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Noi 4: Recensione del film di Francesco Bruni

Dopo Scialla! Francesco Bruni torna alla regia parlandoci di crisi familiare, senza però farne un dramma. Noi 4, ossia la stessa storia da quattro prospettive diverse

pubblicato 24 Marzo 2014 aggiornato 31 Luglio 2020 03:11

Siamo nella Roma dei giorni nostri; immensa, luminosa, dal fascino che non tollera artifici. In questa Roma quattro persone, alle prese con le rispettive routine, aggiungono alle proprie preoccupazioni quella di riconciliarsi. Con sé stessi, prima ancora che tra loro. O forse malgrado loro. Noi 4 ci parla di questa famiglia, una come tante ce ne sono: padre, madre, figlio e figlia che sono tali solo sulla carta. Sì perché Lara (Ksenia Rappoport) ed Ettore (Fabrizio Gifuni) vivono in due case diverse per via di incompatibilità che in un primo momento si riassumono in «tuo padre s’è fatto ‘na ragazzina», salvo poi scoprire che c’è dell’altro e che chiaramente il discorso non finisce lì.

Francesco Bruni si dà a tale contesto con le credenziali di chi ha un certo occhio per la scrittura, sia dei personaggi che delle dinamiche interpersonali. Il suo, come già visto in Scialla!, è un cinema che non cerca di compiacersi, di farsi bello o magari interessante. Interessante lo è semmai nella misura in cui riesce a ricalcare spicchi di quotidianità, frammenti di personalità a noi vicine, a chi più a chi meno.

Intento encomiabile il suo, che però anche stavolta, così come nel suo primo film, si scontra con il dislivello tra le potenzialità da sceneggiatore e quelle da regista. Bruni non riesce a dare seguito ad un film che sulla carta rappresenta una buona amalgama di realtà e finzione, con maggiore enfasi sulla prima incanalata attraverso i mezzi propri della seconda. Poco si può infatti rimproverare ad una scrittura che riesce a restituire dei personaggi e delle situazioni verosimili senza calcare la mano sul dramma che ciascuno di loro sta vivendo, evitando al tempo stesso di scadere nell’insulsaggine ottimista di chi in certi casi affida tutto alla retorica calmante. Il tutto, con una semplicità a dire il vero non molto incisiva.

Infatti c’è poi quell’altro livello, quella sorta di strato ulteriore, che va oltre le immagini stesse. Ed allora le fisime e le paranoie che acuiscono la scontrosità dell’ansiosa ed infaticabile Lara fanno di lei una sorta di parodia di sé stessa, o per lo meno del suo profilo; Ettore è un ventenne nei panni di un quarantenne, trovatosi padre dall’oggi al domani con solo onori e nessun onere; Emma, la figlia più grande, attraversa quella fase in cui la fuga dall’ordinario è considerata l’unica via possibile; Giacomo è il ragazzino sensibile che quanto ad intelligenza e buon senso batte tutti gli altri tre.

E l’aspetto meno edificante in tutto ciò è che il discorso imbastito da Bruni è in realtà sembra più complesso di così, basandosi su descrizioni meno rigide rispetto a quanto non ci restituiscano le immagini. La comprensibile esigenza di tagliare quanto più possibile al fine di arrivare al nocciolo è un intento lodevole ma la cui efficacia resta vincolata in premessa. Come se qualcosa fosse andato storto in fase di filtraggio, certe uscite e certe situazioni perdono di mordente una volta mostrate. Certo, è innegabile che in tal senso giochi un ruolo determinante la poetica di Bruni, che talvolta quasi ostenta la semplicità di cui sopra.

Ed è un peccato perché Bruni non si ripara poi così male da quella che potrebbe essere scambiata per superficialità e che invece non di rado denota una certa delicatezza, quasi come se volesse essere meno indiscreto possibile in questa sua intrusione familiare – regola alla quale “contravviene” in parte solo sul finire, quando sbircia su un amplesso piuttosto telefonato.

Un film corale fatto anche e soprattutto di comprimari, perché nessuno dei personaggi avrebbe retto basandosi esclusivamente su certe dinamiche interne. In questo Bruni si guarda bene dall’osare, recuperando uno schema alquanto rodato, per cui ogni personaggio che orbita attorno a ciascuno dei quattro protagonisti finisce, consapevolmente o meno, con l’avere un peso determinante ai fini delle rispettive “crescite”. Senza Alberta Lara continuerebbe a coltivare il suo complesso verso le ragazze più giovani; senza il personaggio di Gianluca Gobbi Ettore non si troverebbe, forse per la prima volta, solo davanti a sé stesso e ai suoi fallimenti; Emma senza il regista teatrale non sarebbe tornata coi piedi per terra; mentre Giacomo deve confrontarsi con la sua prima vera cotta per Xiaolian pur di fare un primo, concreto passo verso l’adolescenza.

Alla luce di tutto ciò si può ben dire allora che Noi 4, prima ancora che un film incentrato su una famiglia contemporanea, è un film incentrato sulle relazioni. Quelle extrafamiliari. Quasi a volerci dire che un nucleo familiare non è mai sufficiente a sé stesso se non sorretto da un ambiente che lo “riscaldi”. Una chiusa plausibile ma che si percepisce soltanto, senza essere spiattellata, proprio perché in fondo si pensa alle vite di Lara, Ettore, Emma e Giacomo come a delle linee rette di cui ci è dato assistere ad un solo segmento: quello che dura una giornata. Una giornata di incontri e scontri, ma comunque di relazioni. Un discorso che a questo punto tende a delineare i contorni del vero interesse di Francesco Bruni, al quale manca ancora però quella solidità, in termini di messa in scena, che alla fine fa comunque la differenza.

Voto di Antonio: 5

Noi 4 (Italia, 2014) di Francesco Bruni. Con Ksenia Rappoport, Fabrizio Gifuni, Lucrezia Guidone, Francesco Bracci, Raffaella Lebboroni, Milena Vukotic, Gianluca Gobbi e Giulia Li Zhu Ye. Nelle nostre sale dal 20 marzo.