Stanley Kubrick: 10 film oltre i generi e i confini dell’universo
“If it can be written or thought, it can be filmed!” – Stanley Kubrick
Più di una filosofia o dichiarazione di intenti per lo Stanley Kubrick rigoroso e conturbante, affascinato dall’ambiguità e dal paradosso, dietro l’obiettivo della Leica del giovane fotoreporter dell’America del dopoguerra per il magazine “Look”, quanto del regista, sceneggiatore, produttore, direttore della fotografia, montatore, scenografo e creatore di effetti speciali, per una filmografia che si è spinta oltre i generi e i confini dell’universo, cambiando la storia della settima arte insieme all’immaginario condiviso.
Il maestro geniale e controverso, del quale non ci stancheremo mai di festeggiare i natali di quel newyorkese 26 luglio del 1928, pur compiangendolo da un quindicennio, e continuando a contemplare, studiare, imitare e amare ‘one-point perspective’ e simmetrie omaggiate da supercut come “Kubrick: One-Point Perspective” di Kogonada, che ci riportano lungo il corridoio dell’astronave di 2001: Odissea nello spazio, o quello decisamente più sinistro dell’Overlook Hotel e del labirinto di Shining, lungo il tunnel attraversato dai Drughi e nel Korova Milk Bar di Arancia meccanica, quanto negli spazi ristretti di Full Metal Jacket.
Un regista mai premiato con un Oscar, e appena entrato a parte della prestigiosa Science Fiction & Fantasy Hall of Fame, insieme ad Hayao Miyazaki, che non si può che ricordare con nostalgia attraverso 10 delle sue opere cinematografiche tanto diverse quanto sublimi e imprescindibili.
1956 – Rapina a mano armata (The Killing)
Giocando con il piano temporale e diversi punti di vista sulla storia di una complessa rapina a un ippodromo, il ventottenne Stanley Kubrick produce il suo terzo lungometraggio con la Harris-Kubrick Pictures costituita insieme all’amico produttore James Harris e pur non riuscendo a strappare un successo al botteghino viene ben accolta dalla critica, senza parlare dell’influenza che continuerà ad esercitare su film come Le iene (Reservoir Dogs) di Quentin Tarantino.
1957 – Orizzonti di gloria (Paths of Glory)
Dopo Apocalypse Now di Francis Ford Coppola e prima di Full Metal Jacket, Orizzonti di Gloria si attesta come uno dei film più onesti e brutali schierati contro la follia della guerra, e la prospettiva desolante di disertare un ordine suicida, con il solo colonnello Dax (Kirk Douglas ancora una volta) a difendere i suoi uomini dalle accuse di codardia.
1960 – Spartacus
Dopo orizzonti di gloria, Kirk Douglas torna a lavorare con Kubrick vestendo i sandali del gladiatore Spartaco alla guida di un esercito di schiavi, affiancato da Tony Curtis, Peter Ustinov e Laurence Olivier. Il primo lungometraggio a colori del regista che, oltre a vincere quattro premi Oscar, assegnati al miglior attore non protagonista (Ustinov), fotografia, scenografia e costumi, non lascia dubbi circa l’eredità che il film ha lasciato ai posteri.
1964 – Il Dottor Stranamore (Dr. Strangelove or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb)
Un capolavoro di satira politica, dai titoli di testa con accoppiamento dei B52 al gran finale con bomba cavalcata da un pilota indisciplinato, capace di ridere di crisi paranoiche, eccessi di follia e prospettive inquietanti, dalla Guerra Fredda al maccartismo, passando per l’esplosione della Terra. Il tutto grazie anche all’eclettico e strepitoso talento di Peter Sellers, che presta il volto al capitano inglese Lionel Mandrake, al presidente americano Muffey e a quel dottor Stranamore, con braccio meccanico con riflessi tanto radicati da tradirne le origini naziste.
1968- 2001: Odissea nello spazio (2001: A Space Odyssey)
Facendo rotta per i confini dell’universo e i misteri che fanno tremare il mondo, passando dalla Luna all’inospitale Giove, con una vista sulla Terra che lascia senza fiato, e passeggiate a prova di gravità, dialoghi minimali, musica ed effetti speciali leggendari, Stanley Kubrick ci regala un viaggio destinato a cambiare le sorti del cinema di fantascienza, sfiorando l’evoluzione, l’intelligenza artificiale e quello che aspetta il nostro arrivo da milioni di anni nello spazio infinito. Un capolavoro troppo raffinato per non sedurre anche la prospettiva poco fantascientifica del Vaticano.
“l’uomo deve poter scegliere tra bene e male, anche se sceglie il male. Se gli viene tolta questa scelta egli non è più un uomo, ma un’arancia meccanica”
1971 – Arancia meccanica (A Clockwork Orange)
L’Alex DeLarge di Malcolm McDowell e i suoi drughi allevati a latte+ e violenza sfrenata al ritmo di ludwig van (Beethoven) e una crudeltà che non conosce il rimorso, dimostrano al mondo intero che “non si guarisce” in una società votata alla violenza, al massimo si cambia prospettiva, barricata e maschera, grazie ad un film tanto controverso quanto amato, non solo da un surrealista come Luis Buñuel.
“Dopo averlo visto mi sono reso conto che è l’unico film su ciò che è veramente il mondo moderno” – Luis Buñuel
1975 – Barry Lyndon
Con una fotografia che seduce sin dalle prime scene, insieme all’uso della luce naturale, la colonna sonora coinvolgente, scene e costumi settecenteschi ispirati da quadri, stampe e disegni d’epoca, ideali per la storia di una vita memorabile ed emozionante, che intriga per la sua veridicità, Barry Lyndon porta a casa 4 oscar attestandosi come una delle opere migliori di Kubrick. Non so voi ma io non riesco a guardare questa scena senza inumidire gli occhi travolti dall’empatia.
1980 – Shining (The Shining)
Da uno dei romanzi più riusciti di un signore del terrore come Stephen King, Kubrik distilla il perturbante, insieme al male che alberga negli angoli più in ombra della natura umana, lasciando al talento di Jack Nicholson la folle interpretazione di un vero incubo che non può essere rischiarato neanche dalla luccicanza dello Shining, ben custodito dalla stanza 237 del sinistro Overlook Hotel in odore di prequel, e il suo labirinto mentale ben più spaventoso di quello di siepi.
1987 – Full Metal Jacket
Con il film di guerra più realistico mai fatto, Kubrick porta il senso dell’umorismo nella guerra più-immorale degli uomini, scrutando in ogni ombra, ambiguità e paradosso, grazie anche al vocabolario colorito e la ‘faccia da guerra’ del Sergente Hartman, interpretato tanto bene da R. Lee Ermey da non liberarsene più, dando voce anche al sergente soldatino di Toy Story.
Chi ha parlato? Chi cazzo ha parlato? Chi è quel lurido stronzo comunista checca pompinaro che ha firmato la sua condanna a morte? Ah, non è nessuno eh? Sarà stata la fatina buona del cazzo!
1999 – Eyes Wide Shut
Eyes Wide Shut intraprende l’ultimo viaggio notturno del regista prossimo alla scomparsa, nella New York che non lesina esperienze allucinanti, rituali, parole d’ordine, orge, omicidi e maschere che si rischia di indossare per sempre. Un regalo di addio tanto esplicito e senza veli da aggirare i pudori della MPAA con l’inserimento di figure indistinte e tagli estesi a rituali e rapporti carnali più espliciti che coinvolgono l’Alice interpretata dalla seducente Nicole Kidman. e lo spaesato marito Bill interpretato da un Tom Cruise al suo meglio.