Stasera in tv: “Qualcosa di nuovo” con Paola Cortellesi su Rai 2
Su Rai 2 la commedia del 2016 diretta da Cristina Comencini e interpretata da Paola Cortellesi e Micaela Ramazzotti.
Qualcosa di nuovo, su Rai 2 la commedia della regista Cristina Comencini con Paola Cortellesi, Micaela Ramazzotti prodotta da Cattleya e Rai Cinema.
Qualcosa di nuovo – Cast e personaggi
Paola Cortellesi: Lucia
Micaela Ramazzotti: Maria
Eduardo Valdarnini: Luca
Eleonora Danco: Flavia
Chiara Scalise: Matilde
Qualcosa di nuovo – Trama e trailer
Lucia e Maria si conoscono da sempre. Due amiche che più diverse non si può. Lucia ha chiuso col genere maschile, Maria invece non riesce proprio a farne a meno. Una sera nel suo letto capita (finalmente!) l’Uomo perfetto. Bello, sensibile, appassionato, maturo. Il mattino però porta con sé incredibili sorprese e, tra equivoci, grandi bugie e piccoli abbandoni, Lucia e Maria si prenderanno una bella vacanza da se stesse. Forse quel ragazzo incontrato per caso è davvero l’Uomo che tutte cercano perché con le sue semplici teorie riesce a fare la vera radiografia delle loro vite, a buttare all’aria abitudini e falsi miti e a rivoluzionare ogni desiderio e ogni certezza.
Curiosità sul film
- Cristina Comencini dirige “Qualcosa di nuovo” da una sua sceneggiatura scritta con Giulia Calenda e Paola Cortellesi, tratta dall’opera teatrale “La scena” di Cristina Comencini.
- Il cast tecnico: Scenografia di Paola Comencini / Costumi di Francesca Sartori / Musiche di Andrea Farri / Fotografia di Italo Petriccione / Suono di Maurizio Argentieri / Montaggio di Francesca Calvelli / Aiuto regia Francesca Polic / Organizzatore generale Massimo Di Rocco / Casting Laura Muccino / Direttore di produzione Giuseppe Pugliese.
- La colonna sonora include i brani Absolute Beginners di David Bowie e Zona Roja di Igor Alejandro.
Interviste a cast e regista
Quali analogie e quali differenze esistono tra il testo e l’allestimento teatrale della tua commedia “La scena” e questo nuovo film?
CRISTINA COMENCINI: Quando ho scritto l’atto unico La Scena, ho avuto la sensazione di avere colto una questione molto attuale e di avere trovato il registro giusto per esprimerla, ma non mi aspettavo il successo e l’adesione del pubblico che lo spettacolo ha avuto nei teatri dove è stato rappresentato. La relazione comica e appassionata di queste due donne con un giovane uomo ha creato nelle platee un’identificazione potente. Applausi a scena aperta, entusiasmo di donne e uomini di tutte le età, sensazione di un’apertura di libertà e di possibilità nuove sui visi della gente che usciva felice dai teatri. E ho pensato subito che poteva diventare anche un film divertente e allo stesso tempo profondo. Ovviamente ogni adattamento implica dei cambiamenti: in questo caso l’unità d’azione dello spettacolo è stata arricchita e sono stati introdotti tutti quegli elementi che nell’atto unico non era stato possibile sviluppare. La storia, più in generale, è stata riadattata in base alle due nuove protagoniste, alle loro peculiarità e ai loro caratteri, e questo ha portato a un’importante novità rispetto al testo teatrale originale. Nello specifico, ho deciso di trasformare Lucia in una cantante jazz: le doti canore della Cortellesi, infatti, sono note a tutti e questo, secondo me, poteva rappresentare un ulteriore punto di contatto tra il personaggio e l’attrice e apportare una bella nota di verità alla storia.
Che cosa racconta il film e che cosa ti stava a cuore approfondire?
CC: Il film racconta le relazioni di oggi tra uomini e donne, che sfuggono ormai a schemi precostituiti e sono in costante cambiamento. Le due protagoniste, amiche da sempre, sono molto diverse tra loro. Maria è una mamma single che abborda gli uomini e ci va a letto facilmente perché non vuole restare da sola; Lucia, invece, è una cantante jazz, anche lei separata, che però ha chiuso con gli uomini. Mi interessava approfondire come questi due universi femminili potessero reagire davanti a un ragazzo giovane e inesperto eppure capace di metterle di fronte a tutte le loro fragilità. In un certo senso lui le costringe a prendersi una vacanza da loro stesse e a scoprire che nascondono un mondo inespresso, con cui dovranno iniziare a fare i conti. Entrambe ricambieranno le attenzioni del giovane con una sorta di educazione sentimentale.
