Sex Tape – Finiti in rete: Recensione in Anteprima
Il sesso coniugale al tempo della rete, tra iPad ed App dispettose. Cameron Diaz affascinante come sempre, ma non basta ad un progetto per lo più scialbo e poco divertente come Sex Tape – Finiti in rete
Ovvero una storia di iPad. Strano progetto quello di Jake Kasdan. Non fosse per l’esito, avremmo anche potuto alludere ad un tentativo a suo modo interessante di accostarsi a tematiche così attuali come Cloud e affini. Peccato che tutto ciò non c’entri nulla e Sex Tape – Finiti in rete si mostra per quello che è, ossia l’ennesimo tentativo di costruire la solita commedia partendo da una fattispecie che riguarda la quotidianità.
Annie (Cameron Diaz) e Jay (Jason Segel) sono una coppia di coniugi il cui passato è quello di «scopatori consumati»; la prima parte di Sex Tape si concentra infatti sui primi tempi della loro relazione, quando al College lo facevano dovunque e in tutti i modi. Jay addirittura racconta di come il suo membro captasse la presenza di Annie nelle vicinanze, segnalandola con un’erezione. Tempi magici, dove il sesso era tutto ed anche di più. Un’intesa così profonda che, suggerisce il film, spinge i due a convolare a nozze. Senonché la cosa comporta alcune complicazioni che cospirano alla sanità mentale oltre che alla solitudine della coppia: i figli.
I due allora cominciano gradualmente ad allontanarsi, sessualmente parlando, s’intende, visto che abitano sempre sotto lo stesso tetto. Finché un giorno non scoprono, con angoscia, che da giorni e giorni non si verifica alcuna copula. Che si fa allora? «C’eravamo promessi che non sarebbe accaduto», rinfaccia lei a lui; quest’ultimo, complice, dichiara che no, non accadrà. Ed allora, in concomitanza con un affare che sta per mettere a segno Annie, cioè la vendita del suo blog sull’essere donna e mamma (elemento gettato lì a caso e non a caso lasciato lì), si decide di darsi alla pazza gioia: i due meravigliosi pargoli dalla nonna, che noi ci si dà al sesso selvaggio.
Qualcosa però è davvero cambiato, perché i due faticano ad accendersi come un tempo: ci provano a letto, sul pavimento, sul divano. Nulla da fare. Finché lei non trova un libro che è una sorta di Kamasutra anni ’70. È la svolta. La sfida è quella di praticare tutte le posizioni contenute nel libro, registrando l’evento tramite iPad. Da qui in avanti Sex Tape diventa una storia di iPad, per l’appunto, di che belle immagini cattura, di come bene si sincronizza con altri “simili” grazie ad un’apposita, potentissima app, e di quanta gente ce l’abbia.
Potrà suonare canzonatorio ma non lo è affatto, credeteci. Jay dimentica di cancellare il video, che in automatico finisce in tutti gli iPad che ha regalato ad amici e parenti nel corso del tempo – perché sì, Jay ha questo inspiegabile vezzo di comprare due dispositivi alla volta con assiduità, per poi distribuire quelli “vecchi” tra i suoi conoscenti. Ma in realtà c’è dell’altro, perché Sex Tape è opera essenzialmente fine a sé stessa, che da un lato pare dribblare una certa volgarità, finendo con l’essere volgare per vocazione, a prescindere da ogni tentativo di smorzare i toni.
Non tanto negli amplessi, nei doppi sensi o nei riferimenti vagamente espliciti; no, qui anzi Kasdan e soci mostrano un certo prurito, tipicamente americano. Volgare è la superficialità con cui ci si attarda su questioni di questo genere col solo scopo di avvicinare un pubblico che si vuole in sala solo per il seppur apprezzabile derrière della Diaz, soffermandosi su trivialità che a conti fatti costiuiscono ossatura e pelle dell’intero film. Sì perché non si scorge il seppur minimo tentativo di andare oltre certi siparietti sconci, battute dal tenore analogo e trovate che dovrebbero far sorridere almeno, ed invece…
Ecco allora il solito collage di sketch sboccati, ma che così per come sono non intrattengono nemmeno. La storia si riduce essenzialmente a marito e moglie che per riaccendere la passione girano un filmino porno e poi se ne pentono; perché il filmino finisce su YouPorn e lo vedono amici e parenti, non per altro. Tocca quindi riaccodarsi a quanto scritto in apertura, quando si parlava di premesse interessanti. È una boutade la nostra: se fosse stato interessante, anche solo nei presupposti, Sex Tape non sarebbe il film che è. Troppo si deve scavare per scorgere anche solo un flebile sussulto di argomenti potenzialmente accattivanti e d’interesse come l’influsso di tutti questi dispositivi connessi sulle nostre vite, il finto pudore che è tutt’al più timore dell’opinione altrui e via discorrendo. Finanche sondare le ragioni sul perché, da anni a questa parte, vada tanto il porno amatoriale; questo sarebbe stato interessante, altro che il cameo di fine film che si produce nella più scontata e banale delle “morali”.
Niente di tutto questo, anzi. Ci pare quasi di nobilitare un progetto troppo debole, tale perché concepito in maniera così furbetta ed approssimativa. Se ti chiami Scorsese puoi anche permetterti di far tirare ad uno come Leo Di Caprio un po’ di coca sul rotondo sedere di una escort; e se ricorriamo ad un esempio di questo tipo non è per amor di paragone (ce ne guardiamo bene!) bensì per mettere in risalto una cosa che alcuni ad Hollywood non di rado fanno finta di non capire ma che eppure sanno benissimo, ossia che ogni cosa va contestualizzata. In questo caso non vale nemmeno l’ovvia considerazione che nessuno si sia preso sul serio. E ci mancherebbe. Facesse almeno ridere. Tutte considerazioni ovvie, vero?
Voto di Antonio: 3
Sex Tape – Finiti in rete (Sex Tape, USA, 2014) di Jake Kasdan. Con Cameron Diaz, Jason Segel, Rob Corddry, Ellie Kemper, Rob Lowe, Jolene Blalock, Randall Park, Timothy Brennen, Giselle Eisenberg, Brendan Egan, Kate Jurdi, Krisztina Koltai, Osmani Rodriguez, James Wilcox, Melissa Paulo, Brina, Aingea Venuto, Stacey Forbes Iwanicki, Lily Davis, Jeffrey Corazzini, Van Brockmann e Susan Garibotto. Nelle nostre sale da domani, giovedì 11 settembre.