Nobody Wants the Night: recensione in anteprima del film d’apertura di Berlino 2015
Festival di Berlino 2015: Isabel Coixet porta sul grande schermo la storia della moglie dell’esploratore Robert Peary, interpretata da Juliette Binoche. Ma Nobody Wants the Night non trova una sua identità e fatica a uscire da un netto didascalismo di fondo. Film d’apertura fuori concorso.
Groenlandia, 1908. Josephine, moglie del famoso esploratore Robert Peary, incomincia un viaggio in cerca del marito deciso a raggiungere finalmente il Polo Nord. Incurante dei consigli dei viaggiatori con ben più esperienza di lei, la donna riesce comunque ad arrivare alla base dove il marito dovrebbe trovarsi. Ad aspettarlo, visto che l’uomo ancora non è tornato indietro, resterà solo una donna Inuit di nome Allaka…
Ma che cos’è il nuovo film di Isabel Coixet? Cosa vuol dire esattamente, e qual è la sua identità? Se si tratta di un apologo contro il colonialismo non è che serva poi a molto. Se vuole essere un film femminile su una donna che parte e si scontra con la ‘vita’ e tutte le sue fragilità, bisognerebbe forse confrontarlo con il discusso Wild. Però c’è anche un altro personaggio femminile, e allora le cose si complicano (si fa per dire).
Nobody Wants the Night inizia come un film di Herzog (e chissà se ci saranno paragoni con Queen of the Desert, in concorso tra poche ore proprio a Berlino) e finisce nei territori del survival movie. L’impalcatura però si fa presto teatrale, visto che dai grandi paesaggi innevati che hanno fatto da sfondo alla cavalcata di Josephine per arrivare alla base del marito la Coixet passa a rinchiudere le due donne protagoniste proprio dentro la base stessa.
Ed è ovviamente in questa seconda parte del film che tutti i nodi vengono al pettine. Pure troppo. In questo confronto prima forzato e poi ricercato tra le due donne, che hanno molto più in comune di quello che avrebbero potuto immaginare, esce fuori tutta l’anima didascalica dell’opera, a cui la regista non riesce neppure a dare la forza giusta per tirarla avanti per due ore.
La sceneggiatura di Miguel Barros tra l’altro ha tante frasi da ‘spiegone filosofico’, giusto per non perdersi neanche una tematica. Indovinate un po’? Non vi aspettavate mica che uno dei personaggi pronunci a un certo punto il titolo del film, no? L’impressione è in fin dei conti quella di trovarsi a guardare un film che ha tutte le migliori intenzioni, per carità: chi ha ancora dubbi sui danni del colonialismo bianco, e chi non vorrebbe ruoli femminili sempre forti? Ma la penna pesante di Barros e la mano pesante della Coixet fanno danni.
Il fatto è che di base Nobody Wants the Night una vera identità non ce l’ha. Vorrebbe essere tutto quello di cui prima (film femminile, film sui danni del colonialismo bianco, film ‘alla Herzog’ e quindi anche sulla Natura), ma si fa fatica a comprenderne la necessità. Sicuramente la Coixet crede in queste due donne agli antipodi, però poi fa recitare Juliette Binoche e Rinko Kikuchi in modalità piuttosto machiettistica.
A tratti pare che il film voglia risvegliarsi dal torpore, e le ambientazioni della prima parte possono anche ripagare almeno la vista. Comunque ci si ritrova quasi sempre a cercare una coerenza che non esiste e un fremito che non arriva mai. Anche perché la colonna sonora ben volentieri prova a sopperire a questa mancanza senza peraltro mai riuscirci.
Il finale è amaro e affatto ‘facile’, e prova a tirare le fila di tutto ciò che è stato detto in modo zoppicante fino alla fine. Finché la regista non decide di chiudere il tutto con tre o quattro didascalie in stile ‘che fine hanno fatto le persone che hanno ispirato i personaggi’ e un ennesimo spiegone didascalico. Ma quindi lo spettatore che ci sta a fare in sala se trova tutta la pappa pronta?
Voto di Gabriele: 4
Nobody Wants the Night (Spagna / Bulgaria / Francia 2015, drammatico 118′) di Isabel Coixet; con Juliette Binoche, Rinko Kikuchi, Gabriel Byrne, Orto Ignatiussen, Matt Salinger.