Nanni Moretti prova a collegarsi con il grande cinema italiano, che è stato e vive o sopravvive
Il nuovo film del regista tra i più amati anche questa volta non tradisce; dopo “Habemus papam”, la favola tenera del cinema che salva capra e cavoli…vita amara e voglia di tenerezza
Ci sono coloro che storcono il naso, non appena sentono parlare di Nanni Moretti. Ci sono coloro che lo accettano ancora prima di avere visto il suo nuovo film. Ci sono tanti, in Italia, che per passione o semplicemente per mentalità atrofizzata dal cinismo e dalla convenienza (tentazioni italiane), non sanno o meglio non vogliono vedere un film ma semplicemente schierarsi pro o contro, più spesso contro, per abitudine, credendo di averlo già visto. Sono andato a vedere Mia madre di Moretti con occhi e orecchi spazzolati, in abito di civile collaborazione da spettatore che paga il biglietto, e quindi che ha a compiuto un atto di fiducia nel film e nell’autore che ha scelto.
Eravamo numerosi al botteghino, segno che il nome di Nanni richiama e che la fame di un buon cinema spinge les italiens a cercare qualche punto fermo nel frastagliato e sfiduciato panorama delle produzioni nostrane. Eravamo edotti dal fatto che i media hanno servito il piatto di “Mia madre” con insistenza, ostentata, massiccia. Bene, anzi benissimo. Ci sono aziende e imprenditori nel cinema che sostengono il loro prodotto, e lo fanno spendendo soldi in pubblicità ma anche con passione. Eravamo consapevoli che l’entrata in campo di sostenitori o detrattori del bravo e buon Nanni (le sue punte si vanno smussando) provocasse una delle solite abitudini nazionali: ci sono opinion makers, oplà, che sposano la voglia apparire in società con gli abiti lisi, abitudinari, della prevenzione e dal nasino stordo d’habitude.
Detto questo, com’è il film. Un bel film, parole senza contorcimenti. La mamma è sempre la mamma, e se la mamma di Nanni è speciale, lo è anche la mia mamma e la mamma degli italiani di sempre. Bello, il film, per il pudore felpato con cui il regista della nutella (lo ricordate in cucina mentre trangugia il veleno dolce e saporito dal bicchierone-tetta?) racconta se stesso nei panni del regista che lui è sul set e in the life, regista, donna, protagonista di “Mia madre” che è donna, la brava Margherita Buy.
Nanni ama le donne e non ha mai saputo come fare per dimostrarlo. Qui fa il pieno del suo trasporto verso le donne inespresso o incompleto o deludente o volenteroso. Le ama e ne dipende. Vorrebbe essere donna per attrarre amori comunque e invece le guarda dal di fuori.
Ecco lo scheletro forte, sentimentale, lacrime sul ciglio. Ecco lo schema sul quale Nanni e i suoi collaboratori-sceneggiatori operano. Consapevoli. Al punto da chiamare un siciliano-americano, John Torturro, caricandolo del compito di proporre gag, battute, gigionismi, isterismi, vanità, felicità del buffone (nel cinema è indispensabile, come dimostra la tradizione del nostro cinema). Il cocktail funziona, parte da emozioni (mammismo potente, desiderio di donne, attrazione per l’altro sesso oltre la vita, paura di interrogarsi su se stesso) ;da punteggiature comiche, ironiche, sarcastiche (il cinema visto dall’interno in effetti spesso fa solo ridere). Il pacchetto di risorse è quello tipico delle pellicole della tradizione italiana: tenerezza, tenerezza, tenerezza. Ce n’è tanto bisogno. Gli ardori ispidi degli anni Sessanta, Settanta, Ottanda si sciolgono sulla battigia del sogno di chiudere tutto nel cuore della famiglia allargata (il cinema lo è), nel creare almeno una pausa del groppo alla gola.
Il resto è scenario. Gli operai, i licenziamenti, il padrone stranger… Insomma, un film che ti manovra come vuole e ti lascia contento, abbastanza; c’è intelligenza, humour, solidarietà, confessione di umana debolezza… Poi, a poche ore, la favola bella si dissolve a poco a poco, ma non ci dispiace, i tempi incalzano e noi abbiamo soprattutto la necessità di incazzarci. Le carezze tremanti di Nanni ci fanno bene, pillole contro il male nella routine del quotidiano tra scherzo e commozione. Le salvezze italiane, ieri, oggi, domani.