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Queen: A Night in Bohemia – recensione in anteprima

Arriva nelle nostre sale il primo concerto in diretta televisiva dei Queen, datato Natale 1975. I Queen prima dei Queen? Non esattamente

pubblicato 26 Aprile 2016 aggiornato 28 Agosto 2020 12:07

«Il 1975 è stato un anno speciale per noi, forse il più speciale». Lo dice Freddie Mercury, ma ce lo spiega meglio Roger Taylor: «in quell’anno fu come passare dalla serie B alla serie A di calcio». Quali che siano le metafore, similitudini e paragoni, quasi tutto sembra inadeguato a descrivere la storia di un gruppo che ha fatto storia. I Queen sono addirittura andati oltre probabilmente, perché piacquero in maniera così trasversale che il loro successo viene il sospetto sia impossibile da spiegare secondo categorie prettamente “terrene”. Non sto esagerando. Pochi fenomeni hanno registrato qualcosa di simile, un’onda mistica su cui ci si può accapigliare quanto si vuole, che si ami o si odi l’oggetto del contendere. Non se ne ricava nulla di “sensato” comunque. Così è stato per i Beatles, Elvis Priestley, Michael Jackson e pochi altri.

Quando il 24 dicembre 1975 i quattro membri dell’irriverente gruppo britannico salgono sul palco dell’Hammersmith Odeon di Londra sono ancora vergini; quella rappresenta il loro passaggio rituale a tutto ciò che è stato dopo. Un rito che si consuma davanti alle telecamere, per la prima volta in diretta televisiva sulla BBC Two. All’epoca Farrokh Bulsara (il vero nome di Freddie Mercury) ed i suoi tre colleghi hanno all’attivo quattro album, nemmeno la metà di quelli incisi in studio nel corso degli anni, fino alla morte del leader e cantante.

Eppure fioccano già titoli che faranno storia: Killer Queen, Liar, Keep Yourself Alive e Now I’m Here. Ce n’è una però, che più di queste e tante altre che verranno rimarranno impresse nei ricordi ed in chissà quanto altro; quella Bohemian Rhapsody di cui questo concerto-documentario ci informa circa la genesi. Tre brani in uno, al quale più o meno tutti hanno contribuito, sebbene l’anima gliel’abbia infusa lui, Freddie Mercury, da principio addirittura osteggiato dal batterista. Ma Roger Taylor non era il solo ad essere poco convinto; fai entrare in testa alle emittenti che una canzone di quasi sei minuti non sia una bestemmia.

I primi venticinque minuti di Queen A Night in Bohemia sono il risultato di un breve documentario composto da interviste ed estratti vari, in cui Brian May, Mercury, Taylor e Deacon si raccontano, rievocano quel periodo lì. È allora che anche i meno avvezzi scoprono che esiste un prima e un dopo Hammersmith; da quel Natale lì i Queen entrano a far parte dei grandi, dapprima giocandosela con loro, poi superandoli. Tre album, Queen, Queen II e Sheer Heart Attack senza praticamente guadagnare un centesimo, l’unico sicuro della strada intrapresa il cantante e mattatore, perché a certe condizioni la semplice motivazione non basta.

Notizie, per alcuni interessanti, per altri meno; come quella che vuole Mercury per nulla interessato alla lettura («non l’ho mai visto con un libro in mano», ricorda May). Che sia il documentario a sussurrarvele. Dal canto nostro forniamo due ragioni per cui un prodotto di questo tipo ha un suo perché: in primis quale documento storico, dato che non tutti avranno avuto modo di conoscere, vedere ed ascoltare “quei” Queen. In secondo luogo, beh… non si tratta di idolatria, ma va detto: c’è tutto il Freddie Mercury che il mondo imparerà a conoscere. L’animale da palcoscenico sopra le righe, smodato, capace di spostare folle oceaniche, dovunque, non solo in quello storico concerto tenutosi al vecchio Wembley.

Insomma, si assiste ad una pagina di storia e al tempo stesso ci si godono alcuni pezzi che si conoscono, se ne ascoltano altri magari mai sentiti, rivivendo (per quanto possibile mediante uno schermo) la genesi di uno dei più significativi fenomeni musicali e di costume del secolo scorso. Il merito è tutto loro, dei Queen, non v’è dubbio; di suo questo documentario, va detto, non integra nulla di particolare, se non il mini-documentario di cui sopra ad introdurre la performance di quella famosa Vigilia di Natale. Se certe operazioni solitamente non infiammano, per dire un eufemismo, dovete coltivare una discreta passione per questo gruppo allora, diversamente resta la valenza come già accennato storica. Basta? A voi la risposta. Ma in quest’ambito resta senz’altro indiscussa la supremazia di lavori come Nick Cave 20.000 Days On Earth; in questo caso anche i non simpatizzanti del cantautore australiano restano a tutt’ora i benvenuti.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”7″ layout=”left”]

LISTA DEI BRANI

1. Now I’m Here

2. Ogre Battle

3. White Queen (As It Began)

4. Bohemian Rhapsody

5. Killer Queen

6. The March Of The Black Queen

7. Bohemian Rhapsody (Reprise)

8. Bring Back That Leroy Brown

9. Brighton Rock (assolo di chitarra)

10. Son And Daughter

11. Keep Yourself Alive

12. Liar

13. In The Lap Of The Gods… Revisited

14. Big Spender

15. Jailhouse Rock Medley (comprende degli estratti di Stupid Cupid & Be Bop A Lula)

16. God Save The Queen

Uscita evento nelle nostre sale solo il 16, 17 e 18 maggio.