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National Treasure Il Mistero Delle Pagine Perdute: recensione della stampa e del web

Il mistero delle pagine perdute (National Treasure: Book of Secrets) di Jon Turteltaub con Nicolas Cage, Jon Voight, Harvey Keitel, Ed Harris, Diane Kruger, Justin Bartha, Helen Mirren, Bruce Greenwood.Diamo un’occhiata alle recensioni della stampa italiana e di alcuni cinebloggers sparsi nella rete. E naturalmente aspettiamo i vostri commenti.Claudio Carabba del Corriere della Sera Magazine:

di carla
4 Gennaio 2008 09:57

il mistero delle pagine perdute locandina nicolas cageIl mistero delle pagine perdute (National Treasure: Book of Secrets) di Jon Turteltaub con Nicolas Cage, Jon Voight, Harvey Keitel, Ed Harris, Diane Kruger, Justin Bartha, Helen Mirren, Bruce Greenwood.

Diamo un’occhiata alle recensioni della stampa italiana e di alcuni cinebloggers sparsi nella rete. E naturalmente aspettiamo i vostri commenti.

Claudio Carabba del Corriere della Sera Magazine: Dopo aver risolto il “mistero dei templari, il prof. Ben Gates affronta un enigma collegato a un diario perduto e all’assassinio di Lincoln. L’attentato contro un presidente è sempre appassionante: di sicuro si sa solo che è morto. Spavaldo e acrobatico, Turteltaub ha messo al lavoro eruditi sceneggiatori, ma poi non ha avuto paura di gettarsi nella girandola di colpi di scena. Forse è per questo che ci si diverte, correndo sulla corda tesa.

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Francesco Alò de Il Messaggero: L’idea del produttore Jerry Bruckheimer è quella di mescolare Indiana Jones con Il codice da Vinci. La ricerca di antichi reperti storici associati a scomode verità tenute nascoste alla collettività. Il primo film era apprezzabile in quanto blockbuster scacciapensieri che funzionava come bignami storico. In questa nuova impresa Gates dovrà scoprire cosa si cela dietro l’assassinio di Abramo Lincoln anche se il mistero più importante è capire dove siano finiti i suoi caratteristici basettoni. Senza di essi, i capelli posticci di Nicolas Cage sono ancora più fastidiosi. Ignorando l’invadenza del parrucchino, il film diretto da Jon Turteltaub (nel cast anche Diane Kruger, Jon Voight, Helen Mirren) propone avventura e risate per grandi e piccini. Simpatico.

Maurizio Cabona de Il Giornale: Dopo Il mistero dei templari, Jon Turteltaub, anzi il produttore Jerry Bruckheimer – che tanto tiene ad apparire – ne firma il seguito, Il mistero delle pagine perdute. (…) Nicolas Cage s’è fatto il lifting agli occhi, così ora somiglia più a Christopher Lee giovane che a se stesso nel film precedente; dei suoi luoghi comuni ha conservato la tendenza a lasciar cadere la mandibola per simular stupore: è il suo principale titolo per ambire all’eredità di James Stewart. Se quest’ultimo entrava al Congresso degli Stati Uniti, in Mr. Smith va a Washington, per denunciare la corruzione politica, Cage entra alla Casa Bianca per frugare nella scrivania del presidente (Bruce Greenwood, che in Tredici giorni era Kennedy e ora è G.

Maurizio Porro de Il Corriere della Sera: Con un occhio a Indiana Jones e uno al citatissimo James Bond e quindi strabico, il Ben Gates già noto per il Mistero dei templari torna ad esplorare il perché delle pagine perdute nel diario di Booth, l’assassinio di Lincoln, da cui risulta che un suo antenato fosse tra i cospiratori. Ed ecco quindi srotolarsi l’ assurda storia al cui confronto Topolino sembra neorealista: il nostro (Nicolas Cage si riconferma il peggior attore del momento, la palpebra sta aperta a malapena, con gli occhialini tondi sembra Celentano) con la sua ex, l’ amico scrittore mago dei computer, poi anche papà e mammà divisi ma esperti di geroglifici, di glifi come si dice da saputelli, scopre che bisogna pescare antichi indizi nascosti nei luoghi di massimo potere.

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Andrea Chirichelli da MyMovies: (…) La formula non cambia: misteri, esplorazioni, enigmi da decifrare, testi antichi nascosti negli anfratti più inaccessibili e stavolta persino un Presidente degli Stati Uniti disponibile e simpatico: la trama è ovviamente strampalata, così come molte delle situazioni che si trovano a vivere i protagonisti, ma l’autoironia e la capacità di non prendersi troppo sul serio, permettono al film di raggiungere l’obiettivo principale: divertire e intrattenere il pubblico, facendogli passare due ore di avventura vecchio stile. Cage, oramai uomo-ovunque del cinema americano, ha la stessa espressione dall’inizio alla fine, ma sembra a suo agio nei panni dell’eroe per caso. Godibilissimi sono i siparietti tra due icone della vecchia Hollywood (Mirren/Voight) che stanno al gioco, perché di questo si tratta, con compiaciuta ironia.