È una riflessione sulle donne e sui sentimenti tipica dei nostri giorni e della società attuale o può valere anche per epoche e contesti diversi?
CC: Penso sia più una speranza che le persone si possano incontrare senza progetti o schemi definiti. La storia nasce da un incontro casuale, la vita può essere anche così. È una riflessione su donne e uomini..
Da cosa deriva la tua costante attenzione all’universo femminile sia in cinema che in letteratura e che cosa la alimenta?
CC: L’universo delle donne, per me, è quello che, in un certo senso, rappresenta lo sguardo verso il futuro e questo mi interessa sempre moltissimo. Si tratta più di una prospettiva che di un’immagine fissa sul presente o nostalgica verso il passato. Non mi piace però essere definita all’interno di categorie rigide ed è per questo che ho sempre cercato di inserire tematiche femminili all’interno di contesti più ampi quali la famiglia, le relazioni, i mutamenti politici e sociali.
Come mai hai pensato di coinvolgere Paola Cortellesi anche nella stesura della sceneggiatura insieme a Giulia Calenda?
CC: Paola Cortellesi aveva già dato prova di grandi capacità, sia come co-autrice dei suoi spettacoli tv sia come co-sceneggiatrice di uno dei suoi ultimi film, di cui era anche la protagonista. Durante i primi incontri ho subito capito che il suo apporto avrebbe potuto arricchire lo script e quindi mi è sembrato assolutamente naturale coinvolgerla nel processo di scrittura.
Il film è un esempio di commedia piuttosto insolito per il nostro cinema recente: questa volta più che alla nostra tradizione hai pensato a certe commedie americane tipo “La strana coppia” trasferendo personaggi, dinamiche e situazioni nell’Italia di oggi?
CC: Le due attrici sì sono una strana coppia! Ma scrivendo la sceneggiatura ho pensato a film come Harold e Maude e a tutta la tradizione inglese di cinema più pazzo di quello di oggi.
Come è stata coinvolta sia come coprotagonista che come sceneggiatrice in questo nuovo film?
PAOLA CORTELLESI: Cristina Comencini mi ha chiesto di recitare in “Qualcosa di nuovo”, un adattamento per il cinema del suo spettacolo teatrale “La scena” su cui lei però era intenzionata ad apportare delle modifiche; sapendo che io avevo già collaborato ad altre sceneggiature, mi ha offerto di scrivere il nuovo copione insieme a lei e Giulia Calenda con cui avevo già avuto una felice collaborazione. Così ci siamo messe al lavoro, legando subito moltissimo tra noi: trovarmi accanto a loro per me è stato meraviglioso. Se a teatro la storia si svolgeva tutta in una serata e veniva rispettata l’unità di tempo e di luogo, per la versione cinematografica Cristina voleva “spettinare” lo spettacolo e, rispetto al testo originale, – il cui senso comunque è rimasto invariato – abbiamo dato vita a diverse modifiche narrative, più adatte al racconto filmico. Cristina Comencini sa raccontare il mondo femminile come poche altre persone sanno fare; ovviamente la conoscevo da spettatrice e da lettrice dei suoi testi e avevo notato da tempo come avesse sempre affrontato con delicatezza e ironia tanti temi che mi stanno a cuore che coinvolgono le donne e le loro sfaccettature. Le sue storie e il suo modo di raccontarle mi hanno sempre affascinato perché lei è sempre capace di andare in profondità, ha un suo tocco personale che mi piace moltissimo. In questa nuova occasione, se il suo spettacolo teatrale mostrava la nascita e l’evoluzione di un equivoco, noi lo abbiamo ampliato cambiando il racconto e inserendo note differenti di ambienti, situazioni e sviluppi narrativi.
Che relazione si è creata con Cristina Comencini?
PC: Il nostro è stato un incontro prezioso; per me lo era stato già come spettatrice, i suoi film mi avevano sempre arricchito molto. Avevo già avuto la possibilità di recitare qualche anno fa in un film tratto dalla sua commedia teatrale “Due partite” e diretto da Enzo Monteleone. Cristina ha la capacità di leggere all’interno delle persone e dei rapporti, riesce a tradurre le sue intuizioni in modo che possano essere comprese da tutti; è come se lei conoscesse tutte le donne e tutti i rapporti del mondo, ha in sé la capacità di ingrandire con una lente nitida i particolari delle fragilità delle persone, le crepe inesorabili dei rapporti e i punti di non ritorno, gli errori reiterati, quelli che tutti conosciamo ma che tutti continuano a commettere. Ha una grande capacità di tradurre universalmente certe sensazioni che capta e riesce a mettere in scena o sulla carta: lei non ti presenta un’unica soluzione immediata ma ti spiega qual è la situazione e ti dà il modo di tradurla, sia quando ragionavamo sui personaggi in fase di sceneggiatura, sia quando doveva dirigerci in scena. Ha tutto molto chiaro: con due semplici esempi è in grado di farti capire un intero universo femminile che tutti noi abbiamo sotto gli occhi e che non sappiamo guardare bene a fondo. Mi sono resa conto che in fase di scrittura lei aveva già chiaro come tradurre in scena, sul set, quello che voleva raccontare con pochi gesti e immagini; è un tipo di regista a cui bisogna affidarsi completamente.
