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Roma 2014, numeri e considerazioni finali dopo l’addio di Marco Muller

Con il trionfo di Trash e l’addio di Marco Muller Roma 2014 ha chiuso i battenti. Ma quale futuro c’è per il Festival della Città Eterna?

pubblicato 26 Ottobre 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 21:01

La nona edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, la 3° ed ultima firmata Marco Muller, ha chiuso i battenti con il trionfo di Trash. Il Festival tornato Festa come alle origini, ma ancora ‘ibrido’ nel programma, nell’organizzazione e paradossalmente persino nel nome (ci vuole la conferma del CDA per riaccendere il termine ‘Festa’) ha snocciolato i soliti numeri di fine manifestazione: 113 film, 23 Paesi, oltre 80.000 ingressi in sala tra accreditati e pubblico (più i 24.000 della sezione autonoma Alice nella Città), 7 sale, 3 mostre e oltre 150.000 ‘partecipanti’, ovvero di presenze più o meno effettive all’Auditorium Parco della Musica. Ed è qui che bisogna soffermarsi, sulla reale partecipazione dei romani e non al Festival della Città. Dati alla mano, nel 2009 vennero sbandierati a fine evento 600.000 visitatori, in crescita rispetto ai 580.000 del 2008. Ora, è evidente che le risposte a questi numeri possono essere due e soltanto due: c’è stato un crollo verticale di partecipazione; all’epoca qualcuno esagerò nello sbrodolarsi con le cifre. Peccato che siano ufficiali, in entrambi i casi.

Esclusa la prima domenica di programmazione che ha visto la meravigliosa struttura ideata da Renzo Piano letteralmente presa d’assalto, grazie a red carpet calamitanti come quelli di Lily Collins, Josh Hutcherson e Sam Claflin, il ‘pienone’ di pubblico, al Festival del 2014, non c’è davvero mai stato. Superato il primo fine settimana, poi, la criticabile programmazione si è concesso giorni quasi vuoti, privi di interesse e fascino, per non dire divi. Concentrare il ‘meglio di’ nel primo fine settimana ha in qualche modo frenato il restante 70% del Festival, che ha di fatto vissuto senza eccessivi attacchi di panico i giorni successivi. Marco Muller, 3 anni fa voluto da Renata Polverini e Gianni Alemanno, non è mai realmente stato messo in condizione di poter serenamente lavorare. Regione e Comune sono infatti cambiati nel giro di pochi mesi, con le nuove Giunte che hanno sempre contrastato le sue 3 edizioni. Tutte diverse l’una dall’altra. La prima, la peggiore e ambiziosa, si intestardì nel portare nella Capitale solo e soltanto anteprime mondiali, iniziando però la sua selezione a giugno. 4 mesi per raccattare quel che altri Festival non avevano già preso. Leggi scarti; la seconda, la più riuscita, cancellò la folle idea delle anteprime mondiali prendendo a piene mani da Toronto e dal Sundance, riuscendo così a costruire un cartellone intrigante e qualitativamente ricco, anche se poi massacrato da una giuria di fenomeni che riuscì a non premiare un capolavoro da Oscar come Her di Spike Jonze. Questa terza ed ultima, infine, nata ancora una volta in 4 mesi appena e con un ulteriore taglio del budget a disposizione (dai 13 milioni di euro della prima faraonica edizione siamo passati ai poco più di 5 della nona), si è lasciata andare ad un cartellone schizofrenico, aperto e chiuso da due commedie popolari targate Medusa e nel mezzo attraversato da titoli d’autore estremo, provando così a barcamenarsi tra due scarpe. Quella della critica e quella dello spettatore pagante. Il risultato è stato un mix astratto di generi che si è concesso alcuni buoni film, non poche fregature, qualche delusione e le inevitabili presenze ingiustificate.

