One Direction: This Is Us – Recensione in Anteprima
Harry Styles, Zayn Malik, Niall Horan, Louis Tomlinson e Liam Payne, ovvero 5 ragazzini inglesi riusciti a trasformarsi in giovani ‘miti’ di una generazione. Ecco gli One Direction
Da una parte 5 adolescenti artisticamente nati grazie un talent britannico nel 2010, arrivando ‘solo’ terzi per poi vendere decine di milioni di copie con i rispettivi due album di inediti e guadagnare circa 50 milioni in 36 mesi; dall’altra un regista nel lontano 2004 balzato agli onori della critica cinematografica grazie ad un documentario finito agli Oscar, Super Size Me, vincitore al Sundance, costato appena 60.000 dollari e riuscito ad incassare oltre 30 milioni di dollari in tutto il mondo.
Se i primi si chiamano One Direction, il regista in questione fa Morgan Spurlock all’anagrafe, visto poi in sala con Che fine ha fatto Osama Bin Laden?, Come ti vendo un film e lo spassoso Comic-Con: Episode IV – A Fan’s Hope. Se vivessimo in un mondo ‘normale’ queste due ‘entità’ non dovrebbero/potrebbero mai incontrarsi, se non per puro caso, se non fosse che nel mondo dello show business tutto sia possibile. Ed è qui che nasce One Direction: This Is Us, docu-concerto interpretato da Harry Styles, Zayn Malik, Niall Horan, Louis Tomlinson e Liam Payne, per settimane ‘seguiti’ come ombre in giro per il Pianeta proprio da lui, Morgan Spurlock.
Esplosi negli ultimi anni (tutto ebbe inizio con il folle ed inatteso boom di Hannah Montana/Miley Cyrus: Best of Both Worlds Concert Tour, nel 2005 riuscito ad incassare oltre 65 milioni di dollari solo nei cinema d’America), i docu-concerti sono diventati assai frequenti all’interno dell’industria cinematografica hollywoodiana. Da Justin Bieber ai Jonas Brothers, fino al postumo This is It legato a Michael Jackson, sempre più spesso abbiamo visto queste ‘biografie’ veneranti far soldi al box office, trainando in sala migliaia di fan particolarmente legati al cantante di turno. Con i One Direction, fenomeno musicale del momento, il passo si è reso quasi necessario. Le previsioni della vigilia parlano di record d’incassi pronti a cadere tanto in Inghilterra quanto in America, con un box office internazionale che potrebbe serenamente (e clamorosamente) abbattere il muro dei 200 milioni di dollari d’incasso worlwide. Priaticamente quanto fatto da The Lone Ranger, costato almeno 30 volte tanto.
L’intento di Spurlock & Co., è evidente e viene ribadito quasi fino alla nausa, vuole la rappresentazione dei 5 adolescenti per quello che sono. Ragazzi ‘normali’, cresciuti in famiglie appartenenti al ceto medio, ormai ricchi ma ancora legati a quella che era la propria personalità del 2010. Questi 5 giovanotti, in conclusione, non sono cambiati di una virgola, anche se amati da milioni di ragazzine sparse in giro per il Pianeta. E il regista questo fa, mostrandoci l’incredibile e folle fan-base che da sempre accompagna i One Direction, diventati celebrity ancor prima di avere un disco di inediti tra le mani. Roba da non crederci.
La One Direction Mania, va detto, non conosce motivazioni sensate ne’ logiche. Ciò che Spurlock mostrerà in 90 minuti di pellicola, tra una canzone e l’altra, sarà l’eccitazione che da mesi inonda i 5 ragazzi, presentatisi singolarmente ai provini di X-Factor, quasi 4 anni fa, ed ‘uniti’ da quel volpone di Simon Cowell, padre di tutti i talent musicali di quest’ultima generazione televisiva. Il risultato è stato inaspettatamente sbalorditivo. All’epoca poco più che quattordicenni, Harry, Zayn, Niall, Horan, Louis e Liam lasciarono la propria casa per andare a fare una semplice ‘audizione televisiva’. Ebbene da quel giorno sono tornati tra le proprie mura di casa non più di 10 volte. In quasi 4 anni.
Un tornado mediatico, sociale e di puro marketing che Spurlock è riuscito perfettamente a rappresentare, portandoci a bordo degli aerei e dei pullman che hanno scorrazzato i One Direction in giro per il Pianeta nell’ultimo anno e mezzo. Ogni giorno una tappa, ogni giorno un Paese, e loro lì a divertirsi, a ridere, a giocare, a scherzare, a confidarsi. Cinque sconosciuti diventati amici, fratelli, famiglia. La beatificazione dei buoni, carini, talentuosi e simpatici One Direction prosegue senza soste per un’ora e mezza, finendo così per diventare ripetitiva, causa mancanza di ‘contenuti’ da dover raccontare. Perché cosa avranno mai da dire del proprio passato un branco di adolscenti con 2 anni di carriera musicale alle spalle? Poco o nulla, anche perché ‘normali’, come Spurlock ci ha per l’appunto testardamente convinto che erano e sono, ancora oggi, anche se ‘star’. Il pregio del film, ovvero la ‘semplicità’ di questi ragazzi, diventa così automaticamente uno dei suoi più evidenti difetti, affindandosi ripetutamente alla gioiosità della quotidianeità, da dividere tra stanze d’albergo, assalti furiosi delle fan di qualsiasi nazione, prove da tour e falò da vivere sotto un cielo stellato. Ridono, si divertono, sono felici anche se stremati; sono anarchici e funzionano per questo; non sanno ballare e spesso improvvisano; sono mediatici e di fatto ‘fenomeni’ del mercato globale figlio della rete; sprizzano omoerotismo da ogni poro; hanno 20 anni e stanno segnando un’epoca.
