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Sembra mio figlio: trailer, foto e poster del film di Costanza Quatriglio

Sembra mio figlio: video, trailer, poster, immagini e tutte le informazioni sul film drammatico di Costanza Quatriglio nei cinema italiani dal 20 settembre 2018.

pubblicato 18 Settembre 2018 aggiornato 27 Agosto 2020 16:28

 

Dopo la tappa al Festival di Locarno arriva nelle sale italiane Sembra mio figlio, lungometraggio drammatico della documentarista siciliana Costanza Quatriglio (“L’isola”) in cui si racconta, attraverso una storia vela, il dramma del popolo Hazara perseguitato dai Talebani.

Il film scritto dalla Quatriglio con Doriana Leondeff e Mohammad Jan Azad è interpretato da Basir Ahnang, Dawood Yousefi, Tihana Lazovic.

 

Sfuggito alle persecuzioni in Afghanistan quando era ancora bambino, Ismail vive in Europa con il fratello Hassan. La madre, che non ha mai smesso di attendere notizie dei suoi figli, oggi non lo riconosce. Dopo diverse e inquiete telefonate, Ismail andrà incontro al destino della sua famiglia facendo i conti con l’insensatezza della guerra e con la storia del suo popolo, il popolo Hazara.

 

NOTE DI REGIA

 

Un figlio si rivolge alla madre creduta morta fino a quel momento, ma lei non lo riconosce. Da quell’istante una forza misteriosa lo porta alla ricerca del modo per ricongiungersi a lei. Il corpo di Ismail, la mitezza del suo viso, la sua voce sospesa tra gli angoli più angusti dell’Europa, ci conducono in un altrove che ci appartiene molto di più di quanto siamo disposti a immaginare: dall’evocazione di posti lontani nel tempo e nello spazio a una concretezza fatta di carne e sangue, il film viaggia alla ricerca di risposte che non esistono; ad esistere è la possibilità, per Ismail, di prendersi la parola, quella parola negata perché nessuno, fino a quel momento, l’ha ascoltata. Nella lingua madre riconosciamo la lingua del mondo, della pietà antica che non ha patria né paese né confini né frontiere. [Costanza Quatriglio]

 

 

STORIA DEL FILM – JAN

 

«Quando incontro per le strade i ragazzi afghani, io chiedo come sono arrivati qui, da quale parte dell’Afghanistan provengono, se vengono proprio dalla mia zona… forse prima o poi conoscerò qualcuno che mi darà la possibilità di trovare la mia famiglia… cerco sempre qualcuno a cui chiedere dove sta la mia famiglia». Queste parole sono state pronunciate da Mohammad Jan Azad in chiusura del mio film documentario Il mondo addosso, girato a Roma tra il 2005 e il 2006. Arrivato in Italia dopo aver attraversato il Pakistan, l’Iran, la Turchia e la Grecia, Jan viveva in un centro per minori stranieri non accompagnati; era partito a piedi dall’Afghanistan quando era ancora bambino, come tanti suoi coetanei sfuggiti alla furia dei Talebani negli anni che hanno preceduto l’11settembre. Dal momento del distacco dalla madre, di lei non aveva avuto più notizie. Nessuno avrebbe mai immaginato che le parole di Jan si sarebbero avverate. Nell’estate del 2010 apprendo da Jan che la sua vita è cambiata dal momento in cui ha avuto il primo contatto telefonico con âbay, mamma. Comincia per me un viaggio nella trascrizione dei suoi racconti: pagine e pagine, centinaia di fogli in cui mi immergo e da cui prendo distanza per poi immergermi di nuovo e ancora prendere distanza. Ne nasce subito il cortometraggio Breve film d’amore e libertà in cui Jan, con generosità e coraggio, rivive le telefonate con la madre fino al punto di rottura di ogni emozione, il riconoscimento. Passano ancora anni, lascio che la vita abbia il suo corso, poi arriva il momento e mi decido.

 

 

 

Fonte: Repubblica.it