Science+Fiction – Giorno 3: The Objective, Chrysalis, Santos, Encounters at the End of the World
Terza giornata al Science+Fiction di Trieste. Abbiamo superato il giro di boa, e tra oggi e domani si vedranno gli ultimi film prima della proclamazione del film vincitore. Prima di continuare coi film in concorso, parliamo di un’anteprima fuori concorso: The Objective di Daniel Myrick. Il suo nome vi dice qualcosa ma non sapete cosa?
Terza giornata al Science+Fiction di Trieste. Abbiamo superato il giro di boa, e tra oggi e domani si vedranno gli ultimi film prima della proclamazione del film vincitore. Prima di continuare coi film in concorso, parliamo di un’anteprima fuori concorso: The Objective di Daniel Myrick. Il suo nome vi dice qualcosa ma non sapete cosa? Va bene così: infatti Myrick è uno dei due registi di The Blair Witch Project, caduti comunque entrambi nel dimenticatoio e registi di qualche film straight-to-dvd.
Ora Myrick torna con un film fatto per il grande schermo che fonde genere bellico e fantascienza: un gruppo di soldati americani viene mandato in missione nel deserto afgano per trovare un uomo di nome Mohammed Aban. Uno dei soldati però nasconde un segreto, ovvero il vero obiettivo della missione. Il gruppo dovrà vedersela con qualcosa per cui non è stato addestrato…
Fondere guerra e fantascienza è un’operazione interessante, e Myrick dimostra di sapere cavarsela in qualche situazione: in una scena si vedono in lontananza i fari di una macchina, che si rivelano essere invece due misteriosi e non identificati punti luminosi volanti. Semplice ma efficace. Ma nonostante le buone intenzioni anche politiche (i giovani soldati mandati in missione con la scusa del sacrificio per la patria, mentre in realtà si tratta solo di sfruttamento), si arriva ad un finale debole. E su tutta l’operazione cade l’idea di aver visto più un pilot televisivo che un vero film cinematografico.
Con Chrysalis, invece in concorso, sembra di tornare indietro alla vecchia buona fantascienza, e non a caso il film di Tony Baez Milan è tratto da una storia breve di Ray Bradbury. Dopo una fantomatica Terza Guerra Mondiale, alcuni scienziati in una base isolata cercano di trovare un modo per far sopravvivere la vegetazione. Uno di loro apparentemente sembra morto: il dottor Rockwell rileva però che il corpo ha ancora un debole ma percettibile battito.
Intanto proprio il corpo si sta ricoprendo di vegetazione, e attorno a lui si sta creando una crisalide… Cosa si può pretendere da un film che, partendo da una storia breve, ha a disposizione pochi personaggi, una sola ambientazione e un budget ridottissimo? Esattamente un piccolo film come questo, pieno di limiti, sicuramente. Ma che omaggia appunto la sana science-fiction che fu con dignità.
Sempre in concorso si è vista la co-produzione cinelo-spagnola Santos di Nicolás López, classe 1983 (!) e con due lungometraggi già alle spalle (!!). Si tratta di una divertente parodia dei cinecomix costruita con abilità.
Javier Gutiérrez interpreta Salvador Santos, un trentenne grassone, ex-fumettista di successo e inventore delle storie del Bimbo Palla e dell’Antropomosco. Il suo miglior amico, Arturo Antares, dopo un grave incidente, è diventato potentissimo e gli ha rubato la ragazza (interpretata da Elsa Pataky, che vedremo in Giallo). Ma ad un tratto fumetto e vita reale iniziano a fondersi, e Santos scopre che dietro al mondo apparente se ne nasconde un altro decisamente “fumettoso”…
La storia è, al contrario di quello che si può pensare, ragionata e scritta bene, ed è strutturata con una propria “personalità” e originalità. Stupisce poi la sicurezza di questo giovanissimo regista, che crea un prodotto professionale, che sfrutta molto bene le belle scenografie (un mix di culture, soprattutto nipponiche) e scrive alcuni dialoghi davvero divertenti. Azzeccatissimi alcuni momenti, e applausi per una citazione de L’Impero colpisce ancora. Che anche quest’anno il concorso lo vinca uno spagnolo?
Mentre in un’altra sala Xavier Gens presentava il suo Frontiers, altri spettatori hanno potuto godere dell’ultimo documentario diretto da Werner Herzog, ossia Encounters at the End of the World. Senza ombra di dubbio, una delle visioni più entusiasmanti dell’intero festival.
Herzog se ne va ai confini del mondo per documentare la vita sull’isola di Ross, nella stazione McMurdo. E’ la prima volta che un estraneo viene ammesso nel gruppo formato da circa mille scienziati, che vivono ogni giorno assieme tra il ghiaccio e il freddo. Ovviamente il documentario ha vari livelli. Il primo è diretto, semplice e meraviglioso da guardare: le riprese subacquee di Henry Kaiser sono effettivamente “fantascientifiche”, straordinarie, come lo erano ne L’ignoto spazio profondo. Il documentario è un’esperienza visiva e sonora (il momento delle foche è eccezionale) da vivere in sala.
E poi c’è la riflessione di Herzog, la sua filosofia di vita. Che ragiona sull’uomo e sulla sua esistenza, sui suoi limiti e sulla sua inevitabile scomparsa. E anche sulla follia di voler superare a tutti i costi questi limiti, sul volersi spingere sempre oltre. In una scena un pinguino – non si sa perché – si stacca dal suo gruppo e intraprende in modo solitario un percorso lunghissimo verso le montagne: la morte è certa. Come il pinguino solitario anche l’uomo intraprende il suo percorso per vincere i suoi limiti. E quando non ci sarà più, forse arriverà un Brad Dourif a scoprire la Terra, e a capire gli abitanti che ci abitavano…