Che rapporto si è creato invece tra lei e Micaela Ramazzotti?
PC: Micaela è tra le attrici più talentuose che io abbia mai incontrato. La stimo da sempre ma in più ho scoperto che lavorare con lei è uno spasso! E’ seria ma non si prende sul serio (qualità impagabile,specie in questo mestiere…). Il nostro è stato un grande incontro, abbiamo avuto un rapporto personale, splendido. Inoltre, tra il mio personaggio e il suo doveva nascere in scena una relazione sia conflittuale che di grande intesa e tra noi c’ è stato un gioco totale e un’estrema complicità (anche grazie al bravissimo Eduardo, una meravigliosa sorpresa). Ricordo in particolare un momento in cui io e Micaela ci parliamo al telefono: il mio personaggio, nella finzione, si trovava in una camera d’albergo in una città e quello di Micaela in un’altra, ma Cristina ha voluto che fossimo davvero vicinissime per poterci guardare direttamente negli occhi. E’ stato naturale alla fine, toccarci la mano. Ovviamente la macchina da presa non doveva inquadrare le nostre mani ma l’intuizione di Cristina cercava quel contatto fisico come fosse un vero bacio della buonanotte che serviva a rassicurare Maria e a consolidare un rapporto cementato…
Che cosa ha dato di suo al suo personaggio?
MICAELA RAMAZZOTTI: Credo che la figura di Maria sia stata molto ben costruita, anche per i suoi dialoghi: rivela ogni tanto dei tic, è sempre un po’ spaventata, ha sempre paura di avere sbagliato, poi allo stesso tempo si “gonfia” e magari racconta balle pazzesche a proposito di eventuali affinità. Mi posso sentire vicino a lei come donna che ha dei figli e un marito, lavora e affronta la vita cercando sempre di avere un certo smalto e un certo sorriso. Di lei mi piace moltissimo la libertà e il coraggio con cui affronta le cose, mi piace che il suo cuore batta come succede a me, ma poi sul set l’ho costruita molto, nel modo di camminare e di sedurre o nel rapporto con il ragazzo e nel modo in cui cerca sempre di darsi delle arie di gran donna: lei finge sempre qualcosa, il suo inventarsi la vita è una continua recita.
Come è stata coinvolta in questo progetto?
MR: Cristina Comencini mi ha cercato dicendomi che voleva riunire me e Paola Cortellesi per il progetto di “Qualcosa di nuovo” e mi ha mandato la versione filmata de “La scena”, il suo spettacolo teatrale di grande successo da cui il nostro film prende spunto e di cui avevo sentito parlare benissimo. L’ho incontrata e ho accettato subito con gioia; poco dopo ho incontrato Paola, legando subito moltissimo anche con lei. Avevo già sostenuto un provino con Cristina qualche anno fa per il suo “Quando la notte”, l’impatto era stato molto positivo fin da allora ma questa volta è nato subito qualcosa di speciale: il suo cinema e il suo modo di raccontare storie mi interessano da sempre, mi piaceva l’idea di essere in un suo film, le avrei detto di sì a priori su qualsiasi ipotesi di lavoro…
Come è andata invece con Paola Cortellesi, che rapporto è nato tra voi?
MR: Paola è una donna fantastica e artisticamente completa; quando ci siamo incontrate prima delle riprese di questo film lei era appena reduce dalle riprese di “Gli ultimi saranno ultimi” e io da quelle de “La pazza gioia”, eravamo entrambe un po’con la testa altrove. Ma poi ai provini, alle prove e sul set è stato tutto molto bello, per me è stato come ritrovare un’amica dei tempi del liceo e questo non mi era mai capitato con un collega: ho sentito di avere trovato un’amica di sempre, quella che ricordi nel periodo del divertimento assoluto, pronta sempre a grandi risate fatte di cavolate, ad una complicità sana, a tante stupidate per scaricare la tensione. Paola è davvero sorprendente, è davvero “l’amica di tutti”, non si può non amarla, è adorabile, una donna dolcissima, una persona di una grande tenerezza, mentre come artista è eclettica, versatile, veloce e completa, sa recitare, cantare e ballare, sa fa ridere e sa far commuovere; qualsiasi cosa faccia la fa sempre bene, è un concentrato di arte pura e di sostanza, è una donna che ama tanto il suo lavoro, è appassionata e poi è molto veloce e questo è molto “performante”. Esserle accanto è un vero regalo.
Come è stato coinvolto in questo progetto?
EDUARDO VALDARNINI: Ho sostenuto un provino recitando varie sequenze del copione: Cristina Comencini poneva le domande per spronare e stimolare le mie reazioni e poi quando riuscivo a fare in scena quello che voleva vedevo la soddisfazione che trapelava direttamente dal suo viso. Era un piacere che non nascondeva, era limpida nel notare e nel far notare che le cose andavano bene. Poi c’ è stato un secondo call back e un’ipotesi di un terzo ma finalmente poi hanno deciso di scritturarmi. Ero piuttosto alle prime armi, avevo recitato solo per circa una settimana in un piccolo film indipendente che si chiamava “Arianna” e fin dalla fase dei provini il rapporto che si è costruito con Cristina è stato sia di protezione che di stimolo.
Che cosa le è piaciuto del suo personaggio?
EV: Mi somiglia in qualche modo, anche se io nella realtà ho 24 anni e Luca in scena ne ha poco più di 18, pur rilevando una certa maturità rispetto alla sua età. Per sviluppare al meglio il personaggio sono partito da certi suoi tratti che mi corrispondono e non ho scelto di fare il contrario: lui ha una presunzione di maturità che ho sempre avuto un po’ anche io fin da quando a 14 anni ho iniziato ad avere uno spirito critico e ho iniziato a pensare di essere più maturo dei miei coetanei. Col tempo magari mi sono più temprato, ma ritrovare un’affinità così diretta quando ho letto il copione mi ha fatto pensare: “partiamo da qui, se affronto due donne devo assicurarmi di essere maturo almeno quanto loro..”. Poi comunque, quando giravamo, ero la persona più giovane in tutto il set, maturavo un senso di frustrazione rispetto al contesto che mi ha permesso di rendermi conto che non ero io il personaggio più maturo e questa frustrazione è stata coerente sia per il percorso di vita in generale sia in quello sintetizzato del personaggio di Luca, nella sua voglia di essere adulto. Qualche volta si avverte la possibilità di dimostrare di essere più grandi e più forti ma spesso non si è capaci e questa forma di sicurezza si trasforma in una frustrazione o in un’ esperienza positiva a seconda dei momenti: per Luca. ad esempio. c’ è un lieto fine perché lui attraverso l’esperienza piuttosto sconvolgente del suo doppio incontro con Maria e Lucia capisce meglio la realtà e acquisisce le sue potenzialità.
Come si è trovato con Paola Cortellesi e Micaela Ramazzotti sia da un punto di vista artistico che personale?
EV: Umanamente con loro due mi sono trovato benissimo, ci siamo divertiti tanto. Per quanto riguarda la recitazione, ho notato che Paola e Micaela avevano nel modo di affrontare una scena un approccio diverso che portava comunque al miglior risultato possibile. Paola è una gran professionista per come si presenta e per come affronta il set, è disponibile e serena con tutti ma quando bisognava girare era “sul pezzo”, si notavano in lei un rigore e un retaggio teatrale importante: Micaela al contrario sembra molto più confusa e distratta in termini tecnici ma poi rivelava sempre una sua effervescenza e una creatività in continuo movimento, anche al di là del copione; aveva la capacità di trovare in una battuta o in un tono un guizzo o una trovata del momento che si rivelava precisa e pertinente con il personaggio.
Le è rimasto più impresso qualche momento della lavorazione che ricorda più di altri?
EV: Ce ne sono stati un paio particolarmente impegnativi, ad esempio in occasione di una scena che avevo preparato con un maestro di arti marziali taekwondo: è una disciplina di origine coreana che si gioca molto sulla velocità delle gambe, i calci e le rotazioni, mentre le mani si usano poco, soprattutto per difesa. Cristina ha scelto di portare in scena questo sport per dare un’identificazione al mio personaggio, che è rabbioso e cerca di sfogarsi. Se Luca pratica questa disciplina lo fa per autocontrollo, è uno sport capace di fare male se applicato in maniera non corretta e lui quando si trova in pedana in alcuni momenti dimostra di non essere ancora capace di controllarsi: è il tratto distintivo di un personaggio che sta ancora evolvendosi. Ricordo che abbiamo filmato questa scena varie volte in una giornata difficile in cui, per il personaggio, esplodeva l’ira ed è stato l’unico giorno in cui un’ora prima della fine delle riprese non riuscivo più a stare in piedi per l’energia “bruciata” e ho chiesto e ottenuto di finire un po’ prima: avevamo lavorato tanto tra stress e fatica fisica, si gridava, scalciava e arrivato a casa sono crollato sul letto. L’importante, però, era conservarsi integro per i giorni successivi…
Qualcosa di nuovo – Foto e poster
Foto: Claudio Iannone