Nymphomaniac – Volume 2: recensione in anteprima del film di Lars von Trier
E adesso arriva il bello! Continua la storia di Joe, la donna ninfomane interpretata da Charlotte Gainsbourg di cui scopriamo la vita intera. Nymphomaniac – Volume 2 è più tosto, più forte, più hardcore del primo. Più Lars von Trier. Non a caso fa molto più discutere del precedente e divide molto di più critica e pubblico. Bene così!
“… e temo che ci sarà una morale.”
Joe, Nymphomaniac – Volume 1
C’è un momento in Nymphomaniac – Volume 2 che mi sembra illuminante, o almeno conferma l’operazione del film (inteso nella sua interezza). Joe è ancora sul letto, e Seligman sta per ascoltare l’ultimo capitolo della sua storia. Ma Joe non ha più oggetti in casa da usare come ispirazione per il titolo del capitolo. Seligman le dà un suggerimento: potrebbe guardare un oggetto o qualcosa da un’altra posizione, cambiando prospettiva…
Come ci si attendeva alla fine del Volume 1, Nymphomaniac – Volume 2 cambia registro e si fa più tosto, più forte, più hardcore. Più Lars von Trier. Questa seconda parte rappresenta sì la quadratura del cerchio, in cui alcune idee della prima si rivelano ovviamente fondamentali per illuminare molte cose qui presenti: ma è anche il “rovesciamento” della parte precedente. Proprio così: il Volume 2 è il momento che costringe a rivedere le cose da un’altra prospettiva.
A che punto del racconto eravamo rimasti? Joe non riesce più a provare nessuna stimolazione fisica, figurarsi l’orgasmo!, proprio nel momento in cui nella sua vita rientra Jerome, il suo unico amore. I due decidono comunque di andare a convivere assieme, e il ragazzo deve iniziare a fare i conti con la vita di Joe: la sua impossibilità a provare piacere, e poi gli amanti che la chiamano costantemente.
Tre ulteriori capitoli (La Chiesa d’Oriente e d’Occidente (L’Anatra Silenziosa); Lo specchio; La pistola) che confermano quel che pensavamo alla fine del Volume 1: il bello inizia ora. La seconda parte di Nymphomaniac resta un’opera calcolatissima tanto quanto la prima, eppure la sensazione è che sia comunque più “libera”. Sarà una sensazione che von Trier ha messo in conto (pure questo!)?
Nel suo racconto, Joe si scorda dettagli (l’anatra silenziosa!), va avanti, salta, aggiunge dettagli al momento sbagliato (“avevo fretta di arrivare al capitolo conclusivo”). Ma rispetto alla prima parte il racconto è comunque più fluido, e fila via liscio nonostante le digressioni di Saligman nella prima parte prendano spesso il sopravvento. Joe se ne accorge e si chiede se l’uomo la stia ascoltando per davvero, se non sia “eccitato” più per i suoi paragoni che per i racconti erotici.
Seligman si definisce asessuato. Non ha mai avuto esperienze né con donne né con uomini. Ha provato a masturbarsi da giovane, certo, ma non gli interessava granché. Ritiene l’idea del sesso interessante, come ritiene interessante l’idea di religione, anche se non crede in nessun dio. Seligman è lo spettatore perfetto, lo spettatore ideale per sentire la storia di Joe: è innocente, quindi la sua visione e il suo giudizio sul racconto della donna non è “distorto” dalle proprie esperienze.
Ma se lo spettatore ideale è Seligman, lo spettatore in sala non lo è? Figurarsi il critico! Nella sua opera più conscia e autoanalitica (di sé, del suo cinema, del Cinema), Lars von Trier arriva finalmente al succo del discorso: la visione dello spettatore rispetto al sesso è distorta e filtrata da anni di teorie, immaginario collettivo, tabù e immagini-stereotipo. È a suo modo geniale in questo senso il momento in cui Joe, attratta dall’idea di fare sesso con persone senza poter condividere lo stesso linguaggio, fa sesso con due neri.
Si tratta del primo attacco scoperto del regista al politicamente corretto. Lo fa con l’immagine e la situazione di uno dei cliché più abusati dell’immaginario (porno) collettivo, salvo poi buttarla in farsa. Ne esce ancora una volta comunque – anche attraverso la farsa, che da sempre è parte della sua poetica – la sua visione del mondo, della società e dei borghesi.
