Scorsese parla del futuro del Cinema attraverso una lettera aperta alla figlia
Ancora alle prese con la promozione del suo The Wolf of Wall Street, Martin Scorsese si concede una salutare pausa per lanciare un appello a tutti gli aspiranti cineasti. Partendo da sua figlia, alla quale si rivolge con una toccante nonché necessaria e veritiera lettera aperta
Ci si guarda attorno e cosa si vede? Cambiamento. Banale per quanto sembri, non è dei mutamenti in sé che bisogna stupirsi. Bensì della rapidità con cui questi stanno avvenendo negli ultimi anni. Cambiamenti dovunque, nella vita di tutti i giorni così come a livelli che esulano dal nostro immediato quotidiano. Frutto di processi che chiaramente non nascono ieri, certo, ma che in questo periodo vanno investendoci con una rapidità ed una violenza addirittura maggiore rispetto al secolo più accelerato della storia, ossia il ventesimo.
E spero che in qualche modo si intuisca il perché sia capitale guardare al cinema (o a quello che sta diventando) con estrema attenzione. Domandarsi come mai l’oggettivo incremento delle possibilità di farlo, ‘sto cinema, rappresenti un elemento a cui guardare con favore, se non addirittura con speranza. Non usiamo termini che evocano tempi speriamo andati, come democratizzazione, il quale ha celato nella nostra epoca significati e implicazioni opposte a tutto ciò che è realmente democratico. Oggi fare cinema si può. Questa è la verità che si impone a dispetto di tutto e tutti. Ciò non significa che tutti possano farlo, né tantomeno che tutti siano tenuti a farlo. Il Cinema, come diceva qualcuno della Letteratura, è spesso un appello al quale rispondono persone che non sono state chiamate.
Niente di nuovo nemmeno tra queste mura. Sono trascorsi quasi due anni esatti da quando ci soffermammo sulla bancarotta di Kodak, estendendo l’infausto risvolto a mo’ di presagio ed allargando quindi il discorso ad un settore tutto che, mano a mano, si sta(va) ribellando a chi intende(va) reprimere le sempre più pressanti istanze dei nostri tempi.
Oggi, a supporto delle tesi esposte in quella sede, giungono queste dichiarazioni di Martin Scorsese. Uno che a un certo punto della sua carriera si è occupato attivamente di restaurarlo certo “cinema del passato”, dandosi al recupero e per certi aspetti alla didattica del mezzo (basti ricordare, su tutti, Un secolo di cinema – Viaggio nel cinema americano di Martin Scorsese, documentario del 1995). Fino a questa sentita e per certi aspetti commovente lettera aperta alla figlia Francesca. Senza false illusioni, col disincanto di chi questo settore ha a sua volta contribuito a cambiarlo decenni or sono. Con la consapevolezza che la sfida che ci aspetta è quella di sempre. La stessa sfida che si ripete. Solo in forme differenti, perché nemmeno noi siamo poi così diversi da tutti coloro che ci hanno preceduto.
E pazienza se per vedere un film hollywoodiano in sala ci vorranno «50$, forse 100$, forse 150$» a biglietto, parola di George Lucas. Si sopravviverà anche a questo. Di seguito vi riportiamo la traduzione della lettera aperta pubblicata su L’Espresso e scritta da Martin Scorsese alla figlia Francesca.
Carissima Francesca,
ti scrivo la presente in relazione al futuro. Guardo a questo futuro attraverso la lente del mio mondo. La lente del cinema, che è stato il centro di quel mondo.
Negli ultimi anni ho realizzato che l’idea di cinema con la quale sono cresciuto, la stessa che trovi in tutti quei film che ti ho fatto vedere sin da quando eri piccola e che era ancora in espansione quando ho cominciato a fare film, sta scomparendo. Non mi riferisco ai film che sono già stati fatti. Parlo di quelli che verranno.
Non intendo essere disfattista. Non scrivo queste parole assecondando alcuno spirito di resa. Al contrario, ritengo che il futuro sia radioso.
