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Nella Valle di Elah: le recensioni italiane al film

Cineblog ha recensito Nella Valle di Elah con una bella media dell’8. Non male, direi. Ma quali sono state le critiche italiane al film? Vediamole insieme:Da DelCinema: Nella valle di Elah è un film che riesce ad essere travolgente senza essere perfetto: qualche forzatura nel copione c’è (la discutibile funzione del commilitone Ortis ad esempio)

di carla
20 Dicembre 2007 10:49

valle di elah susan sarandon tommy lee jones

Cineblog ha recensito Nella Valle di Elah con una bella media dell’8. Non male, direi. Ma quali sono state le critiche italiane al film? Vediamole insieme:

Da DelCinema: Nella valle di Elah è un film che riesce ad essere travolgente senza essere perfetto: qualche forzatura nel copione c’è (la discutibile funzione del commilitone Ortis ad esempio) e la scelta del brano di chiusura (affidato alla voce di Annie Lennox) lascia alquanto perplessi come già accadde per Crash. Piccole sbavature compensate pienamente dalla prova di un Tommy Lee Jones intenso e commovente e di una Charlize Theron qui tanto brava quanto bella.

Stefano Lusardi di Ciak: Quel che pensa della sua America, Paul Haggis lo riassume con un gesto: fa issare dal suo protagonista la bandiera a stelle e strisce a testa in giù. Che vuol dire: «Siamo veramente nella merda». È la fine di un doloroso percorso compiuto da Hank Deerfield (Tommy Lee Jones che parla con lo sguardo e si racconta con la sua bella faccia scolpita dalle rughe). Che non è certo un radical anti-Bush: soldato di ferro, è stato in Vietnam ma non ha capito molto, tanto che suo figlio maggiore è già defunto da pilota militare. Ora Hank si trova a indagare sulla scomparsa di Mike, il minore, svanito da una base militare del Nuovo Messico appena tornato dall’Iraq. Con raccapriccio, anche della moglie (Susan Sarandon) e con l’aiuto di una tenace poliziotta (Charlize Theron) approderà a una verità tanto scomoda quanto atroce.

locandina valle di elahkowalsky di FilmScoop: In effetti, quel che guasta nel film è proprio la sua proverbiale genuinità, la sua capacità indubbia e profonda di cavalcare l’onda di un fortissimo disagio e di percorrere questa strada con un rigore politically (un)correct che è destinato a far incetta di premi piuttosto che sfidare le convenzioni e il Potere con delle strumentali polemiche. (…) Malgrado ciò, gli sguardi impassibili di alcuni soldati che raccontano la terribile morte di un ragazzo, davanti al volto confuso e disperato di un padre, e la fotografia che umilia l’Uomo costringendolo a vedere un dramma non meno lacerante rendono questa Visione di Cinema assolutamente necessaria, dove la sottrazione gioca un ruolo determinante e nichilista per la sopravvivenza psicologica di chi ne è testimone.

Mattia Pasquini di 35mm: In the Valley of Elah: Sfide quotidiane top. (…) Scene note, dinamiche viste, drammi già analizzati. Soprattutto quelli dei reduci. Il solito approccio xenofobo ‘primomondista’ resta una caratteristica da tenere, sullo sfondo magari, insieme a certo corporativismo militare, revisionismo strumentale e cronache dall’inferno che fanno da cornice – prevedibile ma funzionale – a un dramma da raccontare a tutti, amanti del thriller e dell’intrattenimento. (…) Di fatto Tommy Lee Jones raccoglie intorno a sé una serie di linee narrative piuttosto classiche e una struttura intrigante ed intricata, nella miglior tradizione da giallo ‘militare’. Particolarmente credibile ed a suo agio in un ruolo così duro ed ‘all american’, risulta il miglior strumento per una dissezione di (il)logiche usuali e aberrazioni ‘straordinarie’, facilmente riassunte dalla stessa sceneggiatura con un lapidario “è l’esercito, tutto è possibile”.

Pierpaolo Simone di MyMovies: Il ritorno di Paul Haggis alla regia, Oscar alla sceneggiatura per Crash – Contatto fisico, è di quelli che non passano inosservati. Una penna impeccabile che muove delicatamente la macchina da presa, una storia che mette in gioco tutto: paure, veleni, ingiustizie, scomode verità e tanto orgoglio ferito. Una costruzione narrativa che non può essere scalfita sotto nessun punto di vista: intreccio, pathos, commozione, citazioni bibliche (il titolo riprende l’episodio biblico fra Davide e Golia consumatosi nella valle di Elah), sono impeccabili e rendono il film privo di qualsivoglia smagliatura. Ed è proprio questa innata perfezione, questo classico dai toni sommessi che arriva fino alle viscere di un pubblico di larghissimo consumo, che suscita, se non delle perplessità, almeno delle domande. La perfezione non è di questo mondo e Haggis lo sa. (…) Ed è qui, in questa corsa all’impazzata verso il cuore di ognuno di noi, che Haggis incappa nella stessa trappola che tende allo spettatore. Una genuinità così costruita che non lascia il tempo e lo spazio per riflettere davvero su ciò che veramente è stato e su ciò che sarà. Magari dieci anni fa sarebbe stato diverso, ma per ora, quel che è certo, è un posto assicurato nella valle degli Oscar.

