Venezia 2018, Roma: recensione del film di Alfonso Cuaron
Festival di Venezia 2018: girato in bianco e nero e in lingua spagnola, Roma segna il ritorno di Alfonso Cuaron.
5 anni dopo aver inagurato la 70ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia con Gravity, presentato fuori Concorso e poi vincitore di sette premi Oscar (compreso quello per la miglior regia), Alfonso Cuaron è tornato al Lido per la 75esima edizione del Festival con il suo film più intimo e personale, Roma, da lui non solo scritto e diretto ma anche montato e fotografato. Mai, fino ad oggi, Cuaron aveva ricoperto il ruolo di direttore della fotografia, lasciando senza fiato grazie ad un ipnotico e luminoso bianco e nero di stampo digitale.
Ambientato negli anni ’70 e ispirato alle donne della sua infanzia, Roma prende il titolo da un quartiere di Città del Messico, narrando un turbolento anno all’interno di una famiglia borghese in cui hanno trovato spazio Cleo, giovane domestica, e Adela, collaboratrice. Le due donne, entrambe di origine mixteca, aiutano Sofia, madre di quattro figli, a superare i tradimenti del marito affermato medico, mentre fuori da quella ricca e spaziosa casa tumulti sociali e conflitti politici infiammano il Paese.
Progetto a lungo cullato lontano anni luce dai milionari effetti speciali di Gravity, Roma ci regala un Cuaron straordinariamente inatteso e autobiografico, avendo attinto dalla propria adolescenza per esplorare quella gerarchia sociale messicana in cui classe ed etnia si intrecciavano. Meravigliosa ode al matriarcato, Roma è il commovente ritratto di una famiglia che prova a resistere alle turbolenze interne ed esterne che la travolgono, affidandosi ciecamente alle sue donne. Una nonna, una moglie, una domestica. Il regista messicano osserva la quotidianità di questo nucleo famigliare in cui solo apparentemente non succede niente, concentrando le proprie attenzioni su piccoli e grandi avvenimenti che semplicemente sprigionano la vita, in tutte le sue drammatiche contraddizioni.
Protagonista indiscussa un’attrice non professionista, la bravissima Yalitza Aparicio, domestica che alle primissime esperienze sessuali rimane incinta. Confessata la gravidanza al compagno viene letteralmente abbandonata in un cinema, mentre la sua padrona di casa, Sofia, scopre i tradimenti del marito, che saluta lei e i suoi quattro figli. Le due donne, di classi sociali chiaramente diverse, si ritrovano così a sostenersi l’un l’altra, crescendo i quattro bimbi come se fossero entrambi madri, mentre nel Paese la milizia sostenuta dal governo massacra gli studenti che osano manifestare.
Progetto Netflix che uscirà anche in una manciata di sale americane per poter puntare agli Oscar, Roma ci concede un Cuaron nostalgicamente e dolcemente ancorato ai ricordi, nell’omaggiare le donne che l’hanno letteralmente cresciuto. Il regista de I figli degli uomini si prende tutto il suo tempo per pennellare i lineamenti di un’ampia famiglia borghese messicana, alternando intime scene casalinghe a sontuose riprese di massa, dalla messa in scena dirompente. Dal devastante incendio in un bosco che stravolge una notte di Capodanno al Massacro del Corpus Christi del 10 giugno del 1971, fino a quell’eccezionale bagno in mare con pianosequenza finale visivamente ed emotivamente straordinario, anticipato da un parto al cardiopalma.
Uomini codardi, bugiardi, violenti e traditori, quelli che si vedono nella pellicola, chiaramente celebratoria nei confronti dell’universo femminile, qui incarnato da donne abbandonate, minacciate, umiliate eppure mai abbattute, in grado di rialzarsi dinanzi a qualsiasi avversità. Teneramente intimo e struggente, Cuaron archivia la spettacolarità dei suoi ultimi film hollywoodiani per tornare ad un cinema più viscerale, a lui legato e da lui ispirato. Una piccola grande opera con cui il regista commemora il proprio passato, decisamente mai dimenticato.
[rating title=”Voto di Federico” value=”8″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Antonio” value=”7.5″ layout=”left”]
Roma (2018, Messico) di Alfonso Cuaron; con Yalitza Aparicio, Marina de Tavira, Nancy Garcia, Jorge Antonio, Veronica Garcia, Marco Graf, Daniela Demesa, Carlos Peralta, Diego Cortina Autrey – in sala e su Netflix a dicembre