Roma 2010: in attesa della rivolta dei bamboccioni
Ne prendo atto con piacere: è stato annunciato che anche il Festival di Roma 2010 avrà un premio destinato agli esordienti. Gli esordienti sono venticinque sparsi nelle varie sezioni della rassegna, tre sono italiani. Gareggeranno per avere il riconoscimento chiamato il “Marc’Aurelio” di diecimila euro. Non è una novità assoluta ma lo è per il
Ne prendo atto con piacere: è stato annunciato che anche il Festival di Roma 2010 avrà un premio destinato agli esordienti. Gli esordienti sono venticinque sparsi nelle varie sezioni della rassegna, tre sono italiani. Gareggeranno per avere il riconoscimento chiamato il “Marc’Aurelio” di diecimila euro. Non è una novità assoluta ma lo è per il Festival giunto alla quinta edizione. Non si tratta di una trovata per tenere il passo con altre manifestazioni in Italia e all’estero che hanno preso a cuor una questione vitale per il cinema. Lo speriamo.
La questione è importante e complicata. Ma sembrerebbe che, per una ragione o per l’altra, gli esordienti siano stati più o meno sempre, per quanto riguarda il nostro Paese, considerati una sorta di “bamboccioni”, ancora prima che il ministro Padoa Schioppa del governo di Prodi desse vitalità a questa parola, giudizio scherzosamente (?) infamante in uso dalla notte dei tempi in questa terra che ormai viene ritenuta una terra di vecchi, pensionati, una popolazione con i capelli bianchi che non cede e anzi si rafforza.
Mi sono interessato dei giovani esordienti quando dirigevo a meno di trent’anni il servizio sperimentale della Rai. Non voglio raccontare qui una storia che fu valorizzata da storici del cinema come Giampiero Brunetta e che continua ad interessare: è in corso una interessante e documentata ricerca in cui verranno elencati, presentati e apprezzati nel bene e nel male i numerosi girati da una quarantina di esordienti nei primi, lontani anni Sessanta. Sono curioso di leggerla.
La mia esperienza nel campo specifico degli “esordienti” va in senso opposto alla formula dei cosiddetti “emergenti”. Chi erano e chi sono? Sono quella maggioranza di sfortunati triturati da un giornalismo specializzato e non del cinema, da una critica superficiale e incompetente sul piano delle tecniche e delle logiche artigianali o industriali, da una gran parte di dirigenti pubblici del cinema. Costoro si sono lanciati per anni e anni nel trionfalismo degli “emergenti”, ossia nel fare battage a quei pochi giovani che riuscivano a fare un film, spesso con i finanziamenti del ministero, allo scopo di essere, loro stessi, i trionfalisti, forse meno cadaveri quali erano o comunque più informati e lungimiranti.
Basta ricordare, per farsi venire la pelle d’oca. Centinaia e centinaia di ragazzi non “bamboccioni” sono stati trasformati in “superbamboccioni” con la patente attraverso sovvenzioni a pioggia, a vanvera, per raccomandazione e promozione di partito (governo e opposizione).
Il grande cinema ha avuto le sue migliori stagioni nel lavoro oscuro, di bottega, difficile ed esaltante, trovando giovani promesse con una pratica continua, assidua, in mezzo a contraddizioni e ostacoli. Le sovvenzione hanno rimosso tutto questo e hanno, nella maggioranza dei casi, promosso i velleitari, gli improvvisati, i non meritevoli. Si facevano film di un certo costo che poi non trovavano distribuzione, quindi pubblico, e speranze. Una stagione che non si può dimenticare.
Il problema, oggi, è sempre aperto anche se il gigantesco e scandaloso parto dei “bamboccioni” forever sembra contenuto. Ma ne riparleremo. Mi premeva segnalare l’iniziativa del Festival di Roma per sperare che sia una nuova iniziativa che affronti la scommessa che propone considerando la lezione del passato. Non ci sarà un baby boom di nuovi autori. Non ci sarà, soprattutto, se non si allargherà che il cinema oggi più di ieri ha bisogno di un futuro serio. La fabbrica dei falsi talenti è alle spalle ma anche dietro l’angolo. Va chiusa. Serve una fabbrica vera. Sullo schermo del domani c’è da augurarsi che compaia un no grande ai “bamboccioni” allattati a illusioni e a misericordiose elargizioni pelose.