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Noi siamo Francesco: recensione in anteprima

La disabilità letta in chiave leggera ma rispettosa, bazzicando i lidi di amore e amicizia in Noi siamo Francesco, secondo lungometraggio di Guendalina Zampagni

pubblicato 17 Giugno 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 14:54

Parlare di disabilità al cinema a tutt’oggi non è affare semplice, non tanto perché tabù o per logiche di chissà quale tipo: è che trattasi di un ambito delicato, dove il confine tra indagine seria e ricostruzione intrisa di buoni sentimenti è molto labile. Noi siamo Francesco ha per protagonista un ragazzo senza braccia (Mauro Recanati); non sappiamo perché, né come, bensì veniamo catapultati nella quotidianità di questo giovane universitario alle prese con problemi e limitazioni connesse alla sua condizione.

Una condizione la cui descrizione, da fuori, è complessa, aspetto che la regista Guendalina Zampagni non nega, anzi, in almeno due occasioni spiattella per bocca del diretto interessato con un tono quasi liberatorio, come a dire che è inutile cercare di confinarlo ad una normalità forzata quando evidentemente Francesco non è ragazzo come tutti gli altri. No, ma nemmeno si discosta dal profilo che siamo soliti immaginare o che è si è soliti veicolare nelle conversazioni a tema: bravissimo ragazzo, sensibile, coscienzioso, pieno di qualità che, non lo si dice ma lo si pensa, gli derivano per forza dalla situazione in cui si trova.

Difatti i personaggi più interessanti sono altri, non Francesco. Stefano (Gabriele Granito) per esempio, che il più delle volte tende a rubare la scena per via della sua esuberanza mista a cialtroneria, che ne fanno un personaggio simpatico a pelle, a volte anche troppo. A Grazia (Elena Sofia Ricci), la madre, non mancano i problemi, a tal punto accusa la condizione del figlio; tanto da voler ingerire, come fanno dei bravi genitori, che per eccesso d’amore spesso commettono errori. A non voler pensare che la sceneggiatura di Noi siamo Francesco sia letteralmente guidata dai suoi personaggi, bastino alcune scelte in termini di messa in scena, che predilige in larga parte gli interni.

Proprio dal punto di vista registico c’è da fare qualche appunto, in positivo. Senza prodursi in misure pirotecniche, si avverte nella mano della Zampagni la volontà di discostarsi dal solito stile, così asettico, tradizionale nell’accezione peggiore del termine di svariate produzioni italiane, in questo senso troppo ancorate al format televisivo. Carrelli, scelte di montaggio quel tanto che basta più “coraggiose”, ricorso ponderato ai brani musicali; il tutto senza strafare. Ulteriore segnale di un gruppo cineasti emergenti, sebbene la Zampagni non sia esattamente tale, che tenta in ogni caso di emanciparsi da un sistema che per troppo tempo ha frustrato certe “licenze”, mentre ultimamente si avvertono timidi accenni a un cinema se non altro meno “scriptato”, da catena industriale per così dire (vedasi Ho ucciso Napoleone di Giorgia Farina o l’acclamato Smetto quando voglio di Sidney Sibilia, opere che specie in tal senso rilevano e molto, a prescindere da qualsivoglia giudizio).

Noi siamo Francesco si aggiunge perciò a questa sfilza di titoli che quantomeno cercano di uscire la testa, anche se ancora siamo lontani dal film robusto, ineccepibile, che si erge rispetto ad una sempre instabile media. Perché il lavoro della Zampagni ha i suoi momenti di stanca, dove effettivamente un po’ si trascina, girando intorno senza dare ragione del perché lo faccia. Leggermente sottotono pure quando si tratta di tirare le fila del discorso, che con un certo pudore si collega al sesso, sebbene di relazioni, le più svariate, si parli. Optando tuttavia per risoluzioni che appaiono affrettate, quasi si volesse chiudere a tutti i costi un cerchio con spiegazioni o diagnosi che stessero lì a motivare il malessere della madre (fastidiosa, infatti, la figura dello psicoterapeuta, che compare forse due volte… entrambe di troppo).

Al netto di quanto appena evidenziato, si avverte comunque in alcuni punti quel pizzico di autenticità il cui merito va riconosciuto non solo alla regista, ma soprattutto agli attori probabilmente, specie Granito, giovane che, se disciplinato a dovere, potrebbe concedere soddisfazioni in futuro. Fosse anche per questi sprazzi di realismo controllato ma efficace, Noi siamo Francesco si pone come una discreta opera che deve pure confrontarsi con un contesto, come accennato in apertura, tutt’altro che agevole da bazzicare. Per concludere, degna di menzione la computer grafica, condotta abilmente ed inserita pure con giudizio.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”6″ layout=”left”]

Noi siamo Francesco (Italia, 2015) di Guendalina Zampagni. Con Elena Sofia Ricci, Mauro Racanati, Gabriele Granito, Mariolina De Fano, Cristiana Vaccaro, Diletta Acquaviva, Gelsomina Pascucci, Paolo Sassanelli e Luigi Diberti. Nelle nostre sale da giovedì 25 giugno.