Nanni Moretti: la vera vocazione di un “bimbo bello” che cerca “bimbi belli” come lui, o anche più belli
Da molti anni il regista di “Habemus Papam” organizza e dirige una rassegna sugli esordienti, d’estate
Al Cinema Sacher, Largo Ascianghi 1, Roma, nelle serate di Nanni Moretti si accende la luce della utopia. Sono accese in un’arena posta accanto al cinema Sacher, nel quartiere formicolante di Trastevere (dove hanno chiuso numerose sale e altre hanno la valigia alla porta). Le luci illuminano una rassegna “Bimbi belli” dedicata alle opere prime o seconde o anche terze che va avanti da anni, e che lo stesso Nanni ama condurre, accompagnandosi agli autori a cui offre una buona occasione per farsi conoscere; c’è gente, c’è la possibilità di sentire gli spettatori, e di discutere con loro senza rompere i cabasisi. Del resto, Nanni è l’uomo del “dibattito no” dagli anni Ottanta e non gli si può di certo dare torto.
Quest’anno, ecco alcuni titoli: L’ultimo pastore di Marco Bonfanti, Miele di Valeria Golino, La città ideale di Luigi Lo Cascio, Romanzo di un giovane povero di Rolando Ravello, L’Attico di Fabiana Sargentini, Salvo di Antonio Piazza e Fabio Grassadonia… Si tratta di appuntamenti annuali che incuriosiscono, i film sono stato visti e selezionati da Nanni, esaminatore serio, e istrione. E’ un doppio gioco quello che ho riscontrato nella rassegna ormai gloriosa: da un lato, la vocazione del regista (che fa anche il gestore del Sacher) di “scoprire” i propri simili e di confrontarsi con loro, offrendo un’occasione che lui stesso non ebbe ai tempi degli esordi; dall’altro, il suo bisogno di essere perennemente un autarchico, come del resto ci aveva proposto fin dal titolo del primo film, intitolato Io sono un autarchico (1976).
Conobbi Nanni proprio intorno al 1976. Era stato indirizzato da Mario Monicelli a Luigi Comencini, regista col quale stavo lavorando, per avere un colloquio e iniziare una collaborazione. All’appuntamento arrivò un “bimbo bello”, proprio Nanni, sottile come un giunco fino alla chioma folta come quella di un baobab. Aria svelta e simpatica. Aveva sotto braccio un piccolo proiettore e intendeva mostrarci qualche suo lavoro in superotto e, se ricordo bene, anche una parte almeno di “Io sono un autarchico”. Infatti, il Moretti che sarà pluripremiato e osannato era giustamente fiero di avere fatto tutto da solo, tutto, ma proprio tutto.
Trovai la cosa stupefacente per coraggio e determinazione. Era chiaro che il ragazzo aveva gas e quasi subito cominciò a sfondare con i bomboloni di Ecce Bombo (1978) e con la contestazione-musical Sogni d’oro (1981). Erano film originali e divertenti. Dal successivo Bianca (1984) la vena sarcastica di Nanni, ironica cambiò e ci siamo sempre trovati di fronte a un regista nuovo o quasi che guardava in faccia il nostro Paese con lo sguardo del moralista sapiente, che non si faceva ingabbiare da schemi ideologici e politici. La vicenda del suo cinema, in seguito, la conosciamo, o spero che sia apprezzata, sia pure con tutte le critiche legittime che si possono fare.
Adesso mi preme ricavare due indicazioni da queste note, ad uso dei giovani che amano il cinema e lo vogliono fare. Il primo Nanni fece da solo, si “sporcò le mani” in un intelligente e sapiente artigianato da “piccolo chimico”, arrivando al cinema nel solo modo che ritengo valido: facendolo. Il secondo Nanni è l’unico nel nostro cinema che sa respirare l’aria del cinema con un’attenzione ai problemi produttivi, distributivi, gestionale legati alla creazione e alla diffusione dei film. Non so se siamo ancora nell’epoca dei “bamboccioni”, non credo. Siamo in tempi duri: i “bamboccioni” possono diventare “bimbi belli” ripetendo in modo diverso il suo fai-da-te. Non un bricolage sciocco. Ma un inizio serio, provando a scottarsi le dita e la mente.