Science+Fiction – Giorno 5: vince Tres Dias; chiude La Possibilité d’une île
E’ finito anche quest’anno il Science+Fiction, il festival internazionale di fantascienza di Trieste. Si conclude con un brutto film, La Possibilité d’une île (La possibilità di un’isola) di Michel Houellebecq, tratto dal suo omonimo libro. Un film piatto e fintamente criptico, che si chiude bruscamente quando inizia a farsi interessante: paradossalmente anche quando iniziano i
E’ finito anche quest’anno il Science+Fiction, il festival internazionale di fantascienza di Trieste. Si conclude con un brutto film, La Possibilité d’une île (La possibilità di un’isola) di Michel Houellebecq, tratto dal suo omonimo libro. Un film piatto e fintamente criptico, che si chiude bruscamente quando inizia a farsi interessante: paradossalmente anche quando iniziano i silenzi, contrapposti ai dialoghi poco incisivi sentiti in precedenza. Il protagonista Benoît Magimel ci sta decisamente simpatico, ma dopo il botto con Haneke e Chabrol non ne ha azzeccata una: tra 24 mesures, Inju – il peggior Schroeder – e questo, dovrebbe scegliere meglio i suoi copioni e i suoi personaggi.
Ma il Science+Fiction si è chiuso degnamente grazie al verdetto finale, che ha visto trionfare il miglior film in concorso, ovvero quel Tres dias di cui vi abbiamo parlato tanto bene ieri. Un verdetto giusto per un film a suo modo cattivo, triste e cupo. “Per la sua analisi ricca di sfumature della morale
umana nel contesto di condizioni estreme”, dice il verdetto della Giuria. E siamo d’accordo: Premio Asteroide meritatissimo, e ancora una volta – dopo Los Cronocrimenes dell’altr’anno – uno spagnolo trionfa. La Giuria ha poi dato due menzioni speciali: al russo Terra Nova, “per la sua potente caratterizzazione” (e siamo ancora d’accordo), e all’intimista The Dead Outside, “per l’idiosincratica rivisitazione del genere zombie movie” (per la terza volta d’accordo).
Nella sezione dei cortometraggi vince Kingz di Benni Diez e Mainko Spahic, che concorrerà grazie al premio al Méliès d’Or della Federazione Europea dei festival di cinema fantastico nel 2009. Menzione allo spagnolo Die Schneider Krankheit di Javier Chillon. Le ultime visioni hanno regalato al pubblico l’ultimo lavoro del maestro Nicolas Roeg, ovvero Puffball, trascurabile ritorno del regista del bellissimo A Venezia… un dicembre rosso shocking (visto proprio prima dell’anteprima di Puffball: il confronto non regge), e Carlston za Ognjenku (Tears for Sale), di Uros Stojanovic, di cui si è parlato un gran bene.
Dopo il salto, un brevissimo bilancio di questa edizione del Science+Fiction.
Non tutto è stato perfetto, intendiamoci. Nonostante la buona volontà l’organizzazione del festival ancora non è perfetta, tra ritardi, code lunghissime (ma si può abolire la terribile “legge” che costringe il pubblico a dover prendere i biglietti serali alle 19?) e sottotitoli ballerini. E’ anche vero che gli organizzatori si sono trovati una mole di pubblico davvero sorprendente che forse non si aspettavano: siamo sicuri che il prossimo anno andrà tutto molto meglio. Ma alla fine sono le visioni che contano, e le sorprese non sono affatto mancate.
Non abuseremo della parola “necessario”, ma il Science+Fiction per il pubblico e gli aficionados è senz’altro molto utile per come riesce a dare una panoramica inedita rispetto alla pochezza a cui ci costringe l’ordinaria distribuzione sul genere fantascientifico, horror e derivati. Oltre al già citato vincitore Tres dias, al quale bisognerebbe forse dedicare un post, hanno fatto respirare aria di buon cinema la rivelazione The Orphanage, con i suoi fantasmi e le sue lacrime, le risate e la pazzia del parodistico Santos (guarda caso entrambi spagnoli…), la lucida e poetica filosofia herzoghiana di Encounters at the End of the World, la morale ferrea e condivisibile di Terra Nova, le solitudini e gli incubi di Nightmare Detective 2, l’angoscia, i sensi di colpa e le riflessioni di Martys. Nonché altri titoli che ci siamo scordati di citare, e le utilissime retrospettive. Banale, ma a suo modo abbastanza vero: (anche) nella botte piccola c’è il vino buono. E ubriacarsi una volta all’anno a Trieste di questo cinema male non fa. Anzi.