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Rotterdam 2013: Soldate Jeannette – Recensione del film di Daniel Hoesl

Dall’Austria la risposta più irriverente che il cinema potesse dare alla crisi. Ecco la nostra recensione di Soldate Jeannette

pubblicato 27 Gennaio 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 18:13

Altra sorpresa, l’allievo di Ulrich Seidl, Daniel Hoesl, porta a Rotterdam il suo notevole Soldate Jeannette. Presente anche al Sundance, le prerogative stilistiche sono le medesime dell’affermato regista austriaco, Premio Speciale della Giuria all’ultimo Festival di Venezia per Paradise: Faith. Meno dissacrante, se vogliamo, Hoesl pare avere fatto diligentemente i compiti per casa.

Il rigido sarcasmo di cui è impregnata questa opera ricalca pressoché in toto l’atmosfera asettica alla quale ci ha abituato Seidl, con quella sua ironia irriverente, fulminea. La protagonista è Fanni, donna matura, non convenzionale: per lei è una convenzione dover pagare per cose come l’affitto o accessoristica costosa. Eppure non esiste privazione per lei, che abita in un lussuoso appartamento di Vienna e che non rinuncia alla sua abituale capatina presso il centro benessere, o alle sue lezioni di Taekwondo.

Chi ha poca familiarità col già citato Seidl tenderà a rimanere un po’ spiazzato dalle prime sequenze di Soldier Jane (traduzione inglese del titolo): pronti via conosciamo Fanni, questo stralunato personaggio di cui non sapremo mai abbastanza fino alla fine della pellicola. Chi è? Una divorziata che vive al di sopra delle proprie possibilità grazie ai soldi del marito facoltoso? Una manager spietata? Una spia?

Nulla da fare; per quanto ne sappiamo potrebbe essere tutte queste cose e nessuna di queste. Lo stile è impeccabile: inquadratura fissa, non più di due, massimo tre attori contemporaneamente davanti alla macchina da presa. Non manca a Hoesl un certo gusto per la messa in scena, ridotta all’essenziale, quindi parecchio ragionata. Le licenze rispetto al cinema del maestro si contano sul palmo di una mano, oltre che essere alquanto tardive, per un lavoro che privilegia la tranquillità e l’estemporaneità di certe sue uscite.

Non tradisce nemmeno in territorio di satira, altra chiave forte di Soldate Jeannette. Qui di mira viene preso un intero sistema, il nostro, quello regolato da una sola logica ed una soltanto, quella della Finanza. Dal bello e cattivo tempo di quest’ultima dipendono i destini di interi popoli, mai negli ultimi cento anni messi così in ginocchio come nel periodo che stiamo attraversando. Tuttavia non è certo lei la sola colpevole, magistralmente coadiuvata dalla nostra zelante solerzia. Una mazzata, tra il serio e il faceto, a noi normali, dipinti in maniera spietatamente ordinaria.

Ergo, ce n’è per tutti. Fanni è al cinema e, al buio della sala, assiste a Questa è la mia vita, di un Jean-Luc Godard in grande spolvero. E mentre scorrono le immagini del segmento con La passione di Giovanna d’Arco di Dreyer, la screanzata se ne esce con una russata epocale, degna quasi del miglior Fantozzi, quando cacciava epiteti all’indirizzo della Corazzata Potëmkin. Immagine emblema di un personaggio, di un intero film: la sua indolenza è la sua forza.

Poche cose, ma disposte con innegabile abilità, che si tratti di situazioni o di elementi con cui comporre il proprio quadro. Finché Soldate Jeannette non si scopre un po’ di più, inserendo il personaggio della giovane Anna. Quest’ultima, una sorta di doppio inverso della nostra protagonista. Le due s’incontrano in una fattoria, i cui operosi membri si adoperano per essere autosufficienti e rendersi indipendenti nell’accezione più ampia del termine. La differenza tra le due sta nell’avvicendamento: Fanni, con la stessa spontaneità con la quale affrontava il mondo, ora diviene parte integrante di quel contesto rurale. Anna, invece, angariata e mortificata a più riprese, sogna una vita che non ha avuto, là fuori, dove tutto “va male” e la gente non pensa ad altro che al denaro. Ennesima trovata, che stavolta miete vittime da entrambe le parti, sia tra gli alienati che tra i pentiti.

Insomma, è questa la pellicola anti-crisi che aspettavamo. Con un’idea semplice, ma dai contorni sfocati potenzialmente all’infinito, Soldate Jeannette si dà a una critica aspra e feroce verso il capitalismo terminale, residuo che va consumandosi all’interno della cornice di quel postmoderno che è tutto e niente al tempo stesso: dove i ricchi hanno troppi pensieri per vivere serenamente, ma nemmeno i poveri se la passano tanto bene. Oltre il danno la beffa, dunque. Beccati ‘sta pedata, postmoderno! Baci sulla fronte. I tuoi segreti amanti.

Voto di Antonio: 8,5