Roma 2017, Chuck Palahniuk ricorda Fight Club e conferma: ‘Invisible Monsters sarà film’
L’autore di Fight Club ha incontrato il pubblico della 12esima Festa del Cinema di Roma, svelando aneddoti legati alla propria carriera.
Accolto da centinaia di fan adoranti, alla 12esima edizione della Festa del Cinema di Roma è oggi sbarcato Chuck Palahniuk, voluto dal direttore Antonio Monda per uno degli affollatissimi incontri con il pubblico dell’Auditorium. 20 anni fa esploso con Fight Club, lo scrittore americano si è concesso una piacevole chiacchierata anche con la stampa, dimostrandosi enormemente disponibile. Pur di riuscire a firmare tutti gli autografi, scene mai viste in 12 anni di Festa, Chuck ha abbandonato la sala Petrassi al seguito dei propri fan.
Berretto bianco in testa, agenda gialla sulle gambe e occhiali da vista, Palahniuk ha ricordato come Fight Club, all’epoca dell’uscita, fece pesantemente flop, tanto in libreria quanto in sala.
[quote layout=”big”]‘Fight Club rimane un lavoro di successo solo in ambito cinematografico. E ‘postumo’. Il libro all’inizio vendette solo 5000 copie, poi quando uscì il film rimase in programmazione poche settimane. 100 milioni di budget e in America appena 20 milioni d’incasso (in realtà 37, ndr). Uno dei produttori mi chiamò in lacrime, perché si trattava di un flop, generò molte perdite, nello studios ci furono dei licenziamenti e venne inoltre stroncato dai critici. Solo uno, due anni dopo, quando la Fox fece un importante investimento per l’home-video, il film ha intrapreso la strada che l’ha poi reso di culto. Oggi possiamo parlare di successo, ma all’epoca fu un clamoroso fallimento. Prima come libro e poi come film’.
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Nel 2016 è arrivato anche in Italia Fight Club 2, 10 albi a fumetto disegnati da Cameron Stewart che Chuck ha così motivato.
[quote layout=”big”]‘Negli anni il libro ha poi avuto un enorme seguito, così come il film. Per proseguire dovevo esplorare un mezzo completamente diverso. La graphic novel sembrava la strada giusta, per raccontare il tutto in modo diverso. I libri raccontano le storie, i film le mostrano, mentre le graphic novel autorizzano forme espressive anche eccessive, che sarebbero viste come inaccettabili al cinema’.[/quote]
Anche se diventato celebre grazie ad una trasposizione cinematografica, Palahniuk non ha mai pensato di scrivere immaginando potenziali adattamenti per il grande schermo. Anzi.
[quote layout=”big”]‘Quando ho iniziato a scrivere volevo scrivere libri, e non film. Anzi, volevo scrivere libri che i film mai avrebbero potuto raccontare, perché i film devono essere visti da un gran numero di persone per avere un ritorno economico. Nel caso della lettura, chi legge si impegna, gira le pagine e deve essere formato affinché capisca cosa sta consumando. Ciò non si può dire del pubblico cinematografico’. [/quote]
Uno stile, quello di Chuck, mai banale e quasi sempre al limite, tanto dall’aver provocato negli anni decine, se non centinaia di ‘svenimenti’ pubblici.
[quote layout=”big”]‘C’è un mio racconto di 11 pagine, una volta lo lessi a Milano e svenirono 3 persone. Uno si infuriò, si alzò in lacrime e si mise ad urlare, ‘ha letto questa storia solo per umiliarmi, per farmi svenire e imbarazzarmi’. Mi mise a disagio, ma il mio compito è quello di mostrare quanto possa essere potente un racconto. C’era una famosa scrittrice horror, Shirley Jackson, che negli anni ’50 scrisse un racconto sul New Yorker. La Lotteria, il titolo, che offese talmente tante persone che a centinaia cancellarono il loro abbonamento. Mi son sempre chiesto cosa fare per far infuriare i lettori come avvenuto negli anni ’50 con The Lottery, e c’è chi sviene, in effetti, alle mie letture. 18 svennero una sera, in Inghilterra, in un magazzino in cui lessi un mio racconto. Recentemente ho letto un mio scritto in una sinagoga e sono svenute altre 5 persone, a New York. Ed io ci tengo a mostrare il potere delle storie senza musica, recitazione, video, scenografie. Storie da raccontare come un tempo, davanti ad un fuoco. Il mio obiettivo è quello di ricreare quella forza, quella potenza, ma per un pubblico di adulti’.[/quote]
Impossibile, quasi 20 anni dopo l’uscita in sala, non ricordare il rapporto sul set con il regista David Fincher.
[quote layout=”big”]‘Non so se si possa parlare di ‘lavorare’ con David Fincher, al massimo ci si può trovare d’accordo con lui. Fincher ha una sua visione, se suggerisce qualcosa c’è sempre un motivo. Durante il casting per Fight Club Courtney Love viveva con Edward Norton e voleva assolutamente la parte della protagonista femminile. Portava a cena il produttore e si vestiva come il personaggio di Marla, ma Fincher pensava fosse troppo ovvia come scelta, voleva qualcosa di inaspettato e suggerì Helena Bonham Carter, che a noi pareva ridicola. Poi David disse, ‘voglio che abbia l’aspetto di Judy Garland poco prima di morire’. Capelli cotonati, vestiti distrutti, lui voleva che apparisse così e c’è riuscito, rendendola iconica. David aveva ragione, quel che ho fatto io è stato semplicemente seguirlo. Poi c’era sempre una battaglia continua tra Fincher e Norton, che voleva come il suo personaggio fosse più simpatico ma per David non era importante, voleva che il personaggio fosse una fonte di conflitto per il pubblico. Io venivo chiamato in causa per appoggiare David, perché il personaggio di Norton non doveva essere simpatico, era un personaggio orribile’. ‘Solo che Edward non lo capiva’.[/quote]
Chuck ha poi confermato che Invisible Monster, suo romanzo del 1999 edito in Italia da Mondadori, avrà un adattamento, cinematografico o televisivo che sia.
[quote layout=”big”]’Per quanto riguarda Invisible Monster ci sono state varie opzioni e sviluppi, negli anni, ma ora chi ha realizzato la prima stagione di American Horror Story ha fatto suoi i diritti, quindi saranno loro eventualmente ad occuparsene’. ‘Con un film o una serie tv’.[/quote]
Palahniuk, nato a Pasco nello Stato di Washington nel 1962, ha poi ricordato i suoi anni di formazione
[quote layout=”big”]‘Sono cresciuto in un posto con 600 abitanti, nel deserto, dove c’è poco di tutto. Andai a Portland per laurearmi in giornalismo in un’epoca in cui non c’erano opportunità di lavoro, in quel campo. Così iniziai a lavorare in fabbrica, per anni, prima di fare un corso motivazionale con cui capii che se avessi voluto diventare uno scrittore non dovevo aspettare i 60 anni. Perché quello era il mio pensiero del tempo, di iniziare a scrivere una volta andato in pensione. Ma capii che quel sogno andava inseguito da subito, così iniziai a seguire un corso di scrittura, con signore simpatiche che scrivevano solo gialli. Avevo 26 anni e scrivevo cose orribili, tant’è che mi cacciarono. Non ero gradito’. [/quote]