Recuperare “Argo”, il piccolo dovere “morale” dello spettatore
Una premessa è d’obbligo: questo post è spudoratamente di parte. Vuol essere infatti soprattutto un invito, per tutti quei lettori di Cineblog che ancora non l’avessero fatto, ad andare a recuperare Argo durante questo e i futuri week-end.
La Warner Bros, nonostante la contemporanea uscita in home video, l’ha generosamente riproposto in un centinaio di sale, proprio come si faceva una volta per tutti quei film che, più o meno snobbati all’epoca della loro prima uscita, venivano riprogrammati dagli esercenti nella speranza che potessero ottenere una seconda chance presso il pubblico disattento.
Nella storia del box-office italiano vanno ricordati almeno un paio di clamorosi successi “postumi”, “Harry ti presento Sally” e naturalmente “Il silenzio degli innocenti”, cresciuti nella considerazione del pubblico solo grazie al passaparola o in conseguenza degli allori ricevuti dall’Academy (mentre al tempo della loro prima uscita avevano raccolto poco più che briciole).
Chissà se il medesimo destino toccherà, meritatamente, anche all’”oscarizzato” Argo che, nonostante i 130 milioni raccolti in patria, è riuscito a racimolarne attualmente “soltanto” 77 sui mercati internazionali (l’Italia ha contribuito con 3 milioni di euro appena).
L’Oscar è motivo in più per recuperarlo in sala ma non è ovviamente il solo, anche perché di splendidi film ancora in circolazione, premiati o meno con le ambite statuette, ce ne sono a bizzeffe e sono tutti ugualmente meritevoli (da “Re delle terre selvagge” a “Les Miserables”, da “Zero Dark Thirty” a “Amour”).
Peccato però che tutti questi, a parte il caso “Django” e quel certo seguito toccato a “Lincoln”, siano stati bellamente ignorati dai nostri connazionali, a causa del solito triste “gusto medio” italiano, sempre incapace di uscire dalle secche del proprio provincialismo e di aprirsi ad altre dimensioni dell’intrattenimento.
Ma davvero è così difficile cambiare un trend che ci vede, notoriamente, affollare le (multi)sale solo per modeste commedie nazional-popolari, farse a buon mercato o i più triti prodotti d’animazione? Perché buttiamo via “Frankenweenie” e ci teniamo “Madagascar3”? Perché a stento vediamo “Looper”e poi affolliamo le sale per “Die Hard 5”? E perché per un Tornatore, ottimo finalmente, che incassa quasi 9 milioni di euro in due mesi di passaparola c’è sempre un Siani che realizza lo stesso incasso in soli 10 giorni?
Gli esempi potrebbero continuare ma preferisco fermarmi qui e lasciare questi punti di domanda volutamente in sospeso, nella speranza che simili discorsi possano“invecchiare” da soli, superati da qualche sorprendente inversione di tendenza che il tempo, coi suoi corsi e ricorsi, magari un bel dì ci regalerà.
Il mio invito a vedere “Argo” quindi non è soltanto il consiglio “fraterno” di un cinefilo ma, innanzitutto, un appello all’intelligenza e al gusto dei tanti spettatori che frequentano la multisala, quest’ultima ormai trasformata in corollario di chiassose e scintillanti sale giochi, ideali per stordire il pubblico generalista e per predisporlo meglio a una visione disimpegnata (quando non, ahimè, al chiacchiericcio autorizzato).
Recuperare un film come questo (e sulla sua scia anche gli altri autorevoli candidati) diventa quindi un piccolo passetto in avanti per riprendersi, nel proprio piccolo, un certo status di spettatore (“specie” sempre più in via d’estinzione) o quantomeno di quello spettatore che al buon cinema chiede di essere intrattenimento popolare, modello di spettacolo e divertimento eccitante e “pensante” al tempo stesso.
Il bel film di Affleck assomma in modo esemplare queste qualità, che poi non sono altro che quelle che hanno fatto grande la settima arte. Dimostriamo di essere ancora in grado di riconoscere quella vera. Buona visione a tutti!