Maurizio Porro de Il Corriere della Sera: Ha ragione Paul Haggis, regista di Crash, sceneggiatore del miglior Eastwood: questo non è un film sulla guerra in Iraq ma sulle ripercussioni che essa ha sull’ intero paese e sul suo tasso morale. Guerra in interni, nella coscienza infelice del veterano del Vietnam che cerca il figlio misteriosamente scomparso al ritorno dal fronte iracheno, missing in una base del New Mexico. Si faranno atroci scoperte, interrogando i commilitoni ed usando i cellulari, mentre l’ autore mixa i generi delegando l’ ancestrale commozione all’ immenso talento di Tommy Lee Jones: dovrebbe far causa ai giurati di Venezia per non averlo premiato. Brava e dolente Susan Sarandon ma la scoperta è la detective Charlize Theron madre del piccino cui si racconta la storia di David e Golia, nella valle di Elah: ogni riferimento non è casuale. Film meraviglioso che mette in discussione il patriottismo oggi e mostra le ferite etiche dell’America. Voto 8,5.

valle di elah tommy lee jones charlize theron Roberto Escobar de Il Sole-24 Ore: È chiuso dentro di sé come in una corazza, l’Hank Deerfield (Tommy Lee Jones) di Nella valle di Elah ( In the Valley of Elah, Usa, 2007, 121′). A niente sembra arrendersi, nemmeno allo strazio del suo Mike (Jonathan Tucker), fatto a pezzi in un prato polveroso, vicino alla base di Fort Rudd, in New Mexico. Non ha lacrime negli occhi, ma solo una volontà caparbia di sapere. Da chi è stato ucciso quel figlio tanto amato? E che cosa ha visto in Iraq, prima di tornare in patria? Di padri e di figli, di durezze eroiche e di orrori: di questo ci raccontano Paul Haggis e il cosceneggiatore Mark Boal.

Lietta Tornabuoni de La Stampa: Così “Nella valle di Elah” (il titolo è una citazione dalla Bibbia, indica il luogo dove il ragazzo Davide affrontò il gigante Golia) racconta non soltanto lo spavento e il dolore delle famiglie dei militari americani in Iraq, ma anche la loro diffidenza verso gli alti gradi dell’esercito e l’irresponsabile vuoto (droga aiutando) dei soldati stessi, la loro facilità alla ferocia. Scritto molto bene (il regista è stato sceneggiatore di Clint Eastwood) è pieno di tensione e assai utile. Ha pure momenti terribili: quando la madre del soldato esige di vedere il cadavere del figlio, le vengono mostrati pezzi di carni bruciacchiate, annerite, irriconoscibili come parti di un uomo.

Claudio Carabba – Corriere della Sera Magazine: Sceneggiatore e regista da Oscar (Crash) Paul Haggis aveva già riflettuto sul valore allegorico dei vessilli, scrivendo per Eastwood Flags of Our Fathers, primo atto delta cupa ricostruzione della battaglia di Iwo Jima. Ora Haggis salta all’agro malessere della guerra dell’Iraq. La trama è essenziale. Un giovane marine, tornato vivo dal Medio Oriente, scompare misteriosamente nel campo-base, vicino a casa. Tommy Lee Jones, con la sua faccia di pietra, è il padre (un vecchio poliziotto, già reduce dal Vietnam) che parte alla ricerca del ragazzo: un uomo forte insomma, che conosce bene il prezzo del dovere e le regole d’ingaggio.

Roberta Ronconi – Liberazione: Con un finale tra i più incisivi dell’ultimo cinema americano, Nella valle di Elah di Paul Haggis (autore del sopravvalutato Crash e sceneggiatore dell’Oscar Million dollar baby ) si offre allo spettatore europeo come un film emozionante e coraggioso.

Roberto Nepoti – La Repubblica: Traumatizzante: non solo per la sorte del ragazzo, ma per la luce sinistra che l’inchiesta proietta sulla nuova “sporca guerra”; nonché sul deserto di senso in cui l’America abbandona i suoi giovani soldati, antieroici martiri di una “causa” che non ha nulla di nobile, né di giusto. Ormai (vedi l’episodio biblico narrato nel film) è Golia a sconfiggere Davide. C’è un’altra faccia, ma una sola, che riusciremmo a immaginare al posto di quella di Tommy Lee Jones nella parte del protagonista, ed è la faccia di Clint Eastwood.