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“Sarà un paese” di Nicola Campiotti: una clip in esclusiva

E se ci volesse lo sguardo di un bambino per vedere l’Italia di domani?

di cuttv
pubblicato 13 Novembre 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 21:07

Uscirà il 20 novembre nei nostri cinema il film Sarà un paese diretto da Nicola Campiotti ed interpretato da Elia Saman, Graziella Marota, Matilde Gardini, Serge Latouche, Sista Bramini, Gianluca Foresi. Dopo aver letto, qui sotto, la trama ufficiale e l’intervista al piccolo Elia, e aver visto il trailer, oggi vi mostriamo una clip in esclusiva appena arrivata. Buona Visione!

Sarà un paese: lo sguardo di un bambino per l’Italia di domani

Sulle tracce dell’eroe fenicio Cadmo, cui il mito attribuisce l’introduzione in Grecia dell’alfabeto, Nicola, trentenne incerto sul futuro, e il fratello Elia, dieci anni, intraprendono un viaggio in Italia alla ricerca di un nuovo linguaggio, per ridare alle cose il loro giusto nome e restituire un senso alle parole.

In questo peregrinare, fatto di volti e luoghi, realtà dolorose e memorie storiche, la strada diventa percorso di formazione e insieme di esplorazione immaginaria. Al confine tra documentario e finzione, il film racconta le speranze del Paese che sarà.

Sarà un Paese, esordio alla regia di Nicola Campiotti, racconta l’inquinamento ambientale, le morti sul lavoro, l’incontro tra culture e tradizioni religiose diverse, la cittadinanza e l’identità culturale, la disoccupazione giovanile, il precariato, la fuga dei giovani laureati i beni comuni e il buon governo, il senso del limite e i comuni virtuosi, la tutela e il rispetto del paesaggio, la Costituzione e l’Europa, la lotta al pizzo e alla cultura dell’illegalità.

«Sarà un Paese non esaurisce e non completa i temi che si propone di esplorare. Piuttosto li pone, per i più giovani, come seme, proposta, spunto di riflessione». Nicola Campiotti

Con il piccolo interprete Elia Saman, affiancato da Graziella Marota, Matilde Gardini, Serge Latouche, Sista Bramini e Gianluca Foresi, dopo l’anteprima al Giffoni Film Festival 2014, il film arriva al cinema, nel circuito delle sale di Distribuzione Indipendente, dal 20 novembre 2014.

Il viaggio nel paese che sarà, visto con gli occhi di un bambino, però continua, perché il Film riconosciuto di Interesse Culturale dal MIBAC e sostenuto da UNICEF Italia, è stato scelto per celebrare la Giornata mondiale del Bambino e il 25° Anniversario della Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, rientra nelle proposte AGIS SCUOLA per l’anno 2014-2015, ed è stato inserito da LIBERA. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie nel concorso nazionale “Regoliamoci!”, giunto alla nona edizione e realizzato in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

Perché vederlo? Se non lo avete ancora capito, dopo l’intervista al piccolo Elia lo saprete.

saraunpaese-locandina

Nicola intervista Elia

… ovvero, il regista intervista il piccolo protagonista del film
(15 settembre 2014), Elia Saman, un bambino di undici anni nato a Roma da genitori iraniani.

Com’è cominciato tutto Elia?
Sono stato invitato a una festa insieme a mia madre, a casa del tuo papà. Lì ti ho conosciuto. Siccome sono un bambino curioso e vivace mi piace stare in mezzo a tutti. Ho cominciato a suonare la chitarra, anche se a quel tempo ancora non sapevo suonarla bene. Due settimane dopo sei venuto a casa nostra e hai detto a mia madre: «Signora, vorrei fare un film con suo figlio». Cosi è cominciato tutto.

E a te cosa dissi?
Mi hai detto, mi pare, che volevi fare un piccolo esperimento. Alla faccia dell’esperimento… (ride) abbiamo cominciato che avevo otto anni e abbiamo finito che ne avevo undici. Ricordo che mi hai detto che volevi farmi fare un’esperienza.

Cosa vuol dire per te la parola “esperienza”?
No dai, le domande di grammatica no, please.

Vorrei che ci pensassi un momento…
Esperienza è una cosa che si fa. E dalla cosa che si fa poi si impara qualcosa.

Da tutte le esperienze si impara?
Sì, da tutte. Tranne se ne fai due identiche.

Ricordi se dissi qualcos’altro, la prima volta che ti parlai del film?
Sì. Mi hai detto che non avrei dovuto fare niente di difficile, solo che avrei dovuto essere spontaneo.

È stato effettivamente così, o ci sono stati momenti in cui ti ho detto cosa dovevi fare?
Sono sempre stato spontaneo. Tranne qualche volta che dovevamo fare il filo del film e mi hai detto che dovevo dire delle cose che erano importanti. Poi quando ho visto il film ho scoperto che non hai messo nessuno di quei pezzi.

Quali sono state le indicazioni che ti ho dato durante la lavorazione?
Prima di incontrare qualcuno tu mi dicevi: «Elia, ora vai da loro e cerca di scuoterli». Un giorno che io ero stanco e non facevo domande, mi hai dato anche un pizzicotto sulla spalla…

Volevo che facessi delle domande. Ma ti chiedo scusa per quel pizzicotto.
Mi fa ancora male la spalla. Scherzo. (ride)

Secondo te, perché ho voluto fare questo film?
Non ci ho mi pensato, sei tu che lo devi sapere. Aspetta che ci penso un momento. Forse perché volevi seguire le orme di tuo padre. Però no, aspetta, tu hai studiato filosofia quindi forse non volevi seguirlo fino in fondo. Forse semplicemente hai cominciato a farlo questo film, e ti è piaciuto, e allora poi hai voluto finirlo.

Hai capito qualcosa in più sul cinema, facendolo?
Ho sempre immaginato il mondo del cinema con mille persone, gente che urla al megafono, che impara i copioni a memoria, che ha la roulotte dove riposare… Noi l’abbiamo fatto in tre gatti questo film. Anzi in sette gatti.

Qual è stata la giornata più bella di tutta la lavorazione?
A casa di quel signore fiorentino che ci raccontava del giorno in cui è finita la seconda guerra mondiale. Ma anche quel pezzo non l’hai messo nel film…

Secondo te perché non l’ho messo?
Forse perché se lo vuoi far vedere ai bambini delle elementari magari non sanno di cosa si tratta. Ma se lo vuoi far vedere a quelli delle medie magari lo sanno. Io comunque lo avrei messo: un signore che ha vissuto la seconda guerra mondiale io lo avrei messo… Invece hai messo la scena in cui sono nella vasca da bagno, che mi fa vergognare un po’, perché sono mezzo nudo e sbaglio anche delle cose…

Ci sono state altre giornate speciali?
Speciale è stato il giorno in cui ho conosciuto il giullare che parla solo in rima. Io ci metto un’ora a trovare le rime. E poi è stato speciale vedere tutta quella neve sui Monti Sibillini, anche se faceva un freddo pazzesco, con una temperatura cattiva. Non avevo mai visto cosi tanta neve tutta insieme. Non ho capito tutto quello che mi dicevano le sibille… l’ho capito poi rivedendo il film.

Cosa hai capito del loro discorso?
Che tutto è collegato a tutto. Che tutte le cose hanno un collegamento: dalla più raffinata alla più strampalata. Tutto è vicino.

Qual è stato invece un giorno difficile?
La storia di Graziella è molto triste. Ci ho messo un po’ a capire che in verità non c’era nessun leone nella fabbrica…

Quella del leone era una…?
E dai Nicola, non siamo a lezione di grammatica. Lo sai che mi sono comprato un nuovo gioco della play?

Una…?
Ah sì, l’ho studiata a scuola, una metafora.

Bravissimo! C’è una persona, invece, che vorresti non vedesse il film?
Non voglio che lo veda Francesca C. La puoi trovare su Facebook.

Perché non vuoi che lo veda?
Abbiamo litigato da cinque mesi e non se lo merita.

Mi interessa molto questo punto. Perché qualcuno dovrebbe meritare o non meritare di vedere un film?
È tipo cucinare la bistecca alla fiorentina. Uno per cucinarla ci mette un sacco di tempo. Se per esempio uno te la ordina e tu la cucini con cura e poi quando è pronta ti dice che non la vuole più mangiare, uno ci resta male. Hai capito quello che voglio dire, vero?

Sì.
Per fare il film abbiamo lavorato più di tre anni. Adesso lei dice di non essere più mia amica, e io non voglio che lo veda.

Chi ti piacerebbe lo vedesse?
Un po’ tutte le persone.

E più precisamente?
Tutti quelli a cui piacciono i film. Tutti quelli a cui piace l’Italia e vorrebbero un Paese migliore.

Chi non lo dovrebbe vedere?
Chiunque spera che l’Italia resti così…

Così come?
Sempre più macchine, più discariche, più palazzi o più giovani che partono. Questo film può aiutare davvero a migliorare l’Italia. La storia di Graziella ci dice che le fabbriche devono essere sicure. La storia di Matilde ci insegna che gli inceneritori non dovrebbero essere vicino alle case. Il giullare dice che se si fa il buono si sta nel bene, se stai nel male si farà del male. Noi in Italia oggi siamo nel mezzo: si può fare di meglio ma si può fare anche di peggio.

Tipo in Iran?
Quella è un’altra storia…

Tre cose che hai pensato quando hai visto il film per la prima volta?
Oh mio Dio è il mio film. Oh mio Dio che capelli che ho. Oh mio Dio che bell’alba sulla barchetta, sembra un tramonto ma è un’alba.

Adesso vuoi fare tu una domanda a me?
Sì, c’è una cosa che non ti ho mai chiesto. Perché hai scelto me? Avevi la possibilità di scegliere tra tanti bambini. E non mi hai nemmeno fatto un provino. Potevi trovare uno meglio di me, magari non come bellezza (ride). Perché hai scelto proprio me?
Perché ho sentito che mi potevo fidare di te.

Tutti si possono fidare di me.

Sara? un paese

Sara? un paese

Note di regia

«Tra i venticinque e i trent’anni, due circostanze hanno modificato il mio sguardo sul nostro Paese: la nascita di tre fratellini mulatti che ridisegnavano rumorosamente e con allegria la mia vita da figlio unico, e le partenze, sempre più frequenti, dei miei amici più cari verso i paesi del nord Europa, dove avrebbero proseguito le loro carriere universitarie e le loro vite. Da una parte tre bambini che si affacciavano per la prima volta sull’Italia, cercando di impararne l’alfabeto e la geografia, dall’altra un gruppo di ragazzi delusi e amareggiati dalle prospettive di studio e di lavoro che si trasferivano, forse per sempre, altrove. Al centro, c’ero io: appassionato del mezzo cinematografico, curioso della realtà, incerto sul da farsi e disponibile a lunghi babysitteraggi pomeridiani e serali, spesso teatro di racconti, storie inventate e miti antichi…

Cosa raccontare dell’Italia a dei bambini? E d’altra parte, perché i miei amici se ne andavano?
Da queste domande nasce l’idea di Sarà un Paese. Un viaggio libero e spontaneo da fare con un bambino, per iniziare ad affrontare e raccogliere una manciata di temi che fossero una sorta di breviario, un compendio delle cose a mio avviso imprescindibili per divenire un Paese civile: il diritto al lavoro (possibilmente non precario e non rischioso per la propria vita), l’amore per la terra, il paesaggio e l’ambiente che ci ospita, il senso del limite, il valore del coraggio e il rispetto delle regole, l’apertura alla conoscenza e all’incontro di culture e credenze diverse, la Costituzione della Repubblica, gli esempi di Buon Governo…

Dopo che il Ministero dei Beni Culturali ha avallato questo nostro progetto, ha preso il via un lungo viaggio, cominciato scrivendo lettere alle persone che avrei voluto incontrare e terminato con il montaggio, fase in cui le quasi cento ore di girato sono state ridotte a poco più di settanta minuti. Tre anni di intenso lavoro, nel mezzo dei quali vi è un percorso umano, lavorativo e geografico lungo e profondo, vissuto con il piccolo Elia e con una troupe disponibile e instancabile. Abbiamo viaggiato per metterci in ascolto, per realizzare un piccolo film che potesse parlare direttamente ai bambini e ai ragazzi delle scuole, come punto di partenza per una prima esplorazione e riflessione sulla realtà. Proprio per questo, i tanti incontri che si susseguono durante il film, si intrecciano con visioni oniriche e astratte, come se la nuda realtà, per essere consapevolmente accolta da un bambino, non possa fare a meno di fondersi con il Mito, che è gioco, memoria, origine.

I più critici (e più esigenti) potrebbero pensare che gli argomenti trattati nel film siano troppi e, forse, non analizzati in maniera approfondita. Hanno ragione. Ci sono moltissimi documentari monografici molto utili per approfondire le singole tematiche che qui accarezziamo soltanto. Il mio intento era proprio questo: fare un volo d’uccello sull’Italia di oggi, un’esplorazione perlustrativa, una proposta parziale, imperfetta, che sia abbrivio per i bambini e i ragazzi per un cammino da proseguire oltre il film, ciascuno con la sua anima e le proprie gambe.

Sarà un Paese non parla di cose nuove ma prova a raccontarle in maniera inedita, attraverso lo sguardo di un bambino».

Nicola Campiotti

Sara? un paese

Sara? un paese

Note di ditribuzione

«Tutti i problemi del nostro Paese e del nostro tempo sembrano ruotare attorno a un’unica parola: economia. Anche tutte le riforme ruotano attorno all’economia, mentre sui giornali la cronaca si riempie dei più disparati atti di violenza. Che non sono dovuti all’economia, però… quanto più a una cattiva coscienza sociale. Ecco l’importanza di un film come Sarà un Paese. Ecco l’urgenza di un giovane autore, desideroso di raccontare valori ormai persi… valori che oggi dovremmo chiamare “altri” ma che, neanche trenta anni fa, erano fulcro della società. Cosa è successo? Cosa ci ha fatto perdere il senso della misura, dell’uomo, dell’io?

Sarà un Paese non è solo un film per ragazzi. È il viaggio – forse ingenuo ma ancor più onesto – di un bambino, che in compagnia del fratello maggiore si trova a conoscere l’Italia delle “eccezioni” e degli “esempi virtuosi”. Con la sua semplicità, Sarà un Paese impone delle riflessioni e scopre altri punti di vista. È freschezza. Siamo felici di poter concludere l’anno con questo singolare documentario. La distribuzione avverrà su due binari paralleli: il circuito di sale classico, perlopiù caratterizzato da cinema d’essai, e il circuito off, che comprende tutti i cineclub e i cine-circoli affiliati e non, di cui la società si avvale sin dalla propria nascita, spazi che assicurano una concreta viralità sul territorio, altrimenti difficile da raggiungere. Sarà coordinato un vero e proprio tour, di circa 40/50 tappe; proiezioni, eventi, incontri con regista, produzione e cast, faranno da cornice alla distribuzione del film, con l’obiettivo di costruire un rapporto diretto e un dibattito positivo con il pubblico.

“Non ci può essere crescita infinita in un mondo finito. Tutti gli esseri smettono di crescere a un certo punto. Solo l’uomo vuole crescere all’infinito”. Cit. Sarà un Paese».

Giovanni Costantino, Distribuzione Indipendente

Sara? un paese