In questo palese botta-e-risposta tra psicanalista e paziente (in cui lo psicanalista però non c’è), in cui ci si racconta e si parla a ruota libera, von Trier infila sì la sua ennesima critica all’ipocrisia e alla morale borghese, ma si pone anche delle domande. Domande umane-troppo-umane, per questo spesso banali, per questo a volte sorprendentemente sincere. Un film spiegato, dialogato, con interi discorsi di riflessioni e chiarificazioni sulle proprie posizioni: fosse un altro ad averlo diretto lo prenderemmo per pazzo.
Moralista? Stiamo parlando di Lars von Trier, e la questione è sempre aperta. “Odio i sentimentalismi”, dice Joe parlando durante uno dei momenti emotivamente più forti dell’opera, anche se l’avevamo lasciata finalmente innamorata. Senz’altro il Volume 2 porta a pensare che ci sia un cambio di rotta rispetto alla leggerezza del primo capitolo: ma chi accusa ancora di misoginia e di sessuofobia il regista deve aver visto un altro film.
Lars von Trier si pone domande, le vomita e le mette sul tavolo. Poi invita lo spettatore a guardare le cose da un’altra prospettiva (eccola!): come nella scena del pedofilo, tra le cose più rischiose e lucide che il regista abbia forse mai scritto. Il percorso che fa fare a Joe è una “blasfema” Via Crucis in cui inevitabilmente si va verso la punizione. Tra Chiesa d’Oriente, o “della gioia”, e Chiesa d’Occidente, o “della sofferenza”, prevale senz’altro la seconda come punto di vista.
La storia di Joe non è certo molto diversa da quella di Bess, Selma o la donna di Antichrist. Come tutte le altre “eroine”, qui c’è ancora una volta un percorso punitivo che porta alla redenzione solo dopo la sofferenza. Però Joe è molto cosciente di chi è e di cosa fa: “Mi chiamo Joe, e sono una ninfomane”, “Sesso-dipendente. Noi qui diciamo sesso-dipendente”, “Mi chiamo Joe e sono una ninfomane!”.
Joe è disposta a tutto pur di essere sé stessa, coerente con la sua natura e i suoi principi (ricordate il “Mea maxima vulva”?). Ha vissuto, ha imparato, ha persino amato. È disposta anche a buttare al vento il proprio ruolo di madre (poi Jerome non sarà certo “migliore” di lei…): e per la società è disdicevole che una madre abdichi al suo ruolo, tanto più se è una ninfomane! Però come la mettiamo se lo stesso percorso sessuale e di vita di Joe l’avesse fatto un uomo?
Mai come con Nymphomaniac il regista è stato così poco manipolatore, pur continuando estremamente a manipolare il pubblico. Nymphomaniac – Volume 2 è puro, purissimo Lars von Trier, nel bene e nel male, nelle trovate geniali e nelle banalità didascaliche. Provoca e gioca, si autocita (delirante e bellissima l’autocitazione di Antichrist con Lascia ch’io pianga, ancora più riuscita visto che finisce come meno te l’aspetti), abbonda di omaggi a Tarkovskij e Pasolini.
Alla fine certo che c’è una morale. La chiusa finale, che è la cosa più semplice e didascalica che Lars abbia mai concepito (con tanto di autocitazione da Dogville?), è forse comunque l’unica soluzione per chiudere l’opera. Una chiusa che ti espone sì una morale: però non la morale del racconto privato di Joe, ma del suo percorso all’interno della società. E c’è una gran bella differenza. Oppure è semplicemente… un’altra prospettiva!
Resta da capire quanto la visione spezzata in due abbia effettivamente giovato al film nella sua interezza. Chi scrive ritiene che la seconda parte, anche grazie a tutto il segmento con Jamie Bell – quello più graphic ed estremo – funzioni meglio anche a livello epidermico rispetto al Volume 1. Forse Nymphomaniac però funziona davvero come Melancholia: prima parte preparativa, seconda emotiva. Poi qui c’è tutta Charlotte Gainsbourg, e non è mica una carta di poco conto.
Per ora noi ci limitiamo a recensire i due volumi come due film separati, così come ce li hanno presentati. Qui trovate la recensione del Volume 1.
Voto di Gabriele: 9
Voto di Federico: 6.5
Nymphomaniac – Volume 2 (Nymphomaniac: Vol. II, Danimarca / Germania / Francia / Belgio, 2013, drammatico, 118′) di Lars von Trier; con Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Jamie Bell, Stacy Martin, Willem Dafoe, Mia Goth. In sala dal 24 aprile 2014.