Marco Spagnoli di Fantascienza.com: (…) Meccanico, non brillante, Il mistero delle pagine perdute risulta talora piuttosto noioso nonostante al cast originale si aggiungano attori del calibro di Ed Harris, Helen Mirren e Bruce Greenwood. Questo perché la storia del tesoro precolombiano nascosto negli Usa è sicuramente meno attraente tematicamente dei segreti dei templari e, soprattutto, perché la sceneggiatura sembra più stanca e assai meno ironica. Non sono tanto i segreti archeologici a muovere l’azione, bensì l’onore della famiglia Gates che, ancora una volta, sembra essere messo a rischio dalla storiografia ufficiale. Peccato, però, che questo plot funzioni di meno del precedente e tutti e, soprattutto, i dialoghi risultino più ammanierati da ‘jokes’ discutibili, che ispirati dal racconto storico. Una certa dose d’azione in più non supplisce alla mancanza di buone idee e il film scivola via, nonostante tutto, in maniera passabile, ma tutt’altro che memorabile.

Alessandro ‘Herkh’ Bisbano Memmo di EveryEye
: (…) Nonostante il calibratissimo ed avvincente ritmo, questo secondo National Treasure soffre infatti di almeno tre gravi difetti di ordine narrativo: esasperazione delle ellissi, snodi narrativi assolutamente superficiali, personaggi costantemente tendenti al comico senza adeguate e riuscite battute a corredo. Avete presente uno che racconta una barzelletta e se la ride da solo? Bene. Alcuni passaggi recitativi risultano inoltre trascurati e mostrano una mancanza di coesione tra Cage, la Kruger e Bartha quasi imbarazzante, minata da espressioni annoiate o troppo posticcie. Sicuramente meglio si comportano Voight e consorte di trama Helen Mirren, ma la sensazione è che una strana aria di sufficienza abbia regnato sul set durante le riprese. Torniamo alle ellissi: nel corso di pochi minuti la pellicola è capace di trasportare lo spettatore dagli Usa all’Inghilterra, passando per la Francia, con una semplicità e banalità imbarazzanti. Va bene comprimere il tempo, ma che diamine. Per non parlare della facilità con cui i personaggi arrivano alla risoluzione di misteri e puzzle (alcune intuizioni più che ‘divine’ risultano ‘patetiche’) o al reperimento di oggetti importanti. Questi violano sistemi di sicurezza, rapiscono presidenti di stato, giocano con le forze dell’ordine con un non-sense impressionante. Sembra di assistere al carnevale del ‘prosegui a tutti i costi la narrazione tanto il genere lo permette’. Il genere NON lo permette, soprattutto se l’ottanta per cento della pellicola ha un’ambientazione urbana e contemporanea. La città, ed in via generale la realtà, hanno delle regole ben precise che vanno assolutamente rispettate. L’unico modo per contravvenirvi riguarda lo sprofondamento delle vicende nel fantastico o nel sovrannaturale. Cosa che Book of Secrets non fa, essendo un film d’avventura ambientato ai giorni nostri in contesti vagamente familiari (gran parte degli edifici, stanze, salotti, mezzi di trasporto ed abbigliamento inquadrato è di natura ‘aristocratica’, insomma ci siamo capiti). Forse per questo funziona solo a tratti. Il finale, dal carattere esoticamente ‘dungeon’, funziona invece benissimo e coinvolge. E’ un tripudio di suoni (ben realizzati), colori (fotografia sopra la media) e sensazioni (svelamento del tesoro ed azione a go-go). Il luna-park narrativo ha insomma ragione d’essere perché fuori dall’ordinario (siamo in un underground minerario adibito a fracassona disneyland). Per troppo poco però.

ColinMckenzie di BadTaste: Se c’è qualcosa di stupefacente nei film hollywoodiani e nel modo in cui vengono recepiti dal pubblico, è la totale mancanza di memoria storica. La serie iniziata (in maniera simpatica) da Il mistero dei templari, vedeva protagonista uno studioso avventuriero in cerca di tesori del passato ed è stata lanciata come se si trattasse dell’invenzione del secolo. Ora, se qualcuno mi spiega la differenza con Indiana Jones (espressività limitata del protagonista compresa), gliene sarei grato. O meglio, la differenza c’è e non è piccola: Jon Turteltaub non è propriamente Steven Spielberg. E’ forse lui il maggiore indiziato del risultato deludente di questo secondo capitolo. Soprattutto all’inizio, c’è una totale mancanza di ritmo negli scambi ironici dei protagonisti, problema sorprendente considerando che Turteltaub viene dalle commedie. (….) Il fatto è che tutto sembra privo di mordente e il livello di eccitazione per questo giro del mondo risulta sorprendentemente basso. D’altra parte, i numerosi autori della storia e sceneggiatori non sembrerebbero in grande forma o, più semplicemente, hanno avuto poco tempo per sistemare tutto (cosa che ha anche portato a scrivere e/o improvvisare i dialoghi sul set, fatto peraltro evidente in alcuni scambi di battute raffazzonate). Infatti, i ‘misteriosi’ enigmi che i nostri cervelloni devono risolvere sono quasi sempre banalissimi e certo non all’altezza del loro ‘talento’. Così come le situazioni nei rapporti interpersonali sono troppo semplicistiche, per non parlare dei conflitti (un cattivo pronto a tutto, ma che in realtà fa delle cose insensate e poco coerenti). E che dire della stupidità dei personaggi, che non si rendono conto di essere spiati attraverso il loro cellulare? Anche per una pellicola all’acqua di rose come questa, è eccessivo e non bastano certo le citazioni di James Bond e di Notorius a risollevare la situazione. In tutto questo, è difficile trovare colpe specifiche per gli attori, che si ritrovano di fronte ad un compito improbo. Certo, Nicolas Cage non è decisamente al suo meglio, ma quando un premio Oscar come Helen Mirren incarna un personaggio così sciapo, l’impressione è di un’occasione sprecata.