Ragazzini costretti a maturare prima dei propri coetanei, a lavorare giorno e notte per cantare, macinare soldi, incidere album tra un pisolino notturno di 20 minuti e l’altro, seminare merchandising e alimentare l’ondata social che da tre anni di fatto traina la loro popolarità, i One Direction visti da Morgan Spurlock non sono altro che la perfetta rappresentazione dell’industria discografica di oggi, che spreme e batte il ferro finché caldo fino a prosciugare l’artista di turno, per poi gettarlo via e passare ad altro. Loro, i 5 protagonisti di questo docu-film, dal 2010 vivono sull’orlo del precipizio da dimenticatoio, a detta dei detrattori, per poi superarsi, vendere sempre più, riempire sempre più stadi e fare ancor più successo. ‘Finiranno una volta finito X-Factor‘, si diceva. Sono passati quasi 4 stagioni e sfornano record a profusione. Uno tsunami quasi inarrestabile, che ha colpito in pieno viso anche i loro parenti. Ed è proprio qui, tra genitori e nonni, che Spurlock cattura l’essenza di questa inarrestabile mania, rappresentando al buio di una sala visi felici per il successo dei propri figli ma al tempo stesso malinconici, per la loro ormai certificata lontananza. Padri con le lacrime agli occhi, perché privati dell’unico figlio maschio diciassettenne, che ha visto più posti e fatto più esperienza nell’ultimo anno rispetto alla sua lunga e probabilmente banale vita. Madri che non smettono di ringraziare il figlio cantante per la casa dei sogni da lui regalata, anche se prima di poterla vedere passeranno settimane, se non addirittura mesi. Peccato che la regia si soffermi troppo poco su queste ‘altre’ verità, private e famigliari, perché allo spettatore medio di This is Us, ovvero la quattordicenne urlatrice, interessano loro. I 5 protagonisti, da bilanciare sapientemente tra interviste, facce buffe, scherzi da prete, sketch da tour, canzoni da interpretare, fisici tonici e tatuati da mostrare.
Cullati dalle note dei pezzi più celebri dei One Direction, veniamo così bombardati da un ripetitivo messaggio di ‘normalità’ in formato divo. Perché uno dei 5 faceva il panettiere, un altro il commesso in un centro commerciale, e così via, fino alla celebrazione di quelli che l’intera boyband definisce i ‘migliori fan del mondo‘. Vero, probabilmente, o almeno i più fedeli e temerari, visto il delirio in grado di creare ad ogni sospiro targato One Direction. Ed è proprio a questi che This Is Us si presenta e si racconta. Chi ama i One Direction amerà questo film, anche se tendenzialmente tutto uguale, riconvertito in 3D solo per far più soldi, frizzante nel montaggio, raramente sorprendente, tutt’altro che portatore sano di clamorose novità e platealmente auto-celebrativo, mentre per tutti gli altri, tra chi li odia e chi semplicemente non sa chi siano, rimarranno un qualcosa di misterioso, e quasi certamente noioso. Ed è qui che la pellicola fallisce la sua missione, perché in grado di pescare solo nel proprio campo d’appartenenza. Volontariamente. Lui, lo stesso Morgan Spurlock poco meno di 10 anni fa candidato agli Oscar, si è invece più che probabilmente fatto convincere da un così ricco assegno da cantare One Thing (un loro singolo) per 24 ore consecutive, mentre chi scrive, beatamente basito dinanzi alla venerazione che da 3 anni caratterizza questi ragazzi, talmente celebri dall’aver bruciato persino le tappe dei Beatles (….), non ha potuto far altro che alzare le mani ed arrendersi di fronte ad una singola scena: ovvero Martin Scorsese che sbuca dalle viscere del Madison Square Garden per presentarsi e presentare le figlie ad Harry Styles, Zayn Malik, Niall Horan, Louis Tomlinson e Liam Payne, congratulandosi con loro. Scorsese, regista di documentari ‘musicali’ come George Harrison: Living in the Material World, Shine a Light, L’ultimo valzer e No Direction Home: Bob Dylan, che si presenta ai One Direction. Sipario.
Voto: 5
One Direction: This Is Us (docu-concerto, 90′, Usa) di Morgan Spurlock; con Harry Styles, Zayn Malik, Niall Horan, Louis Tomlinson, Liam Payne – qui il trailer italiano – uscita giovedì 5 settembre 2013.