Venezia 2018, Opera senza Autore: Recensione del film di Florian Henckel von Donnersmarck
40 anni di Storia tedesca rivisitati attraverso l’arte contemporanea dell’amore.
12 anni fa Florian Maria Georg Christian Graf Henckel von Donnersmarck sorprendeva il mondo vincendo l’Oscar al debutto grazie al folgorante Le Vite degli Altri. Abbracciato a tempo di record da Hollywood, nel 2010 il regista deludeva fortemente con lo sbertucciato The Tourist, interpretato da Johnny Depp ed Angelina Jolie. Dopo 8 anni d’attesa, finalmente, von Donnersmarck è tornato con la sua 3° fatica, Opera senza Autore, in Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia nonché candidato tedesco agli Oscar del 2019.
188 minuti ispirati ad eventi realmente accaduti in cui Florian ripercorre tre epoche di storia tedesca seguendo l’esistenza di un giovane artista, Kurt Barnert, basata sulla vita del pittore Gerhard Richter, nato nel pieno dell’epoca nazista, formatosi sotto il realismo socialista di stampo conunista e alla soglia dei 30 anni in fuga verso Ovest in cerca della propria arte. 40 anni di Storia riletti attraverso le lenti di una storia d’amore d’altri tempi, capace di superare conflitti famigliari, crimini universali e dolori privati.
Barnert, interpretato dal 36enne Tom Schilling, si innamora perdutamente di una studentessa d’arte, che ha il volto della bellissima 23enne Paula Beer, figlia dell’ambiguo professor Seeband, inquietante ginecologo perfettamente reso da Sebastian Koch. Quest’ultimo proverà in ogni modo ad interrompere la relazione dei due giovani, senza sapere quanto un atroce crimine commesso decenni prima lo leghi indossulubilmente al futuro genero.
Rivivere i traumi storici del proprio Paese per sottolinearne indirettamente l’invidiabile capacità nel rialzarsi, sempre e comunque. Opera ambiziosa, fascinosa e imperfetta, quella scritta e diretta da von Donnersmarck, autore di una pellicola esageratamente stratificata nel fondere realismo storico, finzione drammaturgica e romanticismo spinto, interrogandosi sul concetto di ‘arte’ e di ‘artista’, partendo da quella mostra di Arte Degenerata nel 1937 voluta dal partito nazista.
Dall’eugenetica ai campi di concentramento nazisti, passando per la celebrazione pittorica del progresso socialista alla nascita del muro di Berlino, fino all’esplosione artistica di Düsseldorf, centro nazionale di una rivoluzione culturale che lentamente inizia a travolgere anche la Germania. Florian fatica a bilanciare i diversi registri narrativi che in tre ore di film si alternano a ritmo discontinuo, abbandonando personaggi e sottotrame apparentemente centrali (Sebastian Koch e il suo passato da medico SS) per cavalcare una inaffondabile storia d’amore a cui dare assoluta priorità.
Il suo Kurt Barnert è alla disperata ricerca di un ‘io’, di un’identità artistica che riesca finalmente ad appagarlo, da rintracciare in quella ‘verità’ fotografico che se riprodotta su tela può diventare ancor più reale e concreta. Ricerca sfiancante, tra tentativi andati a vuoto e pura casualità nella realizzazione di un’opera che attinge dalla superficialità del quotidiano (foto amatoriali), diventando altro.
Patinato e a tratti stucchevole, tra corpi nudi e avvinghiati che ripetutamente si rotolano sul letto e frasi d’amore degne di un Bacio Perugina, Opera senza Autore si concede momenti cinematograficamente parlando riusciti, se non fosse che l’impressione complessiva sia quella di una lunga e ben fatta fiction televisiva in due puntate, realizzata con il bilancino per compiacere qualsiasi ipotetico pubblico. Il male assoluto nazista dell’eugenetica, il dramma della Seconda Guerra Mondiale, l’utopia comunista, l’amore impossibile, la menzogna taciuta, l’apparente fallimento che si fa trionfale successo, l’ineguagliabile bellezza della verità.
Tanta, troppa carne al fuoco che Florian Henckel von Donnersmarck cucina astutamente giocandosi ancora una volta la carta del popolare melò storico nella sua Germania, pur di rilanciare una carriera pesantemente segnata dal deludente The Tourist, convincendo solo a metà. Sentiti applausi hanno accolto la proiezione stampa veneziana di Opera senza Autore, progetto da asciugare, equilibrare e limare, provando ad andare oltre la facile indignazione, i facili sorrisi, il facile romanticismo.
[rating title=”Voto di Federico” value=”5″ layout=”left”]
Opera senza Autore (Germania, 2018, drammatico) di Florian Henckel von Donnersmarck; con Tom Schilling, Paula Beer, Sebastian Koch, Saskia Rosendahl, Oliver Masucci – dal 4 ottobre al cinema.