Muller, incredibile ma vero, ha voluto sottolineare il ‘problema infrastrutture’ che peserebbe sulla manifestazione. A suo dire l’Auditorium Parco della Musica non sarebbe adatto, in quanto nato per la musica, ad un evento cinematografico. Per questo motivo l’ex direttore ha consigliato un trasloco immediato, per il bene della manifestazione tutta. Una follia, per chi scrive. Tra le poche cose da salvare nella storia del Festival romano c’è proprio l’Auditorium, con le sue meravigliose e spaziose sale. Spostare l’intero carrozzone altrove graverebbe sulle casse di Comune, Regione e Provincia, perché mancando effettivamente un ‘Palazzo del Cinema’ bisognerebbe costruirne uno di sana pianta oppure, cosa ancor più illogica, sperperare denaro pubblico per adattare spazi già esistenti. Lo scorso anno i produttori di Hunger Games rimasero a bocca aperta dinanzi ai 10.000 fan assiepati nella cavea per assistere al red carpet di Jennifer Lawrence. Nessun Festival al mondo si può probabilmente permettere una sala come la Santa Cecilia capitolina. Ecco perché tra i pochi punti da cui ripartire per celebrare degnamente il decennale della manifestazione l’Auditorium appare come una sorta di monolite inattaccabile.

Bisognerà lavorare sull’anima del Festival. Su quel che vuole continuare ad essere e sull’effettivo senso di mantenerlo vivo in una stagione ad alta concorrenzialità. Tra Venezia, Toronto, New York, Londra e Torino. 5 ‘mostri’ in due mesi e mezzo. Ha davvero ancora senso continuare a sbatterci la testa, spostando continuamente le date di inizio/fine tra metà ottobre e i primi di novembre? Chiunque andrà a prendere il posto di Muller dovrà provare a prendere decisioni drastiche ma necessarie. Rendendo più fluido e logico il programma. Evitando di dividerlo in due tronconi in cui tutto ma proprio tutto si trova nei primi giorni, per poi scemare verso il nulla. Riportando la stampa estera in città, perché in caso contrario che senso avrebbe mantenere quell’Internazionale nel nome. Continuando a lavorare sul pubblico, perché se Festa dovrà tornare ad essere fondamentale diverrà rivedere i romani all’Auditorium. E non solo a passeggio tra gli stand ma anche in sala, in quelle bellissime sale troppo spesso apparse mezze vuote. Intensificando sempre più il mercato. Cullando l’idea tutt’altro che folle di ‘slittare’ ad aprile/maggio, anticipando Cannes. E perché no magari virando verso quel ‘Mondo Genere’ che in questa nona edizione ha preso vita con una sezione intrigante ma con pochi titoli al suo interno. Provare a differenziarsi da tutti gli altri Festival, in conclusione, motivando e giustifficando così la propria esistenza.

9 anni fa, nella prima storica e spendacciona edizione impreziosita da Martin Scorsese, la stampa si ‘avventò’ sulla Capitale. In questa nona edizione 796 sono stati gli articoli pubblicati sui quotidiani nazionali e locali. Lo scorso anno furono 1154. Due anni fa 1140. Tre anni fa 2770. Se ne sono persi per strada 2000 in 36 mesi. Segno di un Festival che non fa più notizia e che non è più mediaticamente coinvolgente, persino dinanzi a red carpet comunque ricchi (Clive Owen, Kevin Costner, Benicio Del Toro e Richard Gere). E cifre alla mano in calo anche nelle presenze rispetto ai numeri del 2009. Un Festival diventato Festa che deve ancora capire quale strada intraprendere. E se non ora quando, visto il decennale dietro l’angolo?

Questi i film da me visti e recensiti:

Gala
Andiamo a quel Paese: 5.5
La foresta di ghiaccio: 4
Phoenix: 8+
Escobar: Paradise Lost – 6.5
Spandau Ballet: Il Film – Soul Boys of the Western World: 7
Love, Rosie – #ScrivimiAncora: 6.5
Trash di Stephen Daldry: 5
Buoni a Nulla di Gianni Di Gregorio: 6.5
Still Alice: 7
Kamisama no iutoori (As The Gods Will) di Takashi Miike: 6.5
Kahlil Gibran’s The Prophet: 6
Eden: 4
Soap Opera: 4.5
La Spia: 7
Time Out of Mind: 6

Cinema Oggi
Angely Revoluciji di Alexey Fedorchenko: 7.5
Dólares de arena: 5
Mauro: 3
Die Lügen der Sieger (The Lies of the Victors): 6.5
Wir sind jung. Wir sind stark. (We Are Young. We Are Strong.): 8

Mondo Genere
Lo Sciacallo: 8
Stonehearst Asylum di Brad Anderson: 4
Tusk di Kevin Smith: 6
La prochaine fois je viserai le coeur: 6
Quando eu era vivo (When i Was Alive): 7 – –

Alice nella Città
Black and White: 5
Doraemon 3D: 4.5
Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet: 5
The Road Within: 7.5

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