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Sarà il mio tipo?: recensione in anteprima

Come discutere non tanto sull’amore bensì su due presunti innamorati, senza farsi prendere la mano. Lucas Belvaux parte da un incipit d’altri tempi, opponendo un filosofo ed un’estetista, due mondi che non si toccano nemmeno, per raccontare la storia di Sarà il mio tipo?

pubblicato 11 Aprile 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 16:44

In una storia come quella di Sarà il mio tipo? sembrerebbe naturale partire da Clement, uno dei due protagonisti. Invece qui si procederà in altro modo, partendo da Jennifer. Parrucchiera-estetista in un paesino non lontano da Parigi (ma per i parigini è come andare dall’altra parte del mondo), si tratta di una ragazza madre dal volto solare, sempre sorridente, che un giorno incontra per caso (o forse no) Clement, per l’appunto. Quest’ultimo, insegnante e filosofo, parigino purosangue (?), in procinto di pubblicare il suo prossimo libro dopo il successo riscosso da quello precedente.

Figurarsi però se una parrucchiera, che al sabato sera s’improvvisa starlette di musical insieme alle sue amiche gettandosi nella variopinta bolgia di un karaoke di paese, si mette a leggere elucubrazioni accademiche sull’amore, o quello che è. Infatti Clement per lei è un completo sconosciuto, venuto ad Arras per insegnare, giusto per l’anno scolastico. Colpita dal fascino, oltre che dall’intraprendenza dell’affascinante filosofo con l’aria da giovane imprenditore, Jennifer comincia a fare conoscenza ed aprirsi. Ma non è facile.

La bionda non tanto naturale ha un’idea alta di questa cosa chiamata amore, sempre lì in attesa del principe azzurro che le appaia d’improvviso, pronta a cambiare la sua vita. Chi lo dice che questa sarà la volta giusta? Non a caso il titolo. È interessante come Belvaux, che il film l’ha scritto in toto, dialoghi inclusi, traendolo da un romanzo, riesca a non perdere di vista l’obiettivo dall’inizio alla fine, spiazzando per giunta. Anziché martoriarci, da un lato con la pedanteria del saccente filosofo metropolitano, dall’altro con la urticante semplicità dell’impiegata di provincia, tenta per lo meno di costruire un discorso “serio” in merito alla questione.

Sarà il mio tipo? non è certo un film romantico, ma che presenta delle venature in tal senso, perché effettivamente il rapporto tra i due si consuma e non solo in un letto d’albergo; lì dove Clement risiede per ricordare a sé stesso di essere di passaggio, come in tutti i posti in cui va o tutte le donne che frequenta. Jennifer, che non sarà colta ma nemmeno stupida, intuisce, ma nonostante questo si lascia andare. A tratti sembra un film al femminile, perché pare a noi che certi tasti riescano a toccarli meglio registe o sceneggiatrici donna anziché uomini.

Ed il punto è che in fondo di quello si tratta: professore parigino incontra parrucchiera di paese; lui cinico, freddo, distaccato, lei passionale ma anche razionale al tempo stesso. Un connubio pressoché impossibile. Ma, diciamocelo, anche insostenibile. Ed invece ci sono momenti profondi che segnano quest’ultimo lavoro di Belvaux, merito soprattutto di Emilie Dequenne, che specie in chiusura ci regala una sequenza piuttosto toccante, ipnotizzandoci con un’alternanza di espressioni che ben riassumono il suo stato d’animo alla luce di quanto avvenuto nel corso del film, il tutto mentre canta I Will Survive.

Ecco, anche lì però si riesce a non essere stucchevoli, banali, per quanto – anche a costo di sembrare prevedibili – i toni da nouvelle vague, da certo cinema dell’incomunicabilità, specie di coppia, pervadono buona parte degli episodi che vedono coinvolti Jennifer e Clement, siano essi momenti intimi o una passeggiata in spiaggia. Senza però rinunciare a far sorridere, pacatamente, è bene dirlo. Di qualche appiglio però c’era bisogno, se non altro per non far sembrare quella tra i due una storia tra alieni prima ancora che da spot TV o favola contemporanea smielata; perciò in alcuni passaggi ci si potrebbe pure annoiare, nel senso di non trovare un reale motivo per proseguire. Ed infatti Belvaux non si sofferma più di tanto, mostrandoci certe situazioni giusto per ricordarci che sì, tra due che stanno imparando a conoscersi c’è anche l’ordinario, soprattutto quello.

Altro elemento interessante è che Belvaux non prenda le difese di nessuna delle due parti, sebbene, per un motivo o per un altro, lo spettatore tenda a simpatizzare più con le ragioni di lui piuttosto che di lei o viceversa. Ma la sentenza non è dietro l’angolo. Fino alla fine. Da un lato abbiamo Clement che esorta Jennifer a vivere il momento senza stare troppo lì a rimuginare; dal canto suo la bella mammina non sa che farsene di certe cose, un lusso che ritiene di non potersi più permettere, ovvero quello di perdere tempo in storie che non portano a nulla.

Ok, questo è ciò che ciascuno dei due pensa. Eppure Sarà il mio tipo? non fa sua nessuna delle due posizioni, “complicando” ulteriormente le cose col finale, per alcuni imprevisto, per altri meno, per altri ancora, forse, assurdo. Ma di materiale ce n’è, e per un film così centrato sui suoi due personaggi principali, poter disporre di almeno uno dei due capace di portare a casa una prova così dignitosa è già tanto. Ecco perché abbiamo cominciato questo scritto su Jennifer. Volente o nolente, a prescindere dalle simpatie, quella che davvero c’interessa è lei. Solo alla fine abbiamo pure modo di renderci conto del perché.

Voto di Antonio: 7

Sarà il mio tipo? (Pas son genre, Francia, 2014) di Lucas Belvaux. Con Émilie Dequenne, Loïc Corbery, Sandra Nkake, Charlotte Talpaert, Anne Coesens, Danièla Bisconti, Didier Sandre, Martine Chevallier, Florian Thiriet, Annelise Hesme, Amira Casar, Tom Burgeat, Kamel Zidouri, Christophe Moyer, Philippe Le Guay, Orjan Wikström, Michel Masiero, Tiffany Coulombel, Floriane Potiez, Luc Samaille e Philippe Vilain. Nelle nostre sale da giovedì 23 aprile.