Si alza il vento: Recensione in Anteprima del film di Hayao Miyazaki
Mai scontato, in nessun caso banale; questo e tanto altro è The Wind Rises, il film di una vita per il maestro Hayao Miyzaki, che ci porta a solcare cieli che lui solo conosceva. Fino a questo momento
Uno sconfinato prato verde si estende a dismisura, mentre nubi infuocate alte nel cielo espellono velivoli di strana forma e consistenza. Minacciosa, una di queste creature alate si scaglia contro il povero Jiro, travolgendo lui e il suo aeroplano, lasciandolo precipitare a peso morto verso il basso. Di lì a poco basterà sollevare lentamente le palpebre al piccolo sognatore per rendersi conto che non era ancora sveglio. Così, più o meno, comincia The Wind Rises (Kaze tachinu in originale), ultimo capolavoro firmato da Hayao Miyazaki.
Un Miyazaki diverso, oseremmo dire inedito, che abbandona quel fantasy al quale senz’altro ha dato tanto, ma che non era necessario scomodare per la storia che intendeva raccontare stavolta. Il film di una vita; uno di quelli su cui ti sei soffermato per anni, custodendolo gelosamente mentre ti sei continuamente chiesto se fosse il caso di esporlo o meno. Perché se è vero che in ogni film del maestro c’è un po’ di lui, del suo passato, delle sue ossessioni, in The Wind Rises sembra che il nostro stavolta abbia oltrepassato quella linea labile e immaginaria che separa la realtà dalla fantasia, servendosi di quest’ultima per consegnare al mondo la sua opera più intima.
Troppo difficile non scorgere in Jiro l’Hayao che è stato o forse quello che si è semplicemente vagheggiato, mentre fabbrica aerei di carta e sogna un mondo dove questi possano solcare cieli più sicuri. D’altronde Jiro Horikoshi è un uomo realmente esistito, quantunque la storia narrata in questa pellicola non si attenga scrupolosamente alla biografia del personaggio, costruito partendo da ben altre premesse. Ma che in quest’occasione Miyazaki tenda ad un taglio più verosimile sono anche altre componenti a suggerircelo, come l’uso di compagnie vere, di nazioni reali. Il tutto ambientato per lo più a cavallo tra il primo ed il secondo conflitto mondiale, quando ancora il Giappone era ben lontano dall’eccellenza tecnologica raggiunta soltanto decenni dopo.
In uno dei suoi sogni ad occhi aperti, Jiro si lamenta con Caproni, celebre ingegnere italiano di successo, circa lo stato d’arretratezza del proprio Paese; al che il nostro connazionale gli risponde, secco, che «prima di tutto viene il buon gusto: la tecnologia seguirà». Come fare a meno di credere che tale, potente affermazione appartenga a Miyazaki stesso? Lui che a tratti è sembrato anche un po’ snobbare la tecnologia, verso cui non ha mai occultato una certa avversione. In riferimento quantomeno a quella che lede l’apporto squisitamente creativo dell’autore, che ne limita le possibilità, preferendo a questa e a questa soltanto sempre carta e matita. Un’esortazione dunque ad ergersi ed elevarsi a dispetto di ciò che lo circonda, perché al suo Paese non doveva nulla chiedere, bensì tutto dare. Disciplina e abnegazione che emergono da questo ritratto nostalgico del maestro, quali motori di quel cambiamento che anni e anni dopo avrebbe posto il Giappone sulla vetta del mondo.
Così Miyazaki riesce a convogliare il destino di un singolo e quello di un popolo verso la medesima direzione, quella che preme per istanze di rinnovamento oramai improcrastinabili, con una guerra alle porte che definirà per l’ennesima volta gli assetti del cosiddetto mondo civilizzato. Un appuntamento al quale l’ingegnere aeronautico Jiro Horikoshi sa di non potere né volere mancare, costi quel che costi. Capita allora di incrociare lungo il proprio cammino l’amore, quello vero, quello che è per sempre. In groppa ad un sottile filo di vento o ad una vera e propria folata, questa strana condizione che ci travolge ci spinge anche a mettere in discussione ogni cosa. È così che Naoko Satomi entra nella vita di Jiro, portata dal vento, che spira dolce sulle esistenze di queste due anime vaganti fino al giorno del loro incontro.
