Oscar 2015: tutte le nostre recensioni dei film candidati
8 pellicole in lizza per la categoria miglior film ai premi Oscar 2015: voi per chi fate il tifo?
Siete pronti? Domenica 22 febbraio seguiremo in diretta la cerimonia degli Oscar 2015 e siamo tutti in fibrillazione per sapere chi saranno i vincitori tra i candidati. Oggi vi propongo, per la categoria Miglior Film, uno stralcio di ogni nostra recensione (con relativo link all’articolo). Per quale film tifate? Io Whiplash.
American Sniper (recensione): Alcune scelte di regia, basti pensare al doloroso ritorno alla normalità una volta finita la 4° missione in Iraq, con quello schermo televisivo spento eppure ‘ipnotico’ per un Chris perso tra ricordi di Guerra per lui indimenticabili, parlano da sole, con un tema musicale inutilmente ‘tensivo’, perché talmente rimarcato da suscitare l’effetto contrario. Se Tom Stern, direttore della fotografia Premio Oscar con Million Dollar Baby, da’ risalto alla sabbiosa luce di quell’Inferno in Terra chiamato Iraq, Eastwood si concede un paio di scene di guerra di grande spessore tecnico, senza però riuscire a far emergere un titolo che malamente sbraccia in un oceano di discutibile qualità. Affogando miseramente al termine di una sfiancante e indifendibile mitizzazione bellica, che solo gli americani, non a caso, potranno serenamente digerire. Voto: 4
Birdman (recensione): tanti corto circuiti, alcuni apparentemente troppo compiaciuti, tanto da sembrare un po’ fini a sé stessi; altri, e sono in numero maggiore, decisamente riusciti. Ed anche quando il colpo non va a segno, o ci va in maniera tutt’altro che impeccabile, si ha l’impressione che il film guadagni sempre un centimetro di terreno rispetto allo scopo. Probabilmente un po’ più lungo del dovuto, dato che le due ore si sentono abbastanza, ma la materia è di quelle incandescenti, sempre pronta a versarsi fuori; ed infatti sarebbe bastato poco per mandare tutto in malora. Invece, e questa è la notizia, Iñárritu tiene saldamente in mano le redini dopotutto. A sorpresa o meno, nel bene o nel male, il colpevole in Birdman è senz’altro la sua ambizione. Quale che sia il responso, prendetevela con lei. Voto: 8
Boyhood (recensione): Se l’operazione ha alla base un’intuizione favolosa, l’esecuzione è altrettanto sopraffina. Bisogna solo togliersi il cappello di fronte ai due direttori della fotografia, Lee Daniel e Shane F. Kelly, per aver regalato alle immagini un look costante e omogeneo in più di 10 anni di riprese. E bisogna togliersi di nuovo il cappello di fronte a Sandra Adair, che col suo montaggio ha fatto un lavoro pazzesco, plasmando il materiale audiovisivo facendo in modo che in 3 ore non si sfiori neanche un attimo di stanca. (…) Richard Linklater non è un regista furbo che ha preparato Boyhood a tavolino, come qualcuno potrebbe pensare, ma piuttosto un regista gentile. E questo è il suo capolavoro. Voto: 10
Grand Budapest Hotel (recensione): Trovare un punto debole in The Grand Budapest Hotel è impresa ardua ed il peggio che si può dire è che il suo maggior pregio è anche il suo maggior difetto: è un film di Wes Anderson. Ergo tutto ciò difetto lo diventa nella misura in cui non si tolleri un cineasta che, come sempre, fagociti una trama per farci poi qualcosa che solo lui può fare; quel “qualcosa” che non può essere nelle corde di tutti, ma pazienza. Un limite a priori che dunque non riguarda l’autore bensì l’audience; perché per il resto c’è poco da imputare al film. Uno di quelli in cui regna un’armonia assoluta tra le varie componenti, legate da un indirizzo preciso che fa da collante, ossia quello impartito da Anderson. Nulla rema contro tale direzione, anzi tutto s’integra alla grande, dando vita ad un risultato che brilla e ammalia. Voto: 9
The Imitation Game (recensione): la sua pressoché totale mancanza di incisività nell’affondare le mani in quel dramma personale di uno e di molti, quel suo limitarsi ad esporre i fatti, senza curarsi di permettere allo spettatore di collocarli, attraverso il filtro della narrazione. Quel filtro che dovrebbe prendere lo spettatore, scuoterlo dalla poltrona e metterlo sottosopra. Invece niente di tutto questo. Il regista Tyldum e soci optano per la via più facile, che molto spesso non è la migliore. Con un materiale così, poi, devi proprio impegnarti a tarpare le ali. Voto: 5
Selma (recensione): Selma è la storia che indigna e al tempo stesso conforta sentirsi raccontare. Manca però quel coraggio di andare oltre, di mettere in discussione un classicismo che non sempre ha ragione. I rischi in certi casi sono sempre molti (troppi); la DuVernay alcuni li evita, e con bravura (l’idea di fare un film “piccolo”, per esempio), altri invece non riesce proprio a sventarli – Selma verrà ricordato per il suo messaggio, che sarà pure indiscutibile, ma che ad ogni modo trascende l’operato degli autori, che se da un lato non lo sviliscono, dall’altro non ci pare nemmeno che lo elevino più di tanto. Da questa parte consideriamo tutto, ma da certi inciampi abbiamo fatto più fatica a rialzarci. Voto: 6
La teoria del tutto (recensione): Costosa produzione inglese della Working Title Films, il film è stato subito valutato dagli espertoni degli Oscar che lo hanno individuato come uno dei titoli in gara per un premio che conta: quello per il miglior attore. La Teoria del Tutto infatti è il veicolo perfetto per consacrare il talento di Eddie Redmayne, inglese classe 1982 che questo Oscar richia davvero di portarselo a casa. Il suo sorriso e le sue espressioni contagiano. Però il film forse non è alla sua altezza… Voto: 5
Whiplash (recensione): Una giostra di emozioni a cavallo del jazz che deflagraza negli ultimi 20 minuti, che potremmo e forse dovremmo definire i più complessi, emozionanti ed elettrizzanti 20 minuti di cinema dell’ultimo anno. Qui, grazie al montaggio choc di Tom Cross che meriterebbe non una bensì due statuette, Whiplash completa la propria parabola che fa gridare al ‘capolavoro’, tra forza di volontà e talento, fatica e coraggio, tempo da cogliere al millesimo di secondo e un destino da costruire con le proprie dita scorticate dal dolore, portando per mano verso l’Olimpo dei ruoli di una vita un fisicamente provato e bravissimo Teller e un epico Simmons. Per non parlare di colui che li ha ‘inventati’ e poi diretti. Damien Chazelle. Ad Hollywood si è accesa una stella. Voto: 9