Abbiamo sempre saputo che i film fossero una forma di business, e che l’arte del cinema fosse possibile proprio in virtù di questo suo allineamento a tali condizioni. Nessuno di quelli tra noi che hanno iniziato negli anni ’60 e ’70 coltivavano illusioni a riguardo. Sapevamo che avremmo dovuto lavorare sodo per difendere ciò che amavamo. Sapevamo pure che sarebbe potuto capitare di attraversare periodi brutti. E suppongo che, fino a un certo punto, realizzammo che ci saremmo trovati dinanzi a un tempo in cui ogni inconveniente ed ogni elemento imprevedibile all’interno del processo di un film sarebbe stato minimizzato, se non addirittura eliminato. Il più imprevedibile elemento di tutti? Il cinema. E le persone che lo fanno.
Non voglio ripetere ciò che è stato scritto e detto da molti altri prima di me in relazione ai mutamenti in questo settore, e sono rincuorato dalle eccezioni alla tendenza generale – Wes Anderson, Richard Linklater, David Fincher, Alexander Payne, i fratelli Coen, James Gray e Paul Thomas Anderson stanno riuscendo a fare i loro film, e Paul non solo è riuscito ad avere The Master in 70mm ma ha anche avuto la possibilità di farselo proiettare così in alcune città. Chiunque abbia a cuore il cinema dovrebbe esserne grato.
Inoltre sono commosso da tutti quegli artisti che riescono ad avere il proprio film in tutto il mondo, in Francia, in Corea del Sud, in Inghilterra, in Giappone, in Africa. Sta diventando sempre più difficile ma c’è chi sta riuscendo ad andare sino in fondo.
Tuttavia non credere che io sia pessimista quando avverto che l’arte del cinema e l’industria siano adesso ad un crocevia. L’intrattenimento audio-visivo e ciò che noi conoscevamo come cinema – immagini in movimento concepite da individui – sembra essersi incamminato verso differenti direzioni. In futuro è probabile che vedrai sempre meno di ciò che riconosciamo come cinema negli schermi dei multisala e sempre più in sale più piccole, online ed in spazi e circostanze che non sono in grado di prevedere.
Dunque perché il futuro è così radioso? Perché per la primissima volta nella storia di quest’arte i film possono seriamente essere realizzati con davvero pochi soldi. Tutto ciò era inaudito quando io stavo crescendo, ed i progetti estremamente a basso costo erano l’eccezione anziché la regola. Oggi è il contrario. Puoi avere immagini meravigliose con macchine da presa accessibili. Puoi registrare il suono. Puoi montare, mixare e correggere il colore a casa. Tutto ciò è destinato a passare.
Ma con tutta la dovuta attenzione nei riguardi dell’attrezzatura che serve a fare film e degli avanzamenti tecnologici che hanno consentito tale rivoluzione nel settore, resta una cosa importante da ricordare: gli strumenti non fanno il film, tu lo fai. Chiunque può prendere una videocamera, cominciare a girare e mettere tutto insieme con Final Cut Pro. Fare un film – quello che hai bisogno di fare – è un’altra cosa. Non ci sono scorciatoie.
Se John Cassavetes, mio amico e mentore, fosse vivo oggi farebbe certamente ricorso a tutto l’armamentario disponibile. Ma avrebbe detto le stesse cose che ha sempre detto – devi essere completamente votato al lavoro, devi dare tutto di te stesso, e devi proteggere quella scintilla che ti ha portato a fare il film da principio. Devi proteggerla con la tua stessa vita. In passato, dato che fare film era così costoso, dovevamo proteggerla dallo sfinimento e dal compromesso. In futuro dovrai impegnarti contro qualcos’altro: la tentazione di seguire la corrente e permettere al film di andare alla deriva.
Non si tratta solo di cinema. Non esistono scorciatoie per nessuna cosa. Non sto dicendo che tutto debba essere difficile. Sto dicendo che la voce che ti ha ispirato è la tua voce – è la voce interna, come dicevano i quaccheri.
Sei tu. È la verità.
Con amore,
Papà