Speciale Festival di Berlino: Il Petroliere, Black Ice, In Love we Trust
Seconda giornata per la cinquatottesima edizione del Festival di Berlino. Che, con tutta probabilità, nella cronistoria del Festival sarà ricordata come la giornata in cui There Will Be Blood (sì sì, quello che in Italia arriverà con quell’oscenità di titolo de Il Petroliere) ha fatto il suo irruente e arrembante ingresso nel concorso ufficiale.La proiezione
Seconda giornata per la cinquatottesima edizione del Festival di Berlino. Che, con tutta probabilità, nella cronistoria del Festival sarà ricordata come la giornata in cui There Will Be Blood (sì sì, quello che in Italia arriverà con quell’oscenità di titolo de Il Petroliere) ha fatto il suo irruente e arrembante ingresso nel concorso ufficiale.
La proiezione per la stampa avviene nello splendido Film Palast che, nonostante qualche fastidioso problema di audio distorto di quando in quando, offre una visione splendida. Qualsiasi film guadagnerebbe molti punti se visto in questo magnifico cinema, figurarsi un semi capolavoro come quello di Paul Thomas Anderson.
Di seguito alla proiezione ha avuto luogo un’affollatissima, seppur non tanto quanto quella del film di Scorsese, maledetti Rolling Stones, conferenza stampa a cui l’ineffabile Daniel Day Lewis si è presentato indossando un’epica mantellina in plaid a scacchi rossi e neri.
A questa edizione della Berlinale si respira un’aria decisamente veneziana. E badate bene che non è un complimento. Transenne ovunque, omini in giacchette fluorescenti che fanno di tutto per infastidirti, embargo per le recensioni (da pubblicare solo successivamente al gala ufficiale) e divieto di fotografie per le persone senza l’apposito accredito fanno rimpiangere a tutti quelli che hanno vissuto le scorse edizioni della rassegna l’aria di libertà che si respirava gli anni passati. E allora per fortuna che per il sottoscritto si tratta della prima volta a Berlino, almeno non posso rimpiangere niente e me la godo.
Altri due i film in concorso poriettati in giornata, il cinese “In love we Trust” e il finnico “Black Ice”. Wang Xiaoshuai è quello che nel 2000 aveva fatto “Biciclette di Pechino”, e non può proprio essere che faccia un film brutto. Rischia di farci ricredere con questo “In Love we Trust”, dalla trama sgangherata e banalotta, ma che si rifà con una spettacolosa messa in scena. Il film finlandese, invece, è una tamarrata che sembra uscita dalla mente bacata ma geniale di Veroheven. Non trattandosi dell’originale però il risultato lascia un poco a desiderare; il film, nonostante le disgrazie degli ultimi venti minuti, è comunque girato bene. Un solo consiglio: togliete dalle mani di questo regista il grandangolo, che non si può girare più di mezzo film con questo particolare obiettivo, chè viene un sacco di mal di testa.