Neri Parenti smentisce Barbera: “il cinema italiano è di qualità.”
Alberto Barbera: “I film italiani? Molto raffazzonati”. Neri Parenti “meno risorse ma la qualità c’è”.
Pochi giorni fa, Alberto Barbera, Direttore del Festival di Venezia aveva commentato negativamente lo stato di salute del nostro cinema, lamentando che su 155 film e 77 documentari che gli sono stati sottoposti “rispetto all’anno scorso erano di qualità decrescente e anche opere molto attese si sono dimostrate al di sotto delle aspettative.”
Barbera, uomo solitamente diplomatico e dalle dichiarazioni pacate, questa volta ci è andato giù pesante e Neri Parenti, decano della commedia italiana e re dei cinepanettoni ha deciso di replicare sulle colonne del quotidiano Il Giornale:
“I film italiani che ho visto io quest’anno sono l’esatto contrario di quello che dice Barbera. Penso ai film di Sorrentino, Tornatore, Salvatores. Qui la qualità era al massimo, da tripla A, da tutti i punti di vista a partire da quello recitativo.”
Il regista fiorentino, chiama in causa i pesi massimi del nostro cinema, ma la di là dei soliti noti Barbera si riferiva a una mancanza di qualità generalizzata derivata anche da una penuria di risorse:
“E’ vero che si sono ridotti i finanziamenti ma oggi si possono fare più film con meno risorse. Però certo se ci sono meno soldi per fare i film commerciali che faccio io figuriamoci per quelli da festival. Le paghe sono più basse, si fanno meno inquadrature, la qualità fotografica è un po’ più scadente. Nonostante questo però facciamo di tutto per mantenere uno standard alto anche se si tratta di film che non andranno mai a un Festival come quello di Venezia.”
Il problema dei finanziamenti è ormai un leitmotif costante dei nostri addetti ai lavori anche se, come personalmente già sostenuto, i soldi non generano buone idee o buone sceneggiature, anche se sicuramente servono poi per realizzarle al meglio. La distinzione poi tra “film da festival” e non, è alquanto opinabile, ma Neri Parenti puntualizza:
“Secondo me le commedie non sfigurerebbero a Venezia, penso ad esempio a un film come Immaturi. La verità è che i festival sono diventati molto noiosi, si sono trasformati in torri di Babele in cui entrano solo i sacerdoti. Luoghi dove magari si discute sul sesso degli anglei mentre tutto intorno crolla, un po’ come accadeva con i teologhi bizantini.”
Il paragone è affascinante e da un certo punto vista condivisibile: i festival che contano raramente aprono le loro porte al cinema popolare, ma d’altra parte la loro autorevolezza deriva anche dalle barriere che li circondano. Inoltre non è del tutto vero che la commedia sia vietata ai festival e a Venezia è stato giusto presentato L’arbitro (leggi la recensione) nella giornata inaugurale. Tra l’altro girato da un regista esordiente, Paolo Zucca. Nel 2011 Venzeia aveva aperto le porte, con scelta poco felice, a Ezio Greggio e il suo Box Office 3D, uno dei peggiori film dell’anno.
Indubbiamente i festival, Venezia in primis, non devono rinchiudersi in una torre d’avorio che li isoli dalla realtà, imponendo canoni estetici asfittici e lontani dal gusto collettivo, ma d’altra parte non possono nemmeno abbassarsi al “panem et circensem”, altrimenti perderebbero di credibilità. La soluzione, ancora una volta, sta nelle mani, nelle menti e nei volti dei nostri registi, sceneggiatori e attori che devono sforzarsi di alzare l’asticella dalle facili brutture cui ormai ci stanno abituando.