Open Grave: recensione in anteprima
Open Grave è un prodotto indipendente in tutto e per tutto. Un horror che si segue come un gioco, e che rischia di apparire più interessante di quel che è. Per chi si accontenta.
Open Grave è come un giochino: quindi è pure perfetto perché esca nelle sale italiane d’estate (nota bene: siamo il primo paese al mondo a distribuirlo). Terzo prodotto della Atlas Independent, che ha già in cantiere il nuovo film dello spagnolo Gonzalo López-Gallego, Open Grave può però sembrare più interessante di quel che in realtà è.
Sbaglia chi cerca in Open Grave le tematiche e la profondità a tutti i costi. Non che manchino, evidentemente, ma funzionano quasi come uno specchietto per le allodole. Memoria, identità, responsabilità personali e collettive, fiducia nel gruppo e dubbi verso chi non si conosce. Va bene, però, insomma…
Jonah, insanguinato e mal ridotto, riprende conoscenza in una fossa piena di cadaveri. Quando riesce a uscirne, trova una baita e cinque sconosciuti al suo interno che, come lui, non hanno la minima idea di dove sono e di chi sono. I sei tentano di ricostruire i fatti che li hanno condotti in quella situazione e in quella foresta, e cercano di trovare il modo di sopravvivere fra le ovvie tensioni che iniziano ad accendersi.
La sceneggiatura, scritta a quattro mani dai fratelli Chris e Eddie Borey, finì nel 2006 nella Black List della sceneggiature “pericolose” da portare sul grande schermo. Facile capire il perché, anche solo leggendo la trama: che ovviamente riserva un sacco di “sorprese” ed inizia a mostrare lati sociologici e da paranoia movie mica male.
Però, ammettiamolo, la sceneggiatura di Open Grave è addirittura all’acqua di rose se si pensa a quello che poteva venirne fuori. Si sta tentando di vendere il film come un’opera totalmente indipendente, girata con mezzi certo non di una produzione di Hollywood e persino in economia. Le riprese si sono tenute in Ungheria per risparmiare, e l’unità di luogo evidentemente ha aiutato a contenere ancora di più i costi.
Ma se di film indipendente si tratta, c’era anche la libertà di esplorare tutte le possibilità della trama, sia dal punto di vista psicologico che da quello “fisico”. López-Gallego punta invece tutto sull’atmosfera e sulle “domande”, e punta a confezionare un prodotto che non gioca troppo con lo stomaco dello spettatore. Peccato, perché qualche zampata c’è, ma si poteva osare di più senza scadere affatto nel gratuito.
La stessa sceneggiatura dei Borey, poi, si trascina francamente un po’ troppo, e ad un certo punto si comincia a notare qualche “Ora ricordo” di troppo fra le battute dei personaggi. Lo spettatore, tra l’altro, pur magari senza immaginarsi motivazioni specifiche e dettagli, arriva alle soluzioni un po’ prima dei protagonisti.
Open Grave non è così plumbeo, intrigante e claustrofobico come vorrebbe, ma piacerà a chi è in cerca del classico film in cui bisogna risolvere un enigma all’apparenza difficile da sbrigliare. Sembra di essere tornati all’inizio dei 2000: Open Grave alla fine assomiglia ad un mix tra Saw e The Village, se ci si pensa bene.
S’inserisce così in un filone in cui tutto rimanda al mega-twist finale. Ma sta proprio qui il problema principale di Open Grave: perché dà costantemente l’impressione di voler arrivare a stupire lo spettatore per forza. In sala il pubblico capisce l’antifona e aspetta di essere sorpreso: un giochino, quindi.
È che di thriller e horror del genere ne abbiamo già visti un po’, e Open Grave purtroppo fa ben poco per mascherare le sue matrici. All’attivo c’è un’altra buona prova di Sharlto Copley (presto anche in Elysium), e qualcosina qua e là giusto per trascinare la storia. Per chi si accontenta.
Voto di Gabriele: 5
Open Grave (USA 2013, horror 102′) di Gonzalo López-Gallego; con Sharlto Copley, Thomas Kretschmann, Josie Ho, Joseph Morgan, Erin Richards, Max Wrottesley, M. Frakes. Qui il trailer italiano. Uscita in sala il 14 agosto 2013.