Quale forza l’ambizione, che spesso rema in verso opposto al bene di chi l’accoglie! Così sembra avvenire per il talentuoso ingegnere giapponese, che tra l’una o l’altra cosa sceglie entrambe, mostrando di essersi forse imbarcato in un progetto che sovrasta le sue forze, per cui non ha mai avuto tempo di prepararsi a dovere: l’amore eterno. Fragile, così come lo è Naoko, che per quello stesso amore offre tutta sé stessa, come se in fondo tutto ciò che le sia accaduto fino a quel momento non fosse finalizzato ad altro che prendersi cura del suo prediletto.
Ma ciò che conta in tutto questo è la poesia. Si potrebbe estrapolare un frammento a piacere di The Wind Rises e tenere il film in alta considerazione solo per quel piccolo, fugace momento: una coperta allungata sul corpo esausto del proprio adorato; un incontro alla fonte che sa già di domani; una promessa che non si sarà mai davvero pronti a fare; un appassionato dialogo con un amico, anima affine, a bordo di un’ala; un viaggio intrapreso col solo intento di guardare negli occhi la persona amata per pochi minuti e poi ripartire con la stessa fretta con cui si era arrivati. Potremmo procedere ad oltranza nello stilare questa lista di momenti lirici, mai sdolcinati, da groppo in gola, salvo non essere questo il nostro proposito. Anche perché, per rendere giustizia alla portata di quest’opera, ci toccherebbe pure citare i silenzi, quegli sguardi che fissano il vuoto oppure si perdono nell’infinito, in cerca di qualcosa che solo attraverso altri occhi può essere agganciato.
Poco sopra, difatti, abbiamo citato un’aforisma di Caproni, che è un po’ il mentore di Jiro, colui che lo incalza ed implicitamente lo incoraggia a seguire la propria strada, a darsi con tutte le forze di cui è capace alla sua irrevocabile missione. Il Virgilio dantesco che lo accompagna lungo l’inferno che è diventato il cielo e tutto ciò che ci sta sotto, mentre da lontano non vede più far ritorno coloro che aveva visto partire a bordo delle sue creazioni.
Tutto ha inizio con una stretta di mano, un patto tra gentiluomini che devono sforzarsi ad imparare la vita, quella che si confonde col vento impetuoso il quale a volte sbuffa furiosamente come un colosso indomabile, altre si posa dolce sul volto asciutto di una donna, in attesa che quegli zigomi morbidi vengano rigati da lacrime che sanno di primavera, di un freddo che è passato e che senz’altro ritornerà ma-non-importa-perché-noi-siamo-qui-adesso.
Un oceano di sensazioni, impressioni e ricordi bagnati da quella piacevole malinconia che impreziosisce ogni singolo istante vissuto così come veramente lo si desidera. Essere convinti di aver corrisposto alla propria vocazione, che è più di una semplice propensione: Jiro adora gli aerei, ma questa sua passione non si esaurisce certo lì, bensì va oltre. Così come verso spazi inesplorati si inoltra Miyazaki, il quale si apre come mai prima d’ora, dando vita al suo film più personale, più viscerale, e senz’altro per questo talmente a lungo meditato.
Un’entusiasmante elegia di suoni e colori, dettata da un cuore i cui battiti scandiscono l’intensità di un viaggio agrodolce, costellato di macerie ma anche di sorrisi che ci rammentano quanto valga la pena andare avanti anche solo per sperimentare tutto ciò. Non importa quanto alto si alzi il vento, né cosa porti con sé. Non finché potremo ancora sfiorarlo con le dita.
Voto di Antonio: 10
Voto di Gabriele: 8
The Wind Rises (Kaze tachinu, Animazione, Giappone, 2013) di Hayao Miyazaki. Con Hideaki Anno, Jun Kunimura, Hidetoshi Nishijima, Mirai Shida, Shinobu Ohtake, Steve Alpert, Mansai Nomura, Keiko Takeshita, Morio Kazama, Masahiko Nishimura e Miori Takimoto.