dove voglio arrivare, è stata una superdiva da quando in Italia nel 1947 sposò Tyrone Power, in un matrimonio sfarzoso che venne seguito quanto e forse più delle nozze di Grace Kelly Ranieri a Montecarlo(successive, campioni di ascolto), nonostante le cronache fossero solo filmate e non potevano apparire da noi in tv visto che le trasmissioni cominciarono nel 1954.

Linda lo è stata poi per il divorzio da Tyrone , la partecipazione attiva alla mondanità rampante della dolce vita di Via Veneto; e per essere la madre di Romina, una madre discussa, ritenuta responsabile di aver consentito che la giovanissima figlia partecipasse a film e a servizi, come dire, scollacciati (lo si diceva allora). Nonché per i suoi amori, di cui la stessa Romina ha raccontato in un suo libro: “Tutte le notti, davanti la camera di mia madre, vedevo sempre diverse paia di scarpe”.

Non voglio andare oltre. Ho conosciuto Linda, da lontano in un’aula di tribunale a Roma. Avevo realizzato nel 1989-90 per la televisione un serial, “Stelle in fiamme”, dedicato alle vicende amorose dei personaggi famosi del cinema. Fra esse c’era quella di Tyrone e Linda, che si estendeva alle vite divise dei due attori subito dopo il clamoroso divorzio.

Dal serial ricavai un libro, intitolato “Amore mio”, una sorta di racconto alla “ Hollywood Babylonia” d Kenneth Anger. Aggiunsi aneddoti, episodi, fatti veri. Tra questi notizie delle passioni omosessuali di Tyrone, comprovate, mai smentite; degli amori della stessa Linda; dei rapporti agitati con la figlia.

Poco dopo la pubblicazione del libro, vidi una foto di Linda a Roma pubblicata da un settimanale illustrato. Lei era ritratta davanti a un commissariato con una copia del libro. L’articolo diceva che la diva mi aveva querelato e pretendeva trecento milioni per i particolari “inventati” da me.

Andammo in tribunale. Il mio difensore produsse documenti (giornali, interviste, dichiarazioni, la stessa biografia scritta da Romina) per sfatare le “invenzioni” e provare la realtà delle cose scritte.

Il libro si trova ancora, è facile riprenderlo e cogliere, al di là dei contenuti esatti, un mio atteggiamento privo di intenzioni malevole, contraddistinto addirittura dalla simpatia. La simpatia per le vite e il cinema che accompagnano tutti i nostri tramonti, tutti.

Fu emessa la sentenza che cancellò la querela e le sue richieste. Cercai il volto di Linda. Bloccato da un’ondata di espressioni: dal disappunto per la sconfitta e la rinuncia alla riparazione pecuniaria all’orgoglio sfiorito, allo smacco di fronte alla stampa, alla paura della diva di deludere chi la ricordava nelle notti di Via Veneto e nei film che aveva fatto.

Il cinema era lontano. Linda aveva ricevuto un colpo dalla stessa sua volontà di resistere agli inconvenienti della fama, alle illusioni della fama, al bisogno (forse) di rilanci sui giornali e di frutti dell’offesa patita, rivelatasi infondata.

Linda era un’attrice, una diva, dopo essere stata una superdiva vestita da sposa. La voglio ricordare così, col suono semplice di queste parole.