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Notes on an Appearance, recensione: mistery politico nella New York intellettuale

Appunti su una sparizione, che nel titolo diventa il suo contrario. Già qui il lavoro di Ricky D’Ambrose si mostra corroborante proprio in virtù delle sue volute, opportune contraddizioni

pubblicato 30 Aprile 2019 aggiornato 29 Luglio 2020 19:41

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«Un breve saluto da Milano». Che linea di dialogo affascinante; e quanti film si potrebbero introdurre con essa. Il debutto di Ricky D’Ambrose, che di corti ne ha girati svariati nel corso degli anni, è di quelli solidi, che confermano la presenza di una voce. A dispetto del Notes on an Appearance di cui al titolo, poi, la storia orbita in realtà attorno a delle sparizioni, vere e/o presunte.

Anzitutto quella del professor Stephen Taubes, un politologo oltremodo controverso, anarchico, che ha pubblicato libri i quali incitano ad una sorta di ribellione violenta (non a caso uno dei libri pubblicati s’intitola proprio Violence and Its Valances. Nel clima odierno recepito perciò come un terrorista, ancor più in considerazione dell’ascendente che tendono ad avere certi personaggi. Quando Taubes, a David (Bingham Bryant) viene assegnato il compito di portare avanti una ricerca. Senonché anche quest’ultimo, improvvisamente, scompare.

Film narrativamente elusivo, vuoi perché fiancheggia D’Ambrose il mistery, vuoi perché la scelta precisa è quella di condurci verso un punto anche se l’approdo non è quello. Per dirne una, Notes on an Appearance è un film che s’attarda su argomenti di natura politica, quantunque la narrazione voli ben più basso, dato che in fondo si tratta della ricerca di Todd (Keith Poulson), il coinquilino di David che, quando non ha più notizie di quest’ultimo, s’allarma e comincia a chiedere in giro.

La cifra di D’Ambrose è vintage non solo nello stile ma anche nella materia con cui plasma questo suo esordio: articoli di giornale, biglietti e cartoline dovunque. Un film fatto letteralmente con la carta insomma. Austero come un Bresson, Notes on an Appearance si porta a spasso una parte consistente di cinema indie americano che pare davvero avere qualcosa da dire, ma che, pur sforzandosi, ci riesce raramente, incagliato com’è in una sorta di format oramai troppo familiare per arpionarci come dovrebbe.

D’Ambrose invece è colto, forse a tratti anche troppo, una delle anime di questo suo primo lavoro, che infatti non sempre viene tarata a dovere, rischiando di imporsi pure laddove non sarebbe necessario (viene da pensare al panel con i tre giovani scrittori/traduttori/giornalisti). Eppure il film brulica di suggestioni, con questo suo approccio indiretto a più di un argomento, tutti legati in qualche strano modo, funzionale perché essenzialmente mai banale. Molti giovani registi non di rado mimano l’atto di girare un film: non Ricky D’Ambrose, che invece ne crea uno suo quasi da zero. Uno di quelli su cui gli aspiranti filmmaker farebbero bene a tornare di tanto in tanto, non per replicarlo (ci mancherebbe!), ma per studiarne l’approccio.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”9″ layout=”left”]

Notes on an Appearance (USA, 2018) di Ricky D’Ambrose. Con Eleanore Pienta, Keith Poulson, Kathryn Danielle, Tallie Medel, Michael M. Bilandic, Lorelei Ramirez, Bingham Bryant, Zia Anger, Madeleine James e James N. Kienitz Wilkins.