Home Notizie Quanto tempo è passato dalla Febbre del Sabato Sera a Il Lato Positivo

Quanto tempo è passato dalla Febbre del Sabato Sera a Il Lato Positivo

Quando John Travolta incontra Silver Linings Playbook

pubblicato 21 Marzo 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 16:33

Non ho messo il punto interrogativo al titolo perché, lo so, il tempo è passato tra La febbre del sabato sera e il recente Il lato positivo, e non è poco (1977-2012), l‘interrogativo non serviva. Ce lo ricordiamo. Ben trentacinque anni ago.

Ed ecco allora. Uno va al cinema perché gli hanno parlato bene del film Il lato positivo (Silver Lining Playbook) di David O. Russell con Bradley Cooper e Jennifer Lawrence, dal romanzo di Matthew Quick intitolato “L’orlo d’argento delle nuvole”. Un titolo talmente poetico da far venire voglia di correre in bagno. Resisto. Guardo il film.

E’ una storia nota che torna di moda. Ovvero: la storia di un matto, noi in Italia li chiamiamo “diversi” o diversamente matti, che è diventato tale per una grave delusione d’amore causata dall’abbandono della moglie. Lo hanno schiaffato in clinica, dove ha visto e condiviso i giorni di pillole e pilloloni con altri diversamente matti, poi si sente meglio e lo lasciano tornare a casa. Interessante.

La scoperta più grande è l’appartamento amerikano che più amerikkano non si può (plastica, tappeti, abat-jour) in cui vive la madre del simpatico matto, lei piange sempre e confeziona torte o polpette, polpette e torte; e il padre, Bob De Niro che ha avuto con gli anni una succulenta metamorfosi: assomiglia sempre più al nostro marchese Antonio De Curtis, in arte Totò. Muove gli occhi, il naso, le mani come la marionetta napoletana, il grande Totò. Bob è sagomato da italoamericano a caccia di scommesse e dollari, rugby pesante e tv pesantissima.

La storia va su, decolla, o sembra. Il matto ci aiuta a entrare in una famiglia allargata con un sacco di altri matti. Cuori spezzati, pillole, palpitazioni, gelosie, abbandono, e altri mali del nuovo millennio. Fantastico. Siamo al top, mi dico. E invece siamo al topo di cineteca. Dopo averci fatto sognare una vera, elegante vicenda di mentecatti, in cui tutti possiamo riconoscerci, ecco che il signor O. Russell, un cacchio di regista che tradisce se stesso, abbandona il pacco di curiosità che è riuscito a suscitare e si infogna in una commedia da tv trash in cui il suddetto matto si innamora, ricambiato di un’altra matta, solo perché decidono di partecipare a una trasmissione simile, similisissima a Ballando Sotto le Stelle, una delle sciagure della contemporaneità. Isteriche sottili, dalle chiappe nervose; e cascamorti dal tirabaci con i muscoli inguainati in smoking da funerale di quarta classe.

Un vero amore. Il nostro matto matto dice alla moglie abbandonica, presente alla kermesse, che ora non la vuole più. Dopo aver perso due anni di testa. Ha deciso di prendere calci sulle palle dalla brunetta matta anch’essa, e però gran maestra di danza da giungla. Il finale è la scena della presa di incoscienza. L’amore torna ed è la pillola, per bocca e per supposta, che meglio lenisce, anzi guarisce testa e heart. Mizzica, dice Bob Totò che ha scommesso sulla loro sconfitta ed ha vinto. A proposito.

La scena di gara di ballo mi ha fatto tornare alla mente il John Travolta della “Febbre del sabato sera”. Stessa famiglia italoamericana (a cena il rito delle liti e dei ceffoni), stesso ragazzotto che esibisce il pacco davanti allo specchio e si veste da manichino per andare a razzolare sulla pista della discoteca dove, dicono gli italioti presenti, i messicani hanno lasciato uno strato di grasso. Però, John Travolta concludeva la sua epica della danza con qualche domanda su se stesso.

Andare forte di punta e di tacco, alzare le mani al cielo uncini per prendere le nuvole della ingenua stupidità, non significava nulla. Il suo fascino deprimeva le donne-danzatrici, di cui si innamorava. Ho capito che con il lieto fine, malattia della mente e della tv, tipico del cinema americano, siamo andati indietro, ed entrati nel futuro. Il tv trash ha vinto alla grande, senza rimedio. E Bob Totò scuote la testa e pensa: così va il mondo, e chi se ne frega; sono tutti stronzi, anch’io.