Science+Fiction – Giorno 2: The Dead Outside, Chemical Wedding, The Orphanage
Come ho fatto ieri, anche questo resoconto del secondo giorno dei film visti al Science+Fiction vorrei iniziarlo con qualche frase spesa per un film di una retrospettiva (in questo caso la sezione Asteroids). Si tratta del mitico The Day the Earth Stood Still, da noi Ultimatum alla Terra, di cui tra qualche settimana vedremo il
Come ho fatto ieri, anche questo resoconto del secondo giorno dei film visti al Science+Fiction vorrei iniziarlo con qualche frase spesa per un film di una retrospettiva (in questo caso la sezione Asteroids). Si tratta del mitico The Day the Earth Stood Still, da noi Ultimatum alla Terra, di cui tra qualche settimana vedremo il remake con Keanu Reeves e Jennifer Connelly. Diretto dal grande Robert Wise, genio della suspense, del musical, e anche della fantascienza, Ultimatum alla Terra nel 1951 rivoluziona il panorama del genere e anticipa addirittura l’idea dell’alieno pacifista di Spielberg.
Se l’alieno è il diverso, ossia colui che viene da un posto lontano, quindi non si conosce e può portare qualsiasi tremendo pericolo, allora è il rosso. Ma in piena Guerra Fredda Wise annienta le barriere del bipolarismo e mette tutti nello stesso, realista calderone: il vero pericolo è l’uomo in sé, che non dialoga e, se continua così, si annienterà da solo. Anzi, gli alieni hanno addirittura paura che la nostra follia possa mettere in pericolo i pianeti vicini. La frase “klaatu barada nikto” è entrata nella storia del genere, tanto da essere citata da Raimi ne L’armata delle tenebre, dove Ash non riesce mai a ricordarla…
Ricominciamo coi film in concorso e parliamo di The Dead Outside, horror scozzese che ha almeno un motivo per essere interessante: è diretto da una donna, Kerry Anne Mullaney, tra l’altro giovane. Che sceglie di raccontare la “solita” storia dell’epidemia che trasforma gli uomini in infetti attraverso un approccio più intimo, scegliendo due personaggi (da metà film sono tre) e mettendoli in una sperduta fattoria, dove tenteranno di nascondersi e proteggersi.
The Dead Outside è un film indipendente che ha avuto un suo discreto successo al Frightfest. Sicuramente ha un suo coraggio, in quanto osa approcciarsi ad una tematica sanguinosa in modo silenzioso, anche malinconico e disilluso. Col rischio forse di risultare un po’ moscio. Ma la granulosa fotografia digitale di Kris R. Bird regala allo spettatore la freddezza pungente dell’inverno in cui il film è stato girato (in due settimane) e dà qualcosa di più al film.
E passiamo alla sezione Neon non competitiva. E parliamo di Chemical Wedding, curioso, discontinuo e folle film firmato dall’ex-Monty Phyton Julian Doyle. Che mescola occultismo, magia e realtà virtuale per raccontare la figura di Aleister Crowley, senza farne un biopic ma girando un film di fiction che racconta della sua ipotetica resurrezione. Chemical Wedding è un frullato di generi (horror, grottesco, commedia, fantascienza) ed epoche (ricordi anni ’50, stile anni ’80, parodia degli ultimi anni) abbastanza scorretto, che piacerà a chi non ama il genere ordinario.
In effetti si poteva sforbiciare qualcosa e il risultato ne avrebbe guadagnato, ma ci sono sicuramente un po’ di idee che funzionano, tra cui un fax che manda addirittura lo sperma del ricevente al destinatario. Un film a basso costo originale, che come molti film del genere o si odia o si ama. In ogni caso, Doyle ha affermato di essersi divertito molto, da buon Monty Phyton, con la storia che ha raccontato e sul quale si è documentato tantissimo. Da notare che la sceneggiatura è firmata anche da Bruce Dickinson degli Iron Maiden. Primo film applaudito in questa edizione del festival, per quel che mi risulta.
Sempre nella sezione non competitiva è stato presentato uno degli eventi di questa edizione del Science+Fiction, ovvero El Orfanato, che esce nelle nostre sale oggi con il suo titolo internazionale The Orphanage. Un grande evento per il festival anche per la presenza del giovane regista Juan Antonio Bayona, che ha incontrato il suo maestro del Toro per la prima volta a Sitges nel ’93, quando non era ancora diciottenne, in occasione della presentazione di Cronos, “spacciandosi” per giornalista ed intervistandolo.
Bayona è già stato rubato da Hollywood, dove girerà il suo secondo lungometraggio Hater. Non male per un giovane regista che ha diretto un film tratto da un soggetto arrivato “fuori tempo massimo”, scritto anni fa ma rimandato soprattutto per alcune somiglianze con The Others, che alla fine è stato diretto ben prima. Le somiglianze ci sono, è vero, e in mezzo ci mettiamo anche Poltergeist se vogliamo cercare delle somiglianze. Ma questo non va a diminuire la qualità oggettiva di un lavoro ben fatto, teso e intelligente.
Al suo esordio Bayona si rivela un buon narratore e un preparato regista, sicuro con la macchina da presa e capace di regalare sequenze degne di nota. Notare proprio il momento in cui il film rischia di ricordare fin troppo Poltergeist, con la medium interpretata da Geraldine Chaplin che cerca un contatto con le presenze della casa-orfanotrofio: l’atmosfera ha un crescendo di tensione non indifferente. E tutta la parte finale è risolta con professionalità, e con un momento (la protagonista che “gioca” a un-due-tre-stella) di grande cinema.
Tanti gli spunti che vengono fuori dopo la visione, alcuni dichiarati anche dallo stesso regista a fine proiezione: il rapporto con la maschera, il tema dell’infanzia ma anche quello della maturità, il doppio. E colpisce anche la storia della bravissima attrice spagnola Belén Rueda, che nella vita ha davvero perso un figlio. La conclusione del film regala commozione, così come aveva fatto Il Labirinto del Fauno di del Toro, e sottolinea il suo rapporto con la storia